«È dunque come temevo».
Dagli Emyn Duir non era possibile vedere Amon Lanc, ma il male che vi aveva preso dimora aveva corrotto la stessa aria di Boscoverde. Thranduil sentiva l’oscurità scivolargli sulla pelle, densa e fumosa.
Il merlo sbatté gli occhi e ruotò il capo. Thranduil gli porse una bacca e, afferratala col becco, il merlo volò via.
Dovevano partire, mettersi al riparo, prima che quel male potesse colpire ancora il suo popolo. E colpirlo più di quanto non avesse già fatto: gli attacchi degli orchi andavano aumentando, di anno in anno, e i villaggi ai confini erano stati abbandonati. Tutto il suo popolo ora viveva con lui intorno agli Emyn Duir, godendo della protezione che la sua presenza offriva loro.
Ma presto non sarebbe stato abbastanza. Dovevano allontanarsi, muoversi ancora verso Nord, dove le foglie erano ancora verdi e il sole splendeva senza alcuna nube a coprirlo. Erano troppo vicini alla fonte di quel male. Troppo per la pace mentale di Thranduil.
Thranduil discese fino a dove aveva lasciato l’alce, tra la vegetazione del monte, e proseguì giù, verso valle.
E se abbandonare Amon Lanc, secoli addietro, fosse stata una scelta sbagliata? Oropher aveva cercato di allontanarsi dall’influenza di Galadriel e dai Nani di Moria, ma quel male non sembrava temere nessuno dei due, non abbastanza da impedirgli di prendere residenza in quella che, una volta, era la stata la capitale del Reame Boscoso.
Abbandonare gli Emyn Duir avrebbe avuto lo stesso effetto? Anch’essi sarebbero diventati parte del dominio del male dell’Amon Lanc? Anche sui loro pendii avrebbe preso dimora la stessa oscurità?
Thranduil doveva correre quel rischio. Non poteva lasciare il suo popolo intorno agli Emyn Duir, non senza una vera fortezza in cui difendersi dalle tenebre. I suoi Silvani non avrebbero patito l’isolamento, gli unici contatti che avevano con gli altri popoli consistevano in quel poco di scambi con gli Uomini che vivevano intorno alla foresta.
Sì, era proprio di quello che Thranduil aveva bisogno: una fortezza. Nascosta e sicura. E, anche se non avrebbe potuto in alcun modo preservare il bosco dall’avanzata dell’ombra, Thranduil poteva contare sul suo potere per rendere almeno la fortezza un luogo di massima sicurezza.
Al limitare della città, Legolas gli venne incontro con una corsa leggera e l’arco in mano.
«Padre!» lo chiamò.
Thranduil arrestò l’alce e Legolas si fermò al suo fianco. «Sono state avvistate strane creature nel Sud della foresta. Sembrano grossi ragni e stanno facendo fuggire gli animali dalle loro terre».
«Appartenenti alla stirpe di Ungoliant» mormorò Thranduil. E così, ecco nella sua foresta, nel suo regno, risorgere ed espandersi il male che avevano sconfitto appena un millennio fa. Non aveva bisogno di prove, sapeva con chi avevano a che fare. Era come lui aveva temuto. Come Arodel aveva previsto.
La pace non dura mai abbastanza, amore mio.
«Dov’è Tauriel?»
Le sopracciglia inarcate, Legolas si guardò intorno. «Ero con lei fino a un attimo fa, eravamo andati a dare un’occhiata a questi ragni–».
«Vi siete spinti a Sud?»
Legolas mosse un passo indietro e annuì.
Thranduil sgranò gli occhi, le mani gli tremarono e lui le strinse intorno alle redini.
«Mai più, Legolas. Mai. Più. Questo bosco non è sicuro come prima, non posso accettare che vi mettiate in pericolo. E per cosa poi?»
Legolas aprì la bocca per parlare ma, con un fruscio, Tauriel emerse dagli alberi, vestita con abiti simili alla corteccia e con la faretra di traverso dietro la schiena. Aveva un grumo di qualcosa sulla spalla sinistra e della terra sulla guancia destra e tra i capelli.
Thranduil non era neanche un po’ sorpreso dalla vista. E aveva ben chiaro chi fosse la mente di quell’idea balzana.
«Non ho mai visto creature simili» disse Tauriel e corrugò la fronte: «Pensi che le frecce possano ucciderle, sire?»
Thranduil scosse il capo. «Troverai la risposta nei libri della regina, ma non abbiamo tempo per scoprirlo ora. Dobbiamo lasciare queste case e costruirne altre in un luogo più protetto. Dopo di che, ci occuperemo di come eliminarli».
Tauriel lanciò uno sguardo a Legolas.
«Cosa vuoi dire, padre?»
«Andiamo a Nord, troveremo un posto sicuro in cui vivere. Ci sono dei monti, lungo il Fiume Selva, che potrebbero offrirci riparo».
«Come il Menegroth di Re Thingol?» chiese Tauriel.
Thranduil annuì. Aveva raccontato loro abbastanza storie sullo splendore del Reame Nascosto, tanto che, a quella sua conferma, gli occhi di Legolas brillarono e Tauriel sorrise.
Ma c’era ben poco di cui gioire: il Nemico era tornato e si stava facendo beffe di lui.
Thranduil sperò che almeno loro due potessero continuare a trovare qualcosa di bello nell’isolamento in cui si stavano rinchiudendo.
«Chiamate tutti a raccolta. Partiamo».
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Le spine della corona
Fanfiction"Ma in cuore a Thranduil era un'ombra ancor più fitta. Aveva visto l'orrore di Mordor e non riusciva a dimenticarlo; e, se mai volgeva lo sguardo a sud, nel suo ricordo la luce del sole si oscurava e, sebbene lo sapesse ormai distrutto e deserto, po...