CAPITOLO 11 - RYAN

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Le ho mentito. Non volevo che si rendesse conto del cazzo di mostro che sono, che mi desse la colpa per aver portato via il suo tutto, perché si la colpa è mia, ma lei questo non me lo perdonerebbe, e per la prima volta in vita mia mi sono comportato da fottuto codardo.

Quando poi mi ha detto che se ne voleva andare, non ho saputo controllare la rabbia che ha risposto al mio posto. In realtà non mi interessa, purché resti con me va bene tutto.

Quando ha tentato di fuggire il mio lupo ha guaito dal dolore e dal rifiuto, e la situazione non è migliorata quando, rispondendomi con fare saccente, ha aizzato l'ira che già divampava in me.

Ma quando si è messa a ridere, e dio che risata, mi ha fatto sperare, sperare che vedendo il mostro che sono magari non mi guarderà con disgusto e ribrezzo, come fanno tutti quelli della sua razza.

So che dovrei essere infastidito dal fatto che ha preferito rischiare di morire pur di non restare con me, ma cazzo non ci riesco, sono preoccupato per la sua salute... Quando è svenuta per il troppo sangue perso e per il freddo, il mio cuore ha perso un battito, vedendola cadere a terra priva di sensi.

Sono al capezzale del mio letto in attesa che si risvegli, il dottore ha detto che probabilmente ci vorrà qualche ora, ma mai la lascerei da sola in queste condizioni. Ha impiegato tutta la notte per renderla stabile, e non sono minimamente tranquillo.

L'orologio posto alla parete scandisce il tempo con il suo ripetitivo ticchettio.

Avvicinò lentamente la mia mano al viso di lei, sfiorando quelle labbra che tanto vorrei baciare. Il suo viso si contrae in una smorfia di fastidio, e non capisco se è causata dal mio tocco o dal dolore della ferita che l'incidente le ha inferto.

La guardo mentre pian piano il sole cala, nemmeno mi ero accorto fosse sorto.

Socchiude gli occhi e si guarda attorno confusa. Quando posa lo sguardo su di me scuote la testa energicamente, poi, con voce roca provocata dalla lunga incoscienza afferma dura -non voglio stare qui, lasciami andare, giuro che non dirò nulla a nessuno, né di quello che ho visto, né che mi hai rapita. - ed è come se mille aghi mi trafiggessero il cuore.

-oh no, forse non hai capito che le mie decisioni non cambiano, mai. Perciò puoi anche metterti comoda e rilassarti, perché tu, da qui, non ti muovi.- indurisco lo sguardo e il mio tono gelido causato dalla sua affermazione la fa innervosire.

-ah e, riguardo a ciò che hai visto... Sono un licantropo, come del resto lo sono tutti qui. Sono l'alpha del branco dei Roseblood, il mio branco e tu, tu sei la mia compagna, che lo voglia o no- nessuna stracazzo di reazione né emozione fa trapelare dalla sua espressione, mi fissa e basta, imperscrutabile.

Poi, contro ogni mia previsione, alza il braccio sinistro, facendomi il dito medio e un sorrisino di scherno.

Il mio lupo sta perdendo il controllo difronte alla sua insolenza. Per non rischiare di colpirà mi alzo di scatto, sferra do un pugno al muro che si crepa a contatto con le mie nocche.
Uno scricchiolio da esse mi fa capire di aver esagerato con la forza, ma ancora non basta: colpisco la parete una, due, tre volte.

Poi, una voce, la sua voce, mi blocca.

-non per fare la guasta feste eh, ma così non farai altro che procurarti dolore- la guardo furente, senza però recarle alcun timore.

Alza le mani, con fare innocente
-dicevo per dire, per me puoi anche continuare-alza gli occhi al cielo, giuro mi farà impazzire.

Sospiro esausto, guardo le nocche della mano e noto le ferite già rimarginate. Poi sposto lo sguardo su Amelia, vedendole un lampo di curiosità farsi spazio nel suo sguardo.

The Heartless AlphaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora