Capitolo 3

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Quella notte, come ho previsto nel caso in cui avessi infranto la mia promessa di tornare a casa presto, mia madre inizia a farmi la ramanzina. Appena apro la porta di casa vedo lei e Lena in vestaglia da notte, sedute sul divano, apparentemente preoccupate. In effetti non hanno tutti i torti, ma mi fa una strana tenerezza vederle sveglie per me a quell'ora. Mia madre mi urla che stava sul punto di chiamare la polizia, mi minaccia che non mi avrebbe più fatta uscire, anche se mi dovevo trasferire quella mattina stessa, poi mi ordina di andare a letto e fare i conti con la mia coscienza, anche se la mia coscienza ultimamente non sembra esser così consigliera. Salgo di sopra e trovo con sorpresa le mie valige fatte, poi leggo un bigliettino posato su una di esse.

"Non ringraziarmi, ma leggilo domani mattina!"

Accanto c'è un biscottino giapponese della fortuna.

Lena, è stata così premurosa da preparami le valige, mi sento tremendamente in colpa per quello che ho detto alla festa su di lei. Questa notte mi sento una merda, mi è spuntato un callo al piede, e ho un mal di testa allucinante. Non faccio in tempo a posare la testa sul cuscino, che crollo immediatamente, l'attimo dopo vibra il mio cellulare, Ludo mi ha inviato un messaggio.

"Ho appena finito di girare tutta casa ma le tue scarpe non ci sono!".

Leggo quel messaggio quella mattina, mentre sono presa a lavarmi i denti di fretta, e a contare in mente in minuti che avrei impiegato nell'asciugare i capelli. Poi prendo una lametta, e inizio a radermi le gambe, devo indossare la divisa della Beverly e devo essere presentabile. Nella fretta mi faccio un taglio, e poi soffoco un gridolino. "Cazzo..." mormoro toccando la ferita con il polpastrello. "Fanculo a quelle scarpe! non mi importa!" Sentenzio, gettando sul mobiletto del lavandino il turbante che raccoglieva i miei capelli bagnati.

"Sei pronta?" sento la voce stridula di mia madre urlare da sotto le scale.

"Si, arrivo!", rispondo, poi mi do un ultimo sguardo allo specchio, la divisa non mi sta male, è una maglia grigia e una gonna a quadretti grigi e rossi che richiamano il bordo del colletto, i colori sono delicati, non mi dispiacciono, ma sono un po' tristi. Faccio un respiro profondo, mi sarebbe mancata casa e soprattuto la mia camera dove mi rifugio ogni giorno. Afferro le mie valigie, sono un po' troppo pesanti, non voglio lasciare nulla. Soffio un ciuffetto castano dei miei capelli che mi è ricaduto sul naso e poi scendo le scale. Mi guardo un'ultima volta alle spalle, per un attimo voglio mettermi a fare i capricci come facevo da bambina, ma poi penso che forse ha ragione la mamma, questa era la decisione più giusta per noi.

"Buongiorno piccola Lunatica. Ti ricordi ieri sera che ti stavo parlando di Chris?"

È Evy. Leggo il suo messaggio mentre sono in auto e ho appena finito di mangiarmi le unghie. Mia madre e Lena hanno messo un disco anni ottanta, mi sto iniziando già a deprimere, avrei preferito parlare con Evy al solito bar con il nostro solito cornetto al pistacchio. Sospiro e poi rispondo.

"Si, come mai non era venuto alla festa?"

"Ieri mattina avevamo litigato, ha letto i messaggi che ci siamo scambiati io e Joseph per il progetto della scuola, e ha pensato avessi un flirt con lui, è andato su tutte le furie e non è voluto venire alla festa".

"Con Jò? Ma se siamo come fratelli..."

"Appunto! Glielo detto, ma è cocciuto"

"E ora? Avete chiarito?"

"Non lo so..lui vuole sapere la mia password"

"Cazzo ma non si fida? Se vuoi ci parlo io con lui..."

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