~Capitolo 4~

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Beck

Ero stato convocato nel palazzo divino, al cospetto delle persone più importanti del paradiso. Non mi era mai successo durante tutta la mia giovane vita e, a volte, neanche agli angeli più anziani era concesso questo onore.

Arrivato all'ingresso del palazzo sorvolai la grande scalinata bianca e atterrai di fronte al portone d'entrata. Ritirai le ali e avanzai all'ingresso, dove un angelo biondo stava seduto dietro una scrivania. Scriveva qualcosa, con così tanta concentrazione da non accorgersi dei miei passi che risuonavano nell'ampio ambiente.

Quindi mi annunciai schiarendomi la voce, tentando di non apparire nervoso.
L'uomo al bancone alzò gli occhi dal suo foglio. «Buongiorno, come posso esserle utile?» mi chiese con un sorriso.
«Sono stato convocato nella sala del trono, ma non so esattamente come arrivarci... »
«Non si preoccupi, deve semplicemente salire le scale e continuare tutto dritto per il corridoio fino a un portone dorato.» mi spiegò alzando un braccio e indicandomi la scalinata, come se avessi problemi di vista.
Annuii e, dopo averlo ringraziato, mi incamminai verso la mia meta.

La porta della sala si trovava alla fine di un lungo corridoio pieno di specchi. Non ne capivo la funzione, ma non potei fare a meno di scrutare il mio riflesso. Ero un angelo sì, ma non avevo né gli occhi azzurri né i capelli biondi. I miei occhi erano grigi, come le nuvole prima di una tempesta, i miei capelli neri, tipici dei demoni.
Ero diverso, le mie origini mi rendevano anomalo, visto che ero un essere nato dall'unione tra un angelo e un demone.

Mia madre, un angelo, era rimasta incinta di me durante la ribellione di Lucifero nei confronti del Paradiso.
Gli angeli più anziani, ancora rabbrividivano ai ricordi di quelle battaglie. Il signore degli inferi era inquieto e la sua rabbia nei confronti di Dio aveva scatenato una grande guerra ancora molto recente.
Mia madre, come molti altri angeli, era stata rapita e fatta prigioniera all'Inferno. Mio padre, se così si può definire, la violentò.
Prima che la uccidesse, però, gli angeli riusciro a liberare i prigionieri e a sconfiggere i nemici. Lei non l'ho mai conosciuta.

Era molto provata, molto debole, e morì al momento del parto. Sì, si può morire anche in Paradiso.
Quando mia madre è stata liberata era al sesto mese di gravidanza, sei mesi prigioniera degli esseri più spietati dell'universo. La sua anima era stata provata fino allo stremo delle forze, e non c'era modo di guarire le ferite dello spirito. Penso che lei abbia resistito solo per potermi dare alla luce. Era quello che la teneva attaccata alla vita.

Sospirai guardandomi negli occhi. Tutti quelli che l'avevano conosciuta mi avevano detto che erano come i suoi. Chiari, limpidi e gentili.
Scossi la testa e tornai a concentrarmi sul portone.

Forse avrei avuto qualche problema sul come aprirlo. Era alto almeno il triplo di un uomo, non aveva decorazioni e i suoi battenti erano chiusi con solo due pesanti anelli che fungevano da maniglia.
Non avendo il potere della forza sovrumana, mi guardai intorno cercando un possibile campanello da suonare farsi aprire.
Stavo già pensando di andare a chiedere al tizio di prima se aveva un rinoceronte nascosto sotto la scrivania, quando la porta si spalancò da sola.

Mi ritrovai davanti a una sala grande quanto un campo da calcio. I muri di un bianco accecante, le finestre alte più di due metri, tutto era ampio e arioso. La trasparenza della pavimentazione non mi disturbò, dopotutto ero abituato a volare.
Addossati al fondo della stanza c'erano gli unici arredi presenti, due troni d'oro e d'argento.

Subito vidi due figure lì sedute. Sembravano due semplici uomini ma sapevo che non era così. Non potevo descriverli perché non avevano dei tratti fissi. La loro forma sembrava cambiare ogni attimo: il colore degli occhi, dei capelli, della pelle, i lineamenti del viso, la stazza del corpo, si transitavano in in continuazione.

Dio in persona mi parlò per primo. «Benvenuto, Beck.» Io mi inginocchiai non sapendo che dire.
«Ti starai chiedendo perchè ti abbiamo convocato.» proseguì lui, facendomi segno di rialzarmi.
«Si,mio signore.» Non sapendo bene come comportarmi, rimasi rigidamente in piedi.
«Rilassati figliolo. Non ti abbiamo convocato per rimproverarti di qualcosa.» Gesù parlando per la prima volta. Io annuii, tentando di riprendere a respirare normalmente.
«Allora.» Dio riprese la parola «Sei qui perché vorremmo affidarti una missione.»
Ebbi un tuffo al cuore. Di solito le missioni erano affidate solo agli angeli più esperti, possibile che avessero sbagliato persona? «Che genere di missione?»
«Oggi una ragazza sulla terra è morta.» Mi informò con rammarico lui. «Assassinata per la precisione. E, oltre a questo terribile destino, ha dovuto subire l'ennesima beffa.»
Li guardai interdetto, domandandomi cosa ci potesse essere di peggio. «È stata catapultata all'Inferno e, prima che potessimo risolvere l'errore, i demoni di Lucifero l'hanno presa in custodia. Purtroppo adesso non possiamo più aiutarla, perchè la mia giurisdizione non si spinge oltre le rive dello Stige.» Lentamente iniziai a capire cosa volessero da me.
«Ora, noi vorremmo che tu scendessi all'Inferno per salvarla e poi portarla qui.» Finito il suo discorso Dio mi rivolse il suo sguardo caleidoscopico, pieno di aspettative.

Io, però, non ero molto sicuro di voler accettare. «Ma perchè proprio io? Oggettivamente, ci sono tanti angeli molto più capaci e esperti di me.»
Gesù sorrise furbamente. «Hai detto bene, Beck, Angeli. Abbiamo scelto te proprio perchè, con la tua natura da demone, riuscirai sicuramente a infiltrarti con più facilità all'Inferno.»

Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. Mio padre non faceva che riempirmi di problemi. Sarei mai stato all'altezza di quella missione? Ero ancora così inesperto.
«Inoltre.» aggiunse Dio. «L'ambiente infernale è tossico per gli angeli che possono resistere solo due giorni lì. Tu invece avrai un limite massimo di quattro giorni per compiere la tua missione.»

Storsi le labbra, non ancora convinto della mia idoneità. «Beck, lo sappiamo che sei ancora molto giovane e che questa è una grande responsabilità.» disse Gesù tentando di empatizzare con me. «Ma sei veramente l'unico che può riuscire. Hai molti vantaggi rispetto agli altri angeli e il destino di quella ragazza dipende da te.»

Mi passai una mano sul viso, ma ormai sapevo che la decisione era presa. Non potevo far finta di niente e rifiutare. Un'anima era in pericolo e dovevo aiutarla.

«Va bene.» affermano, già pentito di quelle parole. I miei interlocutori sorrisero e, a uno schiocco di dita di Dio, un foglio fluttuante mi comparve davanti.

Sopra c'era l'immagine di una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi. Sotto la foto c'erano scritti nome e cognome.
Angelica Skyler.
«Lei è la persona da salvare.»

Angelica all'inferno {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora