Capitolo 13.

155 7 4
                                    

«Se la voglio, devo
combattere per lei».
Justin Bieber

Scarlett

Entro di corsa nel ristorante nel tardo pomeriggio canticchiando fra me e me, salutando la stronza che lavora al banco d'ingresso. Quella rimane a bocca aperta e io le sorrido spensierata, felice di aver rovinato il suo gioco maligno.
Oggi niente può distruggere il mio buonumore. Sono su di giri per Justin.
Mi dirigo verso il retro per timbrare l'ingresso e vedo Jen nella piccola saletta delle cameriere, che sorseggia un frappé di Starbucks e mi osserva. «Pensa un po'! Sei tornata al lavoro», biascica.
«Scambio un turno con qualcuno e già pensate che non voglia lavorare? È ingiusto». Infilo la borsetta in un armadietto e giro la chiave, dando la schiena a Jen per paura del suo sguardo critico.
«Colin vuole parlarti. Mi ha chiesto di dirtelo appena arrivavi».
Mi volto, il ghiaccio che mi scorre nelle vene. «Mi vuole licenziare?»
«No». Jen non offre nessuna ulteriore spiegazione.
«E allora?»
«Vuole chiederti se prendi questo lavoro seriamente. Vede molto potenziale in te, Scarlett. Vorrebbe che tu facessi un passo avanti qui dentro».
«Che diavolo significa?». Ma smettiamola! Sono solo una cameriera. Finora le mance sono state favolose, meglio di qualunque posto in cui abbia lavorato. Ma al District non c'è molto spazio per crescere. Non sono stupida.
«Hai presente il lavoro di T? Colin ha grandi piani. Vuole aprire una catena di District nello Stato, e magari sull'intera West Coast, per trasformarlo in una catena. E ha bisogno di gente che possa addestrare il personale».
«Sono qui solo da due settimane», dico incredula.
«Te l'ho detto, crede che tu abbia un potenziale».
«Tu sei con lui da più tempo. Perché non sceglie te per questo lavoro? O qualunque altra ragazza che lavori qui dentro?»
«Non... non mi piace viaggiare». Uhm, nasconde qualcosa, lo so. «E le altre ragazze sono qui solo per fare le carine e rimorchiare. Per loro questo lavoro è un modo per guadagnare i soldi e fare felici mamma e papà anche se vanno male all'università. Non hanno aspirazioni per un futuro nella ristorazione». Jen scuote la testa.
«Be', nemmeno io ne ho», ribatto. Neanche morta voglio lavorare in un ristorante per il resto della vita! Odio questo lavoro. Lo faccio solo perché non ho altre capacità.
«E allora che aspirazioni hai?».
La cosa assurda è che non ne ho idea. Dico sempre che ho speranze e sogni e che me ne vorrei andare da questa piccola città. Ma cosa voglio fare davvero da grande?
Non lo so proprio.
«È arrivata... oh». Colin entra nella stanza e si ferma di colpo, sorprendendosi di trovarmi lì. «Scarlett, ti stavo cercando».
«L'ho sentito», rispondo, guadagnandomi un'occhiataccia da Jen.
«Hai un minuto? Vorrei parlarti». Sorride con un atteggiamento rilassato e quell'aria accomodante. È bellissimo con la camicia bianca fuori dai jeans scuri, le maniche arrotolate che rivelano avambracci muscolosi.
Posso anche essere innamorata di Justin, ma so apprezzare un bell'uomo quando lo vedo.
«Sono nei pasticci?», chiedo per assicurarmi che Jen non stesse mentendo.
«Per niente», risponde, tranquillo.
Alzo un sopracciglio per fargli capire che non gli credo. «Non dovrei andare a preparare i tavoli per la serata?»
«Per ora Jen ha tutto sotto controllo. Inoltre ti ruberò solo pochi minuti. Poi potrai andare a lucidare i bicchieri come desideri». Ridacchia e mi guida nel suo ufficio con una mano sulla schiena.
Appena varchiamo la soglia mi discosto e lui si chiude la porta alle spalle, per poi sedersi alla scrivania e indicarmi una sedia vuota. «Accomodati».
Seduta sul borso della sedia, picchietto i tacchi sul pavimento di legno. Oggi la divisa è ancora quella con i pantaloncini corti e la camicia di pizzo e so che quando Justin mi verrà a prendere più tardi probabilmente mi salterà addosso.
Da vera maliziosa, non riesco a non pensarci.
«Cos'è successo con il cambio di turno, Scarlett?», domanda Colin.
«Ho avuto un impegno dell'ultimo minuto», dico. «Una cosa personale».
Alza un sopracciglio. «Tutto bene?»
«Oh sì. Tutto benissimo».
«Non mi interessa se i miei impiegati si scambiano il turno, purché tutti rimangano coperti e non diventi un'abitudine. Però ho qualche preoccupazione». Appoggia le braccia piegate sulla scrivania, l'espressione solenne. «Sei felice qui?».
La sua domanda mi coglie di sorpresa. «Uhm, sì».
«Davvero?»
«Dove vuoi arrivare? Insomma, lavoro qui da poche settimane. Se non sei soddisfatto di me, allora licenziamo». Avanzo ancora di più sulla sedia, pronta a scattare in caso di bisogno.
«Dai sempre per scontata la cosa peggiore, vero?».
Questa situazione sta diventando ridicola. «Ascolta, dimmi quello che mi devi dire e facciamola finita. Stasera non sono dell'umore per i giochetti».
«Bene. Lascia da parte quell'atteggiamento isterico e ti dirò tutto quello che vuoi sentire».
Rimango a bocca aperta. Non posso credere che mi abbia appena definito un'isterica. Ma ha ragione, lo sono. «Che succede?», chiedo.
«So che sei qui da poco, ma hai fatto una buona impressione. Non hai bisogno che ti ripeta due volte quello che devi fare, lo fai e basta, e hai tutto sotto controllo. Piaci ai clienti. T crede che tu sia fantastica e per me la sua opinione conta più di quella di chiunque altro qui dentro». Colin si china in avanti, come se così riuscisse meglio a trasmettere il suo messaggio. «Voglio darti più ore, ma non lo farò se hai intenzione di cambiare i turni ogni volta».
«Non lo farò», mi affretto a rispondere.
Sorride. «Quindi accetterai turni più lunghi».
«Certo».
«Sarai sotto osservazione per sessanta giorni. Se sarò soddisfatto, riceverai automaticamente un aumento».
«Davvero?»
«Davvero», annuisce. «Voglio aprire altri ristoranti a Sacramento nei prossimi diciotto mesi. Ho bisogno di persone che siano in grado di addestrare il personale come fa T. Potrebbe interessarti?».
Io sono come Jen. Viaggiare per me è quasi impossibile, con Owen che va a scuola e mia madre che non c'è mai. Ma non posso dire di no, giusto? Il campo della ristorazione non mi interessa a lungo termine, però ho bisogno di un lavoro stabile che mi paghi bene, specialmente se voglio trovare un appartamento per me e Owen. La proposta di Colin è un sogno che si avvera per me.
«Direi di sì». La mia risposta vaga non fa contento il mio capo. Ha piantato un muso lungo. «Ascolta, ho un fratello piccolo e il rapporto con nostra madre è... complicato».
Il suo viso si rilassa. «Discuteremo di questi dettagli in modo più approfondito quando la possibilità si concretizzerà. A dire il vero il piano di aprire altri ristoranti è ancora allo stadio iniziale».
«Fantastico», dico, e lo penso davvero. Questo ragazzo è davvero ambizioso, lo ammiro.
«Lo sarà, fidati». Quasi mi acceca con un sorriso abbagliante. «Ora torna là fuori a dare una mano a Jen. Abbiamo tre feste programmate per stasera».
Mi alzo ed esco in fretta dall'ufficio, e i piedi mi fanno già male anche se ancora non ho iniziato a lavorare.
«Lavori domani?».
Prendo la borsa dall'armadietto e chiudo la porta di metallo, che produce un fragore fastidioso. Sono esausta. Il turno di stasera è stato spossante e non vedo l'ora di andare a casa e collassare sul letto. «No, grazie a dio».
«Nemmeno io. Ascolta». Jen si guarda intorno, come se tenesse che qualcuno ci becchi a parlare. Strano, dato che siamo da sole nella stanza. «Sono successe tante cose nella mia vita ultimamente e avrei proprio bisogno di sfogare la tensione. Ti va di uscire insieme domani sera a bere qualcosa? Magari per una serata fra ragazze?».
La mia prima reazione sarebbe dire di no. Non mi va di perdere una serata con Justin. Insomma, è appena tornato a far parte della mia vita e vorrei passare ogni secondo con lui.
Poi leggo la preoccupazione negli occhi di Jen. Non ha altre amiche con cui parlare? Oppure è solitaria quanto me?
«Certo», rispondo, prima di darmi il tempo per cambiare idea. «Dove vuoi andare?».
Il sorriso che le si allarga sul volto vale le ore lontane da Justin. Forse questa ragazza ha bisogno della mia amicizia più di quanto non pensi. «Non saprei. La Salle's?».
Le do una pacca sul braccio. «Già. Non credo proprio».
«Che ne dici di Jake's? È sempre pieno di gente».
«Be'... lo sai vero che non ho l'età per entrare?». Avevo un documento d'identità falso ma l'ho perso. Dopo che il buttafuori mi ha fatto firmare un pezzo di carta per verificare che la firma fosse la stessa del documento, una sera un anno fa quando ero uscita con un perdente, e la scrittura non combaciava, ho deciso di lasciar perdere. Mi ha strappato il documento di mano e non mi sono disturbata a procurarmene uno nuovo. «Quindi non sono una con cui ti puoi divertire tanto».
Jen ride e scuote la testa. «Mi sono dimenticata. Ti comporti come una che ha ben più di vent'anni sai? Sembri un'anima saggia».
«Non so se sia un complimento o un insulto», dico arricciando il naso.
«È decisamente un complimento. Possiamo uscire a cena. Io bevo e tu mi guardi».
«Ohh, divertente!», esclamò sarcastica.
«Ti mando un messaggio domani per metterci d'accordo». Jen si mette la borsetta in spalla, osservandomi. «Non ti dispiace, vero? So che c'è un ragazzo nella tua vita, adesso».
All'improvviso mi sento a disagio. Non sono pronta per parlare di Justin con nessuno, non ancora. «Posso sopportare di stare lontana da lui per qualche ora». Forse.
«Ne sei sicura?». Me lo chiede per provocarmi, ma probabilmente ha anche paura che cancelli l'appuntamento con lei all'ultimo minuto per un uomo, cosa che non ho intenzione di fare. Io e Justin non dobbiamo trascorrere ogni singolo momento insieme.
Anche se stargli lontano è difficile. È sciocco, dato che non è da molto che è tornato a far parte della mia vita, ma abbiamo un legame così intenso che mi è difficile ignorarlo.
«Dalla faccia sognante che fai, deduco che sia una persona speciale». Jen mi dà un colpetto col gomito. «Mi racconterai domani sera».
«Sì», rispondo sorridendo, ma in realtà ne dubito.
Quello che io e Justin condividiamo è troppo intimo per spifferarlo alla mia nuova amica.

Dammi un'altra possibilità » jdb.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora