CAPITOLO IX

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- Saprò renderti felice, puoi scommetterci. – Riky continuò a piangere, anche mentre Shogo gli infilava l'anello al dito, non riusciva neppure a vedere come fosse quell'anello, tantomeno riusciva a parlare o a girare lo sguardo verso Efrem. Esattamente il contrario di ciò che stava facendo lui. Oh lo guardava eccome! Beveva ogni suo singhiozzo, morendo ogni volta un po', asciugava, virtualmente, ogni sua lacrima, perché gli apparteneva, ne era certo. Con quel bacio, che aveva dato, sfrontatamente, a Mimmo, aveva suggellato la sua completa sconfitta, ma forse era riuscito a smuovere qualcosa dentro al suo cuore e quelle lacrime gliene stavano dando la conferma.

- WOW, WOW, WOW! – Efrem si era staccato da lui, Mimmo era rimasto senza fiato; oltre ad essere un manzo da paura, baciava in un modo pazzesco! Si accorse che lo sguardo di Efrem non era rivolto a lui, ma puntava in un luogo non ben definito, alle sue spalle. Si voltò, capì facilmente che cosa stava succedendo. Tonò ad addrizzarsi, sedendosi comodamente.

- Devi amarlo parecchio... - Efrem si scosse e gli rivolse lo sguardo.

- Riky, dico... devi amarlo parecchio, per lasciarlo andare in questo modo. – Mimmo non era lo stupido che voleva far credere, evidentemente, pensò Efrem.

- Mi dispiace, di averti usato. – Mimmo sorrise, era stato usato in modi decisamente meno piacevoli di quello.

- Oh, di nulla, se vuoi sono disposto a farmi usare anche di più, non avevo l'uccello così duro da anni... - Efrem scoppiò a ridere, questo ragazzino era davvero di una sfrontatezza inaudita.

- Non temere, ti terrò in considerazione, quando e se, riuscirò di nuovo a respirare. – Mimmo gli prese la mano e gliela posò sul suo uccello.

- Ci contiamo! – Efrem rise ancora, ritraendo la mano. Per una frazione di secondo, si era dimenticato di tutto, lo avrebbe tenuto davvero in considerazione, quel piccolo assatanato. Nel frattempo, le cose, accanto a loro, si stavano calmando. Riky, aveva finito di piangere, ma teneva lo sguardo basso, mentre Shogo lo abbracciava.



- Shogo, devo andare via per un paio di giorni, lo avevo promesso a Martina, questo fine settimana, la accompagno a una fiera, solo io e lei, sono mesi che lo progettavamo. – erano scesi dall'aereo, lui non gli lasciava la mano.

- Solo se stasera stai da me... - gli stava rivolgendo quel particolare sguardo, a cui non riusciva a resistere.

- Ok. Ai bagagli posso tranquillamente pensarci domani. – sulla faccia di Shogo si dipinse un'espressione trionfale. Efrem e Mimmo, si pararono loro davanti.

- Ti aspetto mercoledì, in studio, per definire i dettagli. – notò che Efrem, stava stringendo la mano di Mimmo nella sua, una fitta lo raggiunse allo stomaco.

- Divertitevi... - Shogo, lanciava occhiate compiaciute a Mimmo.

Ognuno per la sua strada, così era giusto che fosse, questo pensava stritolando la mano di Mimmo, mentre uscivano dal terminal.



Quando Shogo aprì la porta di casa sua, a Riky piombò addosso una stanchezza enorme. Voleva solo spogliarsi e mettersi a dormire, ma Shogo, lo fece sedere sul divano e gli diede da bere. Non dell'acqua, del liquore, ed erano solo le undici di mattina!

- Ti servirà, credimi. – si sedette di fronte a lui, sul tavolino da fumo.

- C-che succede? – Shogo gli prese entrambe le mani, ci appoggiò sopra la fronte.

- Il dossier... – alzò lo sguardo verso il suo viso – non sono stato del tutto sincero, qualcosa da dirti c'è. – Riky chiuse gli occhi e sospirò. Li riaprì facendogli cenno di continuare.

- Avevo da poco compiuto diciotto anni. Mio padre, mi aveva regalato la macchina, una BMW coupé, ero estasiato. Avevo il mondo in mano. – gli lasciò le mani, appoggiandole sulle cosce.

- Avevo appena preso la patente, e avevo appena conquistato il più bel ragazzo del circolo del tennis. Decisi di andare a prenderlo e scoparmelo sulla mia macchina nuova. Il sesso e il potere dei miei soldi, erano le uniche cose che contavano per me. – si fermò, giusto il tempo per scrutare l'espressione negli occhi di Riky, aveva tutta la sua attenzione.

- Francesco De Nittis, questo era il suo nome, mi aspettava in una via poco distante da casa sua, lontana il necessario perché i suoi non lo vedessero salire sulla mia auto. E soprattutto con me. Lui ci teneva a non far sapere che gli piacevano gli uomini, soprattutto ai suoi genitori, visto che erano conservatori e omofobi. – dopo aver mangiato in un pub, appena fece scuro, ci appartammo in collina. Scopammo come dei ricci per un paio d'ore. Doveva ritornare a casa alle undici e mezza, perciò, verso le undici, ci rimettemmo in strada. – Shogo bevve, in un sorso solo, il suo liquore, che raggiunse il suo esofago bruciando terribilmente. Riky non diceva una parola, temendo di ascoltare un finale, al quale, non avrebbe voluto assistere.

- La bambina sbucò dalla curva, non riuscì ad evitarla, la sbalzai in aria e cadde dentro al fosso. Ci schiantammo su un platano. Avevo la cintura, non mi ero fatto un graffio, Francesco aveva spaccato il vetro davanti e la sua testa ciondolava all'esterno. La macchina, incredibilmente, si mise in moto. Liberai la testa di Francesco dal vetro e lo misi a sedere, respirava a fatica. Lo scaricai a fianco della strada e scappai. – gli occhi di Riky si spalancarono, così come la sua bocca, in un urlo muto.

- Tornai nella mia stanza, lasciando la macchina in garage, come se nulla fosse accaduto. L'unica cosa che feci, prima di tornare a casa, fu trovare una cabina telefonica, chiamai un'ambulanza in forma anonima, ma era troppo tardi.... – Riky bevve il liquido dal suo bicchiere, era vero, ne aveva bisogno.

- Mi vennero ad arrestare il giorno successivo, mio padre aveva già chiamato il nostro avvocato, aveva visto la macchina e mi aveva torchiato fino a che non avevo confessato tutto, nel giro di poche ore ero a casa, agli arresti domiciliari. La cosa "buffa" è stata che, l'unica mia vera preoccupazione, fino a quel momento, era in quanto tempo la mia macchina sarebbe tornata quella di prima. Non mi venne in mente nemmeno un secondo di chiedere né di Francesco né della bambina... Diedero la colpa allo stato di shock, ma io sapevo che non era vero, io ero così, un inutile e viziato rampollo, che non sapeva prendersi le proprie responsabilità. Col tempo, però, il senso di colpa si fece vivo e, piano piano, iniziai a cambiare. Ci vollero anni, poi parlai, sia con i genitori di Francesco, che con quelli della bambina, fu straziante, ancora adesso ho dei tremendi sensi di colpa. Iniziai a lavorare, mi resi indipendente e... resto sempre un rampollo viziato, ma ho imparato a vivere con le mie responsabilità, non mi giro più dall'altra parte. Su una cosa sono sempre rimasto uguale, la irrefrenabile voglia di sesso, probabilmente è per questo che amo il mio mestiere, mi ha sempre dato la possibilità di scopare, spesso senza pensieri, ma con il tempo anche questo è diventato un "problema"... questa mia "quasi dipendenza", non mi ha mai permesso di mantenere una relazione stabile – non riusciva a leggere nessun cambiamento, nello sguardo di Riky, tranne quel breve istante di stupore, i suoi occhi non riflettevano il suo pensiero.

- Poi sei comparso tu. – le sue mani coprirono il viso, le lasciò scivolare verso il basso, facendole ricadere in mezzo alle gambe.

- La prima volta che ci siamo parlati, ho subito capito che mi piacevi, mi piaceva il tuo modo di fare, quella ostinata voglia di rimanere "sulle tue", poi, quando ti ho visto, quella sera, anche mio fratello qui in basso, è stato completamente d'accordo con me. Mi è venuto duro appena ti ho visto e anche ora, basta un tuo cenno, perché io diventi immediatamente pronto per te. E quando mi hai dato la possibilità di entrare nel tuo mondo, ecco, in quel momento, ho capito che, se c'era una persona che mi avrebbe potuto completare e migliorare, quella eri tu, e ho perso la testa per te. Non sono mai stato fedele a nessuno, ho sempre lasciato che il mio uccello facesse ciò che voleva, ma ora, vuole solo te. Ecco, ora sai tutto quello che c'è scritto in quel dossier, vuoi ancora dividere la vita con questo inutile, viziato, sessodipendente?

- Siamo proprio una bella coppia, io e te... lo Shogo che io ho conosciuto, non è quello che ha diciotto anni e fugge da un incidente, però, credo che di strada da fare, per diventare una persona diversa, tu ne abbia ancora parecchia. Perciò, per ora, mi limiterò ad accettare il tuo anello "in prova". Devo chiarirmi le idee. Sull'aereo, sono stato sopraffatto, come sempre, dalla tua irruenza, ed è fantastico, ma anche pericoloso. Non voglio più sbagliare, lo devo a me stesso. E poi... - Shogo pendeva dalle sue labbra, stava andando anche troppo bene, quando aveva deciso di confessargli tutto, era pronto a vederlo andare via, ma, la sua apatia, lo stava salvando, il suo "non sentire" era totale, nel bene e nel male.

- ...e poi? – Riky voleva essere sincero quanto lo era stato lui.

- Sinceramente, quello che fino ad oggi mi fa sentire davvero legato a te, è il senso di sicurezza, mi fai sentire così desiderato e nello stesso tempo libero, questa è una sensazione appagante. Per quanto riguarda il sesso, beh... - Riky arrossì, il suo rossore si collegò direttamente alle mutande di Shogo.

- Amo il sesso quanto te, lo avrai capito. Ma non ho certo la tua esperienza e, a volte, la tua passionalità mi spaventa, mi fa perdere il controllo e... - Shogo gli appoggiò un dito sulle labbra, per zittirlo.

- Se accetterai di restare con me, avremo tutta la vita per sperimentare insieme e... credimi ho in mente di sperimentare tanto. – il suo uccello ora premeva sui suoi jeans, così tanto da fargli male, doveva liberarlo o sarebbe esploso, letteralmente. Si alzò, prendendo le sue mani per farlo alzare a sua volta, lo abbracciò, strusciandosi su di lui.

- Senti come mi hai ridotto? Ora devi prenderti le tue responsabilità... e, come primo esperimento... - lo trascinò con sé, sentiva il suo respiro che si faceva sempre più pesante. Aprì la porta del bagno e si liberò dei vestiti. Nudo, con la sua erezione scandalosamente evidente, si avvicinò a lui.

- Puoi spogliarti per me? Perché ho intenzione di mettermi sotto la doccia con te e lavarti, ovunque e molto, molto profondamente. Lo faresti per me? – solo una volta l'aveva fatto sotto la doccia, ed era stato con Efrem, tutte, o quasi, le sue "prime volte", appartenevano a lui. Shogo sapeva bene come toccare le sue corde, sapeva che, mettendolo in difficoltà, lui avrebbe reagito così. Iniziò a spogliarsi, lentamente, Shogo, di fronte a lui, a gambe leggermente divaricate, si toccava l'uccello, era oscenamente bello. Si tolse i boxer e fu evidente che, anche lui, era più che eccitato.

- Ora, entra nella doccia e appoggiati, con la schiena contro al muro. – mentre si avvicinava alla doccia, per entrarci, Shogo gli diede una sonora sculacciata.

- AHHH! – la sorpresa lo fece entrare velocemente, Shogo sorrideva famelico.

- Una delle prossime volte, magari quando mi farai arrabbiare, voglio sculacciarti quel bellissimo culo, farlo diventare rosso fuoco e leccarlo fino a che non vieni. – era dentro la doccia, davanti a lui e, con solo quella frase, il suo uccello aveva iniziato a sbavare pre-seme, come se non ci fosse un domani. Era una conferma per Shogo, lui l'aveva intuito, era un piccolo masochista il suo Riky, gli avrebbe dato tante soddisfazioni in futuro, ma doveva andarci piano, non voleva spaventarlo.

- Ma per ora, voglio solo lavarti, a fondo... - prese la spugna e iniziò a massaggiargli il collo, le braccia, il torace, poi, scese in mezzo alle gambe, dove si soffermò, esplorando ogni centimetro. I gemiti di Riky, riempivano la stanza.

- Voltati e appoggia braccia e spalle al muro. – era una tortura, una tortura stupenda. Si mise nella posizione che Shogo gli aveva indicato. Ricominciò a pulirlo meticolosamente con la spugna, la nuca, la schiena e le natiche. Appoggiò la spugna e si riempì la mano di sapone. Infilò la mano in mezzo alle sue gambe, lentamente risalì, in mezzo alle sue natiche, infilò il primo dito, a fondo.

- Ahhhh... Shogo... - era da quando lo aveva rivisto sulla spiaggia, che sognava quel momento.

- Non.ti.muovere. – la sua voce era ferma, calda e avvolgente, Riky faticava a restare fermo. Prese il sapone facendone gocciolare una generosa dose nell'incavo delle sue natiche. Infilò un altro dito.

- Mhmmmm... - guardare Riky che mugolava come un gattino e spingeva indietro il culo, era uno spettacolo fantastico. Infilò l'indice dell'altra mano, e iniziò a stirargli l'orifizio. Riky ebbe uno spasmo e portò la testa all'indietro, facendo diventare il suo cazzo dolorosamente duro, non avrebbe resistito un attimo di più. Si piegò leggermente sulle ginocchia e entrò con un unico colpo.

- Ahhhhhh – iniziò muoversi, lentamente e profondamente. E fu esattamente in quel momento che Riky si girò verso di lui, a cercare le sue labbra, ma la sua mente gli giocò un brutto scherzo, quello che vide, fu lo sguardo di Efrem, mentre lo baciava, iniziò silenziosamente a piangere. Si girò di nuovo verso la parete, mordendosi il labbro inferiore, per evitare che Shogo se ne accorgesse. Il resto fu un rapporto puramente meccanico, Shogo non si era accorto di nulla. Riky sentiva un disperato bisogno di Martina, solo lei, forse, avrebbe potuto lenire quella tempesta che si era scatenata dentro di lui.



Gli telefonò la mattina dopo, non lasciò trapelare nulla di ciò che aveva dentro, usò le ore che lo separavano dal loro incontro, per riflettere, e di cose su cui riflettere, ne aveva parecchie. La raggiunse all'ora di cena, nella sua casa sul lago di Lecco, non c'era nessuna fiera, o meglio, la fiera c'era, ma non ci sarebbero andati, aveva bisogno di un full-immersion con la sua amica. Quando arrivò, ordinarono due pizze e Martina stappò una bottiglia di vino, nell'attesa.

- Allora, da dove vuoi iniziare... - non c'era stato bisogno che lui le dicesse che c'era qualcosa di cui parlare, lei l'aveva intuito. Per questo motivo, si era presa una pausa dal suo Ettore. E poi, di cose da dire, ne aveva anche lei.

- Iniziamo dalle conclusioni, a cui sono giunto, dopo avere riflettuto tutto il giorno. La prima è una domanda. Credi che si possa essere innamorati di due persone contemporaneamente? – Martina, soppesò la risposta. Intuiva chi fossero le due persone e, anche se una delle due, per lei, era il diavolo, non ne avrebbe tenuto conto, almeno per ora.

- A me, personalmente, non è mai successo, ma ritengo che, non sia una cosa impossibile. – il ragazzo delle pizze suonò il campanello, con le pizze fumanti sul tavolo e i due bicchieri riempiti di nuovo di vino fresco, si misero a mangiare.

- La seconda conclusione quindi è: ammettendo che sia possibile essere innamorati di due persone contemporaneamente, come si può scegliere, tra queste due persone, senza sbagliare? – Martina si stava stancando di questo gioco, lei era una persona pragmatica, trovava assolutamente inutile girare intorno alle cose in questo modo.

- Ammettendo che tu mi stia chiedendo aiuto, se lo vuoi davvero, è indispensabile che tu la smetta di parlare come se il problema non ti riguardasse personalmente. Quindi, diamo un nome alle cose, sei innamorato ancora di Efrem e ti sei innamorato anche di Shogo? – Riky posò le sue posate nel cartone della pizza, che, per altro, stava smangiucchiando senza avere affatto fame.

- È tutto molto confuso, provo qualcosa per entrambi, questo è indubbio. Ma non riesco a capire, come sempre, cosa provo. Anche se... - Martina smise di mangiare, temeva quel "anche se..." come un tizzone ardente appoggiato sulla pelle.

- Anche se...? – Riky la guardò e quasi scoppiò a piangere, era così difficile anche con lei questa volta, la paura di essere giudicato gli pesava come un macigno.

- Efrem è cambiato... tanto, Martina. È ritornato quel ragazzo che avevo conosciuto e che ho amato più della mia stessa vita. – Martina si trattenne, con tutte le sue forze, per non esplodere mangiandolo vivo, era un momento delicato, non voleva che le sue parole sortissero l'effetto opposto.

- Sono sollevata che sia riuscito a ritrovare un equilibrio, anche se, per conto mio, non l'ha mai avuto. E questo è bastato per riaccendere la fiamma tra voi? Ci sei andato a letto? – aveva trattenuto le parole più sprezzanti, cercando di mettere sul tavolo quella domanda, senza dare la minima inflessione di rimprovero alla sua voce.

- L'ho baciato e stavo per farlo, poi lui ha rovinato tutto. – per poco il boccone non andò di traverso a Martina.

- T-ti ha fatto del male? – il solo pensiero, che avesse alzato anche solo un dito su di lui, la fece rabbrividire.

- No, no! Assolutamente no! Ha solo fatto quello che gli è sempre riuscito meglio, interferire nella mia vita. Prima di proseguire, mi ha sbattuto in faccia un dossier di un'investigazione su Shogo. – Martina sgranò gli occhi e gli scappò una risata isterica.

- C'era da aspettarselo! E cosa c'era scritto? – a lei avrebbe detto la verità, lo sapeva fin dall'inizio.

- Non l'ho letto. Ma non l'ho neppure buttato, non ci sono riuscito. L'ho messo nella valigia. Ma poi, quando Shogo è arrivato, gli ho chiesto se c'era qualcosa che non mi avesse detto... subito mi ha risposto di no, ma poi, quando siamo arrivati a casa, mi ha rivelato delle cose, però, sull'aereo è successa un'altra cosa... - allungò la mano sul tavolo, l'anello sull'anulare della sua mano sinistra era ben evidente, il diamante al centro, seppur piccolo, brillava sotto la luce della lampada.

- E tu... hai accettato? – Martina era perplessa, mai avrebbe pensato che, con tutta la confusione che aveva in testa, avrebbe accettato.

- Inizialmente, quando l'ho visto davanti a me in ginocchio, beh... non sapevo che fare. Poi Efrem ha baciato il modello che Shogo si era portato appresso e io... ho detto di sì. – ora era chiaro ciò che era successo, almeno nella mente di Martina. Si mise a mordicchiare la pizza, assorta nei suoi pensieri.

- Allora? Non mi dici nulla? Non mi sgridi? – Martina continuò, per un po', a mordicchiare la pizza. Poi si lasciò andare sulla sedia.

- Che cosa vuoi che ti dica? A prescindere che non so cosa ti abbia tenuto nascosto Shogo, non crederò mai al cambiamento di Eferm, perciò, se hai deciso che Shogo possa andare bene per te, io ti sosterrò. Ma devi esserne convinto... e tu non lo sei. – mandò giù un sorso di birra guardandolo negli occhi, che lui abbassò.

- Non ti starò, per ora, a raccontare cosa ci fosse scritto, ma ho avuto conferma che Shogo è un viziato figlio di papà. Sono sicuro che sia innamorato di me, anche se continuo a non comprendere per quale motivo. Io sono attratto da lui, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto sessuale, che, a quanto sembra, per lui è una cosa indispensabile, quasi a livello patologico. Ma lui è sempre contornato da ragazzi, uno più bello dell'altro e io... – Martina si alzò, sparendo in un'altra stanza. Tornò con qualcosa in mano, che si rivelò essere uno specchio, spostò la sua sedia di peso e glielo mise davanti.

- Cosa vedi? – odiava guardarsi allo specchio, e quello era il momento meno indicato, non si era ancora ripreso dal viaggio.

- Un cesso. – Martina scosse la testa.

- Guarda meglio... - iniziò toccandogli i capelli.

- I tuoi capelli, sempre spettinati... sembra che la natura sappia come spettinarli nel modo giusto. I tuoi occhi, sempre malinconici... ma quando sorridi, diventano luce pura. La tua pelle, così bianca... quando sei abbronzato diventa color del miele e mille lentiggini illuminano il tuo viso. Il tuo naso, con quella piccola curva al centro che fa venire voglia di accarezzarla e le tue labbra... non puoi capire, quante volte la mia mente abbia immaginato cose, sulle tue labbra.... Tu sei bellissimo e non te ne rendi minimamente conto. – Martina lo stava guardando come se fosse un'opera d'arte, da sempre aveva pensato che lo fosse. Riky aveva le lacrime agli occhi.

- Tu non hai la minima idea di quanto io sia stata innamorata di te, anni fa... ma anche ora, quando ti guardo, non posso fare a meno di pensare a quanto tu sia bello, a quanto tu sia... gay? – Riky scoppiò a ridere insieme a lei e l'abbracciò, quella, insieme a sua madre, era l'unica donna che amava, e in quel momento, ancora di più.

- Penso sempre a Efrem, a volte anche quando sto con Shogo... c'è qualcosa di sbagliato in me, so che con Shogo potrei costruire qualcosa di bello, come so che con Efrem, anche se fosse vero che è cambiato, sarebbe tutto difficile e... Dio, Martina, che cazzo devo fare, dimmelo! – Martina aveva la soluzione giusta per lei, ma sarebbe stata quella giusta per lui?

- Shogo, lui è quello giusto, ti ama, e tu, in qualche modo, lo ami, scegli lui. – poi si staccò tornando alla sua pizza.

- Devo dirti una cosa. – le sue guance si erano arrossate, l'imbarazzo era tangibile.

- Dimmi! – Riky si era immediatamente messo in allarme, sembrava una cosa estremamente seria, quella che doveva dirgli.

- Sabato, io e Ettore, ci siamo sposati. Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo, ma tu non c'eri e... - si mise a piangere, l'emozione di dirglielo era stata troppo forte.

- Ma lo sapevi da minimo un mese! Perché non me l'hai detto! – era vero, le pubblicazioni le avevano fatte il mese prima, nemmeno lei sapeva per quale motivo non gliel'avesse detto, o forse lo sapeva...

- Eri così... incasinato e noi, io... ho deciso di non dire nulla a nessuno... - Riky le diede un pugno sulla spalla.

- Stronzi. Siete due stronzi. Ma sono felice come non mai di avere un cognato! – si sciolsero in un caldissimo abbraccio.

Passarono due giorni in completo relax e si raccontarono tutto ciò che passava loro per la testa, alla fine, Riky, si era convinto che la scelta giusta fosse Shogo, e che, il suo "ritorno di fiamma" per Efrem, fosse dovuto all'ambiente in cui era avvenuto e ai ricordi, che gli avevano assalito il cervello. Ma questo non era ciò che credeva Martina, lei aveva capito che, quel tarlo che Efrem gli aveva insinuato, non se ne sarebbe andato così facilmente, perciò, decise che la sua mossa successiva, sarebbe stata quella di andare alla fonte del problema.

- Pronto? – Efrem rispose alla chiamata che stava ricevendo, pensando che all'altro lato del telefono ci fosse il solito call center di turno.

- Ciao, stronzo. – Martina lo aveva sempre chiamato così, l'avrebbe riconosciuta subito. Infatti, dopo pochi secondi Efrem le rispose.

- Buongiorno, Martina. Qual buon vento? – Efrem non si aspettava una sua chiamata. Da tempo aveva cancellato il suo numero.

- Ho bisogno di vederti, il prima possibile. – proprio non riusciva a essere cordiale con lui, ogni volta che lo sentiva, le sue mani iniziavano a prudere.

- Dimmi dove e quando e io ci sarò. – Martina non vedeva l'ora.

- Oggi, a mezzogiorno, nel parco di fronte all'università. – era il parco in cui si trovavano tutti e tre ai "tempi d'oro".

- Ok, a dopo. – la telefonata si interruppe, se solo Riky avesse saputo, avrebbe ucciso entrambi, pensò Martina. Arrivò all'appuntamento con un quarto d'ora di anticipo e lui era già lì. Era appoggiato ad un albero e leggeva un libro, le vennero in mente ricordi di cui non aveva più avuto coscienza da anni, lei, seduta con la schiena contro un albero con loro al suo fianco, Riky seduto in mezzo alle gambe di Efrem, addormentato sul suo petto, mentre lui leggeva un libro e ogni tanto gli scompigliava i capelli. Scacciò quel ricordo come se fosse una mosca fastidiosa e si avvicinò.

- Ciao. – si sedette al suo fianco, Efrem attese in silenzio, poggiando il libro sul prato e guardando davanti a sé senza vedere nulla.

- Devi farti da parte, sto parlando sul serio. – Martina non aveva più un tono aggressivo, sembrava lo stesse supplicando.

- L'ho già fatto, sull'aereo, quando ho baciato Mimmo. – Martina annuì.

- L'avevo capito, ma non basta. Devi sparire dalla circolazione, almeno per un po'. – Efrem continuò a perdersi guardando l'orizzonte.

- Devo chiederti una cosa, ma non so se riuscirai ad essere sincera... - Martina intuiva cosa gli avrebbe domandato, ma non voleva che quelle parole uscissero dalla sua bocca, decise di rispondere senza che lui continuasse.

- La risposta è sì. Ed è proprio per questo motivo che devi sparire. - Efrem nascose la testa, poggiandola sulle ginocchia.

- Lo amo. Lo amo così tanto. E dopo averlo lasciato nelle mani di quel depravato, mi sento così... - Martina si alzò, portandosi di fronte a lui.

- Sì, è uno che dalla vita non si è fatto mancare il sesso, ovunque potesse trovarlo, ma, ora, anche lui si è innamorato, e questo lo farà cambiare, ne sono certa. E non temere, vigilerò su di lui, e se Shogo dovesse fargli del male, lo asfalterò, come ho fatto con te, perché la prima persona che ha amato davvero Riky, sono stata io, e non l'ho mai abbandonato. – Efrem si alzò in piedi e fece ciò che Martina non si sarebbe mai aspettata in vita sua, la abbracciò.

- Confido in te, so che gli vuoi bene e questo mi tranquillizza. Ma se avessi bisogno di me, non esitare neppure un secondo a chiamarmi. – Martina, per la prima volta, provò un sentimento di affetto nei suoi confronti, poi ricordò che, quello che la stava abbracciando, con le stesse braccia, aveva distrutto il corpo e l'anima di una delle persone per lei più preziose e si divincolò da lui.

- Non abbiamo bisogno di te, ti auguro buona vita. – gli diede le spalle e se ne andò, senza più girarsi indietro.



Le settimane che seguirono furono un delirio, Riky andava spronato per fare qualsiasi cosa, così Martina si ritrovò spesso a fare le cose al suo posto. Il mercoledì' successivo al suo arrivo, Riky aveva rivisto Efrem in studio, definendo i dettagli, si sarebbero rivisti sei mesi dopo, il progetto, per allora, sarebbe sicuramente avanzato, se non quasi concluso.

Si stava facendo trascinare Riky, lo sapeva, ma non riusciva a fare altrimenti. Tornato a casa, dopo la breve vacanza con Martina, appena rivide Shogo, gli disse che aveva bisogno di tempo e che fino a che non fosse stato davvero certo, non lo avrebbe sposato. La domenica dopo, lo avrebbe portato a conoscere i suoi genitori, questo era un passo difficile da digerire, gli unici genitori che aveva conosciuto, fino ad allora, erano quelli di Efrem, un'altra sua "prima volta" vissuta con lui...

La villa dei Doyle era grande, davvero grande, il solo parco era immenso e la villa sembrava quella di "Via col vento", si domandò se, anche loro, avevano una schiava di nome "Mami" ... gli venne ad aprire il padre di Shogo.

- Ben arrivati! – era un uomo massiccio, in forma smagliante, per la sua età, e con un sorriso che avrebbe fatto innamorare chiunque.

- Papà, lui è Riccardo Lampis, il mio ragazzo. – il suo colore passò da rosa a rosso scarlatto, orecchie comprese.

- Era ora che qualcuno ti facesse capitolare! – lo fece entrare e lo prese per le spalle, accompagnandolo verso il salotto.

- Allora, Riccardo, raccontami tutto di te, mia moglie sarà con noi tra poco e voglio avvantaggiarmi. – Riky era sopraffatto, mai aveva avuto un'accoglienza così cordiale, e mai era stato presentato come "il mio ragazzo" in un modo così naturale. La madre di Shogo arrivò poco dopo, era una donna piccola e bellissima, si sarebbe potuta definire una piccola geisha, se non fosse stato per il suo vestire all'occidentale.

- Riccardo, benvenuto! Io sono la mamma di Shogo, Kaoru. – si alzò di scatto per andarle incontro.

- Il pranzo è quasi pronto, se mi volete seguire in sala da pranzo... - durante il pranzo iniziò a sentirsi a suo agio, il signor Doyle non smetteva di riempirgli il bicchiere e alla fine, era davvero un po' più brillo di quanto avrebbe voluto.

- Bene, ora che abbiamo preso il caffè, vi ruberò Riky, devo fargli assaggiare il mio sakè preferito. – prese per mano Riky e lo portò con sé, in una parte del giardino che sembrava un piccolo angolo di Giappone.

- Tieni, è sakè heiwa suppai umeshu, sakè di prugna. Lo faccio venire direttamente dal produttore, dalla prefettura di Wakayama. È invecchiato 3 anni, usano tre volte la quantità normalmente utilizzata, per produrre questo particolare sakè. Lo bevo solo in occasioni speciali, e questa è un'occasione speciale. – Riky assaporò il liquore, era una bomba.

- È buonissimo! – Kaoru assentì.

- E ora parliamo di mio figlio. – Riky sentì un'improvvisa voglia di fuggire.

- Questo mio figlio è... come posso dire... uguale a suo padre. Ad entrambi piacciono le stesse cose, la bella vita, le belle macchine non sono mai stati abituati a rinunciare a nulla. Sono bambini viziati e capricciosi. Suo padre mi ha amato tanto e continua a farlo anche ora, ma il segreto per fare funzionare un matrimonio con loro, è avere pazienza e tolleranza. Sei un tipo tollerante Riky? – gli versò un altro bicchiere di sakè.

- Tollerante? Dipende dal motivo, cosa dovrei tollerare? – Kaoru sorrise benevola.

- Tollerante al fatto che, a uomini come loro, puoi non bastare... - "Ah!", questa piccola donna era estremamente diretta.

- Oh! Non dico che tu debba sopportare senza fiatare! Assolutamente no! Ma potrebbe accadere, è nella loro natura, non si sanno trattenere, ma ritornano sempre e normalmente con la coda tra le gambe e un regalo tra le mani. – Riky non sapeva come risponderle, ma lei proseguì.

- Ti ho sconvolto? Sono una donna sincera e non voglio che mio figlio si unisca a qualcuno, se questi non comprende davvero la sua natura. Pensaci, prima di proseguire con lui. – prima che Riky potesse ribattere, Shogo fece capolino.

- Mi sembra che l'abbia tenuto per te anche troppo. – sua madre assentì.

- Vieni, ti porto ad esplorare la casa. – lo prese per mano, trascinandolo a vedere ogni angolo della villa. Poi, lo portò nella sua vecchia stanza.

- Questa è la mia stanza, ho vissuto qua fino a che non mi sono trasferito nel mio appartamento, entra. – Riky pensò che, solo quella stanza, era quasi grande come il suo minilocale.

- Sei mai stato fedele a qualcuno? – Shogo lo abbracciò posando le labbra nell'incavo del suo collo.

- No. Ma non mi ero mai innamorato, prima d'ora. – risposta politicamente corretta, pensò Riky.

- Quindi, non sai se mi potrai essere fedele... - Shogo lo girò, affrontando i suoi occhi.

- Invece lo so. Ti sarò fedele, perché tu mi darai sempre tutto ciò di cui ho bisogno, sesso compreso. – Riky lo fissò, Shogo era serio, era convinto di ciò che gli stava dicendo.

- Non so se potrei sopportare, se tu mi tradissi... - Shogo lo scaraventò letteralmente sul letto.

- Non succederà. E ora spogliati, voglio scoparti qui, nella mia cameretta. – lo sguardo scandalizzato di Riky, non fece altro che eccitarlo di più, erano giorni che Shogo pensava a Riky nudo sul suo letto, facendo sua una delle fantasie che aveva avuto da adolescente e che non era mai riuscito a mettere in pratica.

- Ma... - Riky si sentiva a disagio, se fosse entrato qualcuno e li avesse sorpresi si sarebbe sentito malissimo.

- Obbedisci, fai il bravo bambino. – Shogo aveva abbassato pantaloni e boxer e teneva il suo membro dalla base, a fare bella mostra della sua potente erezione.

- Viziato e prepotente... - Riky si tolse i pantaloni e i boxer ritraendosi sul letto.

- E porco... hai dimenticato quanto io sia porco. – lo prese per le caviglie, facendolo scivolare fino al bordo e gli alzò le gambe fin sopra la testa.

- Niente lubrificanti artificiali qui, ma non mi dispiace, affatto. – abbassò la testa e iniziò a leccargli l'orifizio penetrandolo con la lingua. Riky si portò le mani alla bocca per non emettere alcun suono.

- Vediamo se riesci ad essere così silenzioso, adesso. – non riuscì a essere silenzioso, per nulla. Shogo lo baciò e in quell'istante tornò prorompente l'immagine di Efrem.



Il tempo passò, rivide Efrem un altro paio di volte, ed ogni volta regrediva, si sentiva un gambero, faceva due passi in avanti con Shogo poi, quando rivedeva Efrem, bastava a farlo ritornare indietro di cinque, poi si volatilizzò. Ormai era un anno che non lo vedeva più, la relazione con Shogo si era stabilizzata, erano passati quasi due anni, dal giorno in cui si erano incontrati. Shogo scalpitava, non ne poteva più di averlo solo a giorni alterni, voleva sposarlo, voleva che andasse ad abitare con lui e non gli dava tregua. Del resto, ormai suo padre era morto da qualche mese e sua madre aveva accettato, di buon grado, che suo figlio fosse gay e che stesse con un uomo, che per altro l'aveva conquistata completamente. L'unico problema che avevano erano le fantasie sessuali di Shogo, che a volte rasentavano l'incredibile, ma fino a quel momento Riky era riuscito a mantenere gestibile il suo uomo. Non c'era più nessun motivo che gli impedisse di dire sì. Capitolò, fissarono la data il diciassette maggio. Martina, con un impeto che non comprese neppure lei, scattò una foto alle pubblicazioni e la mandò a Efrem, con scritto semplicemente, grazie.

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