Capitolo 3

48 7 2
                                    

Sicuramente quell'uomo lo avrebbe lasciato fuori, ma almeno ci avrebbe provato. Alla domanda della guardia su "cosa diavolo vuoi tu?", Tom rispose indicando il vassoio, dicendo che doveva portare quei bicchieri alle ragazze. Dopo un'attenta osservazione sul fatto che non lo avesse mai visto lavorare da quelle parti, il ragazzo ribadì con una piccola bugia bianca: «Sono nuovo.»
Dietro alle quinte di quel locale regnava il caos, ancor di più rispetto al pienone che c'era nella sala principale. Lunghe file di specchi illuminati erano occupate da più ragazze e dalla confusione di abiti, decisamente succinti, rigide cinture di pelle, collant e calze a rete. Qualche ragazza era intenta a truccarsi, mentre altre sembravano ancora tergiversare tra chiacchiere e risate. Per qualche attimo Tom rimase immobile, con quel vassoio pieno pericolante in mano, che rischiò di essere colpito dalla foga delle ragazze di passare e affrettarsi. Non appena iniziò a camminare, tentando avvicinarsi il più possibile nuovamente a Chloe, una delle ragazze si girò verso di lui, squadrandolo da capo a piedi. Un incredibile sensazione di disagio lo portò ad abbassare lo sguardo. Le loro gambe erano totalmente scoperte e qualcuna intenta a cambiarsi girava senza coprire la minima parte del corpo. Pensò quasi di lasciare il vassoio in mezzo alla stanza, uscendo in fretta, ma cercò di tenere lo sguardo basso fino a quando non fu vicino alla ragazza dalla parrucca rosa. «Qualcuno ha ordinato da bere?» domandò in modo da attirare l'attenzione di tutte, compresa quella di Chloe, che, guardando Thomas dalla superficie riflettente, incrociò il suo sguardo. Le altre ragazze si affollarono intorno a lui, rubando parte dei bicchieri pieni. Sollevato da parte del peso, il vassoio perse l'equilibrio, ma lui prontamente riuscì a bloccarlo. Una volta dispersa la folla, fece un passo verso Chloe porgendole un bicchiere contenente chissà quale cocktail. Lei cercò di evitare il diretto contatto con lo sguardo del ragazzo, si sporse verso lo specchio, aggiungendo del mascara sulle lunghe ciglia scure. Aveva cambiato vestiti da quando era uscita tra la folla. Ora indossava dei pantaloncini di stretta pelle, le gambe erano coperte appena dalla rete nera, mentre sul petto un sottile strato di tessuto la copriva.
Tom rimase a debita distanza, mordendosi l'interno della guancia cercando qualcosa da dire per attirare l'attenzione della ragazza ulteriormente. Ciò che non notava era come lei tentasse a tutti i costi di trattenere un sorriso, in parte divertito, perché ne aveva visti di matti, e quello era il gesto più folle e gentile che le avessero mai fatto. «Questo non è il mio cocktail.» affermò lei tagliando in due il silenzio che li avvolgeva. Perché le ragazze che avevano fatto casino fino a quel momento, ora erano tutte pronte a salire sul palco per il numero successivo e li avevano lasciati soli, con solo il rimbombo della musica poco distante. «Non è colpa mia, non sono un cameriere» affermò prontamente. Mise le mani nelle tasche dei jeans blu, un gesto che fece intuire alla ragazza che non aveva alcuna cattiva intenzione. Raro, pensò Chloe visto come qualche minuto prima l'aveva bloccata e strattonata. Ma Thomas non era cattivo e non mancava mai di rispetto. La ragazza si voltò finalmente a guardarlo, appoggiando le mani al tavolo dietro di sé dove regnava la confusione tra vestiti, trucchi, pennelli e spray.
Fu in quel preciso momento, quando la parrucca rosa si mosse arrivando a scontrare parte delle clavicole, che lo sguardo di Tom si spostò sul centro esatto del suo petto, dove un brillante luccicava delicato. Nella sua testa pensò quanto fosse carino in quell'esatto punto, ma dovette immediatamente togliere lo sguardo per evitare di farle una cattiva impressione. «Sai che dovrei dire a Javier che non sei un cameriere vero?» domandò lei.
«Già, lo sospettavo...» una smorfia colpevole si dipinse sul volto del ragazzo, che tuttavia rispose con ironia, sapendo in qualche modo che non lo avrebbe mai fatto.
«E sai anche per evitarlo potresti portarmi un porn-star-martini, si?» piegò la testa da un lato, mentre tra le sue mani lasciava scorrere una lunga cinghia scura. E se il suo tono autoritario non bastava, forse quel semplice gesto lo avrebbe convinto.
Socchiuse le labbra divertito e annuì, mentre la lingua bagnò spontaneamente il labbro inferiore. «Perché invece non finisci qui e non vieni a berlo con me?» domandò lui stando al gioco che la ragazza aveva appena iniziato.
Non era solita ad avere le spalle al muro. Se avesse detto no, lui non avrebbe comunque fatto ciò che lei chiedeva. Il suo sguardo era diverso da tutte le altre persone, da tutti i sottomessi, che di tanto in tanto le avanzavano qualche attenzione di troppo. Lei però non era una dominatrice, aveva solo imparato qualche piccolo trucco da una sua amica, che occupava la zona del fetish con quell'arte. Tutto ciò che Chloe era in passato era scomparso, lasciando spazio a quella persona nuova, che dominava sé stessa. «Chloe, tocca a noi, andiamo!» le gridarono le compagne. Il tempo di scherzare era finito in fretta e lei non gli aveva dato risposta. Si era sollevata dal tavolo a cui era appoggiato e mentre camminava con quegli stivali alti fino a raggiungere le scale che portavano al palco. Prima di salire e sparire per iniziare il suo numero, appoggiò una mano al muro, il corpo si girò leggermente verso di lui, così come il volto. Lo guardò e schioccando le labbra aggiunse: «Goditi lo spettacolo, Holland.» poi sparì.

Holland? 
Tom era sicuro di non aver mai detto il suo cognome, era già tanto se era stato presentato con il suo nome, come era arrivata a conoscerlo? Quelle sue ultime parole lo confusero abbastanza da farlo rimanere immobile per qualche attimo. Guardò poi il cocktail che le aveva lasciato, indeciso se seguire la sua richiesta o fare nuovamente di testa propria. Quando sentì la musica mixare con un ritmo più lento, lasciò perdere il cocktail ed uscì da quel luogo tornando nella folla che si godeva lo spettacolo. Lei era magnetica. Non riusciva a descriverla in altro modo nella sua mente. Non che le altre ragazze non fossero così, tuttavia Thomas trovava in lei una particolare gestualità. Le mani di lei scorrevano sugli oggetti in modo lento e il suo corpo sussurrava al pubblico. Era la prima volta che ascoltava quel tipo di sussurri, che un tempo avrebbero ricondotto al canto delle sirene. Prima di iniziare quel lavoro aveva fatto delle piccole ricerche sulle dipendenze, su quei luoghi, su cosa c'era intorno ad essi, ma questo ora non sembrava essere più così importante, poiché la sua dipendenza da quel luogo non sembrava così grave. È per lavoro, continuava a ripetersi in modo da convincere sé stesso. Alex non disse una parola vedendo tornare il ragazzo, poiché lui comunque era distratto dallo spettacolo e non lo avrebbe ascoltato. Se solo sua madre avesse saputo che quel lavoro comportava stare in quel posto. Ma alla donna aveva raccontato solo che era un'opportunità, un lavoro che avrebbe permesso a loro di respirare.
Una settimana e mezzo prima, nel pub del suo paese, lui era stato avvicinato da un uomo che mai aveva visto prima in quel luogo. Lo aveva prima visto da lontano, ma era stato tutta la sera in disparte, poi quando i suoi amici tornarono a casa dalle mogli, lui rimase solo e questo si avvicinò. «Che lavoro fai, ragazzo?» domandò sedendosi di fronte a lui. Quel grande orologio al polso avrebbe potuto pagare tutti i debiti che avevano. Tom non aveva risposto subito. Non era solito conversare con chi non conosceva, specialmente se avvicinato in quel modo. Poi però, l'uomo, assunse un tono più serio. «Le tue mani sono grandi, hai le unghie sporche e le falangi callose. Deduco che fai un lavoro molto manuale. Sei sporco di grasso in faccia e anche un po' su quei vecchi vestiti che probabilmente hai ereditato dal padre, la tua famiglia non deve cavarsela benissimo... Il tuo berretto è rattoppato, un ricordo del liceo? Probabile, ma visto che sei l'unico dei tuoi amici ad essere rimasto qua, credo che tu non abbia affetti stretti da cui tornare la sera. E se ti dicessi che posso offrirti un lavoro più semplice, più onesto e posso pagarti il triplo di quello che guadagni ora? Insomma, credo che ti farebbero comodo.» aveva detto lui, attirando totalmente l'attenzione del ragazzino. Tom si era guardato intorno, sospettoso, ma nessuno sembrava osservarli. Nel pub era presente solo il proprietario e un uomo che beveva un caffè in solitudine. Dalle finestre del luogo poteva vedere il suo furgone parcheggiato e a fianco l'auto che sicuramente era dell'uomo, moderna, tecnologica, lucida, pulita.
«Chi sei e perché vuoi me?» domandò confuso.
«Non posso dirti chi sono ed è meglio se non ne vieni a conoscenza, ma ho bisogno del tuo aiuto

Promiscuous girlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora