CAPITOLO 5 - AMELIA

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Fisso il soffitto da circa un'ora nella speranza di una mera illuminazione su cosa questa mattina dovrei fare.
Inutile dire che probabilmente passerò la prossima mezz'ora ancora a fissare il maledettissimo soffitto, che mi sfida a trovare qualcosa da fare che non sia poltrire.

Biscotti. Si, ne ho proprio voglia.
Scendo dal letto, muovendo le gambe indolenzite dalla posizione in cui ero messa poco fa. Mi dirigo in cucina, prendendo gli ingredienti che mi serviranno per realizzare i biscotti.

Farina, zucchero, uova, burro e, cosa più importante, gocce di cioccolato. Si, c'è proprio tutto.
Inizio a fare l'impasto, accompagnata dalle note delle canzoni degli Imagine
Dragons.

Terminato di cercare di dare una forma vagamente vicina ad un cerchio ai biscotti, li inforno e, aspettando che si cuociano, mi guardo un episodio della Pimpa, tanto per perdere del tempo... Che poi è un cane o un coniglio? Questi sono i veri dilemmi, Shakespeare spostati.

Mentre mi crogiolo nel trovare una risposta alla mia fatidica domanda, mangio il risultato del mio lavoro, che così tanto schifo non fa, e realizzo che si, la Pimpa è un coniglio.

L'ora di pranzo è passata da circa un paio d'ore, e io non so nuovamente che fare. Proprio mentre sbuffo a causa di questo pensiero, riconosco fuori dalla finestra l'inizio di un fitto bosco. Mi sono talmente concentrata sulla casa in questi due giorni, da non essermene mai accorta prima, assurdo.

Prendo la decisione di esplorare la foresta, d'altronde non ho nient'altro da fare.
Prendo il telefono, e i cammino in quel verde rassicurante.

Le foglie sono di un viride brillante, il sole di inizio primavera si fa capolino tra quelle folte chiome verdeggianti. C'è una calma quasi inquietante, tutto è immobile, se non qualche movimento causato dal vento o dallo spostamento di qualche uccellino.

Faccio vagare il mio sguardo per tutto il perimetro, finché non noto uno sfarfallio, un riflesso del sole da una fonte d'acqua. Decido di dirigermi verso quel luccichio ed è proprio nel momento che lo raggiungo, che mi accorgo di non essere più sola.

Un enorme lupo dal manto nero come la pece, dalle zampe possenti e dal portamento fiero, si sta abbeverando da quello che credo sia un fiume.

Mi avvicino lentamente, per evitare di spaventarlo, sembra che stia annusando l'aria. Probabilmente ha percepito la mia presenza, ma nel caso non fosse così, ci pensa la mia imbranataggine, la quale mi fa calpestare accidentalmente un rametto e fa sì che il lupo si giri verso di me.

Lo osservo attentamente, rendendomi conto che la stazza di questo lupo non ha nulla di normale, è più alto di me, e nonostante la mia bassezza, dovrei comunque superare un normale lupo. Incuriosita faccio scontrare il mio sguardo con il suo... Dio i suoi occhi sono di un rosso scarlatto, e giuro che se non ne fossi totalmente rapita, che se non mi dessero un senso di protezione e sicurezza, credo che ne rimarrei terrorizzata; ma io so, so che non mi farebbe del male, glielo leggo da come mi guarda, come se fossi qualcosa di bello.

Emette un leggero ringhio, che invece di impaurirmi, mi sprona ad avvicinarmi a quella strana creatura. Faccio un passo, un altro e un altro ancora, aspettandomi un suo atteggiamento ostile a questo avvicinamento, ma inaspettatamente piega lievemente il muso, avvicinandolo al mio viso.

Protendo la mano verso il suo manto che sembra riflettere la luce del sole, tanto è lucido. Poggio finalmente il mio palmo su quella che ormai sembra seta al mio tocco. Sono catturata dalla sua figura e da ogni suo movimento.

I piedi mi dolgono, perciò mi allontano dal lupo, per immergerli nell'acqua del fiume.
Il sollievo che provo mi fa chiudere momentaneamente gli occhi, per poi voltarmi verso di lui e invitarlo con un colpetto sull'erba, a sedersi affianco a me.

-è bellissimo qui, non trovi? - gli domando, probabilmente sto impazzendo a parlare con un animale, ma lo faccio sempre, con ogni essere vivente. Nel frattempo si sdraia affianco a me, attento ad ogni mio movimento.
Poggia il muso sulle mie gambe e io prendo ad accarezzarlo, ripetutamente, come fosse un mantra.

Respiro la calma, la tranquillità, la pace di questo momento, che mi fa prendere una pausa da questi ultimi giorni di frenesia. Chiudo gli occhi e mi beo della presenza di qualcuno che mi fa sentire a casa per minuti troppo brevi, ma che in realtà non è altro che un'ora intera, e di questo me ne accorgo quando, battendomi una mano sulla fronte a causa della mia dimenticanza, mi ricordo di avere un padre e guardo l'ora sul telefono, rendendomi conto di essere fuori casa da ormai quattro ore.

- io-oh per tutti i pescetti, scusa devo andare, o mio padre mi ammazza- esclamo, preoccupata dalla ramanzina che riceverò appena sarò tornata a casa, ancora non riesco a pensarla come tale... Qualcosa di ciò che ho detto deve averlo turbato, poiché emette un basso ringhio. -giuro che mi dispiace ma sono già fuori da troppo, e qui il cellulare non prende... Ci-ci rivedremo vero?- gli domando speranzosa. In risposta si avvicina al mio viso e mi lecca tutta la faccia, facendomi il solletico, alchè scoppio a ridere. E lui sembra come incantato da qualcosa che ancora non comprendo, e mi osserva talmente profondamente da farmi venire i brividi su tutto il corpo.

A malincuore compio un passo nella direzione opposta di quella strana, ma bellissima creatura. Un altro e un altro ancora, quando poi mi volto per evitare di finire col sedere a terra, avverto una morsa allo stomaco, all'idea di allontanarmi da lui e dai suoi occhi.

Sento il suo sguardo bruciare sulla mia schiena, e il magone che mi impedisce di respirare normalmente si affievolisce pian piano, alla sensazione, una strana certezza, che presto lo rivedrò.

~ANGOLO ME~
vorrei chiedervi se la storia vi sta piacendo, e quale tra le due descrizioni del primo incontro tra Amelia e Riyan vi ha attirato maggiormente.
Se notate errori grammaticali non esitate a corregermeli, anzi vi ringrazio. ❤️ Al prossimo aggiornamento, che manterrà il punto di vista di Mel.

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