Capitolo 10

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GIULIA
Poso il telefono sul tavolo e mi siedo sullo sgabello, chiudo gli occhi e sbuffo, per poi bere l'ultimo sorso di caffè che ormai non è più bollente come piace a me. Iniziamo benissimo la giornata Giulia!
Perché deve sempre essere così per me? Perché deve essere sempre tutto così compilicato? Appena penso di aver trovato una persona che mi possa rendere felice c'è sempre quel qualcosa che fa si che si distrugga tutto.
"Mi stai ascoltando?" La voce di Niccolò mi riporta alla realtà.
"Cosa scusami?" Chiedo
"No dico, è tutto ok?" Domanda a sua volta
"Si, è che ogni volta che sembra andare meglio succede sempre qualcosa che mi fa fare 10 passi indietro e tornare, non dico al punto di partenza ma quasi" gli spiego amareggiata.
Nic corruga la fronte non capendo.
Non gli ho mai raccontato nulla della mia adolescenza, è ovvio che non riesce a comprendere ciò che dico.
"La mia non è mai stata una famiglia chissà quanto unita. O meglio, ci vogliamo un bene che non è nemmeno lontanamente immaginabile; i miei genitori hanno sempre cercato di dare a me, a Carol e a Sam tutto l'amore possibile. E ci sono riusciti perché non è che ricordo la mia infanzia come infelice o altro. Siamo cresciuti con una babysitter che stava con noi praticamente tutto il giorno, mia madre la vedevamo la mattina mentre facevamo colazione e se il lavoro era tranquillo la rivedevamo per cena, sennò direttamente la mattina dopo. Anche perché, quando si è piccoli si va a dormire presto." Dico sorridendogli.
"Tuo padre invece?" Chiede dopo poco
"Eh con papà il discorso è diverso perché passavamo mesi insieme tutto il giorno e mesi in cui lo vedevamo pochissimo, magari anche solo una volta al mese. Quei mesi in cui c'era però me li ricordo bellissimi e divertentissimi: la mamma si prendeva dei giorni ferie, partivamo e facevamo delle mini vacanze. Quindi io sono cresciuta con questa concezione di famiglia, non la classica che si riunisce a cena e si racconta la giornata passata." Concludo
"Però la tua concezione di famiglia e di amore, non è questa che mi hai raccontato. " Domanda
"Ti ricordi Christian? Il cameriere quello del ristorante vicino al Colosseo? Quello di cui eri geloso" gli ricordo ridendo
"Non ero geloso" risponde ridendo
"Oh si che lo eri" continuo divertita
"Vabbè insomma, si me lo ricordo" dice velocemente per sviare il discorso.
E comunque era palesemente geloso.
"L'ho conosciuto verso il quinto superiore o poco prima ed è stato il mio primo ragazzo, il primo amore.."
"Che non si scorda mai" dice anticipando la mia frase
"Esattamente. È stato lui che mi ha aperto gli occhi, che mi ha fatto capire cosa significasse amare. Nel periodo del liceo tutti si fidanzano con tutti per fare esperienze e sentivo costantemente dire quanto l'amore fosse bellissimo. Una vera favola. Io sapevo che non lo era, lo vedevo nei miei genitori, non era come lo descrivevano loro. Christian è stato importante perché mi ha insegnato che l'amore non è esserci qualche volta ma esserci sempre; e non intendeva solo fisicamente, ma anche al livello di testa, perché le persone si amano anche se per dei mesi una sta dall'altra parte del mondo." Concludo con lo sguardo rivolto verso le mie mani, poggiate sul tavolo.
"Perchè non mi avevi mai parlato di questa cosa Giù? Ti avrei aiutato a dimostrarti che.."
"L'hai fatto Nic" rispondo incrociando il suo sguardo
"Basta deprimerci!" esclama subito dopo alzandosi dallo sgabello e tirandomi da un braccio per far alzare anche me
"Cambiati che andiamo a correre" dice
Sgranò gli occhi, ma con quale coraggio gli va di correre adesso?
"Ma..non mi va, poi abbiamo appena fatto colazione" rispondo ridendo
"Dai su Giuliaa, abbiamo mangiato pochissimo" ribadisce
"Dammi cinque minuti" sbuffo andando a prepararmi

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