~Capitolo 7~

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Angelica

La guardia era arrivata al momento giusto. Dopo che uno dei suoi colleghi mi aveva brutalmente spinto in quelle segrete da brivido, mi ero ritrovata in compagnia di un vero e proprio criminale. Paura e ansia si mescolavano in un mix pericoloso, che mi portavano a prendere decisioni sbagliate. Come quella di iniziare una discussione con un possibile serial killer. 

Il criminale in questione era un uomo dall'aria inquietante, che mi guardava famelico, mentre tentavo di allontanarmi, nonostante l'esigua ampiezza della cella.

«Non succede niente.» ringhiò con voce roca il mio compagno di cella, lanciando un'occhiata velenosa alla guardia fuori dalle sbarre. 
«Sì, e io sono Satana.» Disse il demone ironico. Accennò un sorriso divertito, per poi farlo subito scomparire, come se si fosse ricordato che ridere non era affine alla sua natura.
«Se non vuoi avere delle serie conseguenze vedi di non creare disordini.» Aggiunse con tono più profondo e minaccioso, accennando alla spada che teneva appesa alla cintura. Io spostai lo sguardo sul malvivente accanto a me e notai come quelle parole non gli andassero a genio. Capendo dalla sua espressione che non si sarebbe fatto scrupoli nel soddisfare i suoi comodi, mi rivolsi alla guardia con occhi supplichevoli.

«Sarebbe possibile avere un altro coinquilino? Oppure una cella singola?» Sapevo che era un tentativo disperato, perché i demoni non si lasciavano impietosire, ma…. tentar non nuoce. Vidi gli occhi scuri della guardia contrarsi, come se stesse veramente prendendo in considerazione la mia proposta. «Forse si può fare qualcosa, almeno non rischiamo di creare disordini.»

Alzò lo sguardo verso il mio compagno di cella e, per un attimo, le sue iridi cambiarono colore. Un lampo grigio chiarissimo balenò nell'oscurità dei sotterranei, mentre l'uomo accanto a me si irrigidiva improvvisamente. 
«Come ti chiamavano in vita, anima dannata?» chiese il demone.
«Noah Wood.» il carcerato parlava con una strana lentezza, come se fosse… «L'hai ipnotizzato?» domandai osservando gli occhi improvvisamente vuoti di Noah. Lui non mi rispose e sfilò un paio di manette dalla cintura. «Noah, adesso tu ti avvicinerai all'uscio della cella, senza movimenti bruschi.» Ordinò. 

L'uomo obbedì senza fiatare e, subito, il demone lo ammanettò alle sbarre, bloccandolo. «E adesso ti siederai qui, senza parlare o ascoltare.»
«Non posso crederci.» affermai stupefatta, osservando Noah che eseguiva senza opporre resistenza. Rialzai gli occhi verso il demone. «Ma come hai fatto?» 
«Poteri speciali.» rispose con un sorriso soddisfatto. «Diciamo che noi angeli non sono così stolti e innocenti come ci rappresentano.»

«In che senso angeli?» Inarcai le sopracciglia confusa. Lui sospirò «Credo che sia arrivato il momento di spiegarti qualcosa. E non aggrottare la fronte! Ti fa venire le rughe.» Sentendo quell'ultima frase, scoppiai spontanamente a ridere. 
Davvero essere all'Inferno, per lui, era meno grave che avere delle rughe sulla fronte? Che cos'era un demone mezzo angelo, o mia madre sottocopertura? 
«Ti sembra il momenti di ammonirmi su queste stronzate? Sono prigioniera, nel cavolo d'Inferno, con un compagno di cella dal nome imbarazzante, e tu mi parli delle rughe?!»

Il demone sembrò quasi spaventarsi di fronte alla mia improvvisa rabbia, tanto che si ritrasse verso il lato opposto del muro, nonostante le sbarre che ci dividevano. «Va bene allora, non cercherò più di sdrammatizzare.» Il suo tono deluso mi fece quasi sentire in colpa, ma ero troppo spaventata dalla situazione per riuscire a pensarci.
«Si può sapere quindi chi sei o, meglio, cosa sei?» lo incalzai con impazienza.
«Mi chiamo Beck e sono un angelo del Paradiso, mandato qui per salvarti. Anche se, data la tua maleducazione, forse non te lo meriteresti.»

Storsi il viso in una smorfia, restia ad ammettere le mie colpe. Ma se era veramente un angelo, e se era sceso all’Inferno solo per aiutarmi, forse non avrei dovuto trattarlo in quel modo. «Mettiamo che a me dispiaccia per quello che ho detto, chi mi assicura che tu stia dicendo la verità? Puoi provare la tua natura da angelo?»

Lui mi rivolse uno sguardo perso, come un bambino a cui si fa una domanda troppo difficile da comprendere. «A questo non ci avevo pensato.» considerò, parlando quasi a se stesso. «Diciamo che mi hanno avvertito della missione questa mattina e non ho avuto molto tempo per organizzarmi un piano, quindi… mi credi sulla parola? Anche perché l’alternativa sarebbe quella di rimanere all’Inferno per sempre.»

Incrociai le braccia, valutando la situazione. Nonostante fosse un completo sconosciuto, Beck mi aveva da subito trasmesso una buona sensazione, come se dietro le apparenze di ragazzo grezzo e massiccio, si nascondesse un’anima molto più umana, simile alla mia. Dovevo fidarmi dell’istinto? Oppure era meglio seguire la ragione? 
«Che cosa vorresti fare per tirarmi fuori di qui?» chiesi per sondare il terreno. 

«Allora, la mia idea era quella di segnare e imparare i turni delle guardie, così per poi farti evadere con più facilità. Poi dobbiamo tornare sulle rive dello Stige in modo che l’influenza di Dio possa arrivare qui e portarci in salvo.» mi spiegò quasi con timore che potessi trovare una falla nel suo piano. «Inoltre, posso sempre usare i miei poteri per riuscire a confondere una o due guardie… non sono ancora molto esperto.» aggiunse, abbassando leggermente lo sguardo. Sospirai. Nonostante mi sembrasse che stesse dicendo la verità, faticavo a fidarmi, dopo quello che mi era successo.

«E che poteri avresti? Come hai fatto a… controllare quel tipo?» lanciai a Noah un’occhiata spaventata, quasi temendo che potesse fare lo stesso con me. «Non fare quella faccia sorpresa! È normale per noi angeli avere un potere. In particolare, il mio è quello dell’empatia, riesco a percepire amplificate le emozioni delle persone e a persuadere con molta più efficacia i soggetti difficili.»
Mi fece l'occhiolino accennando a Noah lì per terra. Dovevo credergli? Oppure era meglio continuare la mia vita dopo la morte da sola?

Quella che doveva essere una decisione da ponderare la prese il mio istinto per me. «Va bene, accetto il tuo aiuto.»
Beck sorrise, lasciandosi andare a un sospiro di sollievo. Effettivamente, però, quando sorrideva assomigliava sempre di più a un angelo.
«Perfetto! Non te ne pentirai. E ti assicuro che cercherò di tirarti fuori il prima possibile.»
Annuii. «Spero che sia vero.»

Angelica all'inferno {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora