Capitolo 2

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[La storia è di mia proprietà, si prega di non copiare per evitare sconvenienti.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Capitolo Corretto.]

Capitolo 2

Mentre Andy è in un'altra stanza a preparare gli strumenti, io torturo il mio labbro inferiore.

È un vizio che ho da tempo, lo faccio quando sono in ansia o nervosa.

Non ho paura degli aghi ma ho paura di quello che viene dopo. Ovvero del dolore diciamo.

Quando all'età di quindici anni riuscì a convincere quella povera donna che mi aveva 'adottata'( un mese e mi ha rispedito all'orfanotrofio) a fare il piercing al naso mi pentì nell'istante stesso. Era più un fatto mentale visto che non ho provato alcun dolore alla fine.

Era tutto nella mia testa.

Ma non posso mettere a confronto un ago sottile che mi procura un misero buco a un ago, probabilmente sottile, che mi perfora la pelle più volte.

Sarà tutto da vedere.

Non riuscendo a stare ferma su quella poltrona mi alzo iniziando a curiosare in giro.

Dietro alla porta ce un poster di una donna di spalle completamente nuda fino a sopra il ginocchio.

Completamente tatuata, è bellissima.

Dalla spalla destra fino a fianco sinistro sono tatuate diverse farfalle di gradazioni diverse. Di un blu scuro sono le loro ali contornate con una spessa riga nera.

Fantastica.

La porta chiusa fino a un attimo fa viene spalancata dal ragazzo con tre piccoli contenitori tra le dita.

<< Pronta? >> mi chiede soridendomi.

Ah, quel sorriso. Sorrideva per davvero lui, non come la maggior parte delle persone che lavoravano al bar di fronte.

<< Se ti dico di no, che succede? >>

ride, è bello quando lo fa, anche più di quando è serio, il che è tutto dire.

<< Dai siediti, cosi prima iniziamo prima finiamo e la tortura dura di meno >> sorride, non il sorriso di prima ma un sorriso come per prendere in giro.

Meno male che dovrebbe rassicurarmi.

Mi siedo sulla poltrona posizionando il polso destro sul tavolino che Andy ha preparato.

Indossa dei guanti blu in lattice prende uno dei diversi strumenti e lo intinge nel colore come se fosse un pennello.

<< Allora se non riesci a sopportare tutto il tempo sei libera di fermarmi quando vuoi, cercherò di essere il più leggero possibile >> sorrise timidamente.

<< uh-uh >> non era proprio un affermazione...

Tiro fino al gomito la manica, metto il braccio destro sugli occhi e cerco di pensare a quanto fossero carini i cuccioli di canguri. E si ho un debole per i canguri.

Il ronzio è iniziato già da qualche secondo ma sento solo la mano di Andy toccarmi l'avambraccio.

Alzo il braccio che avevo sugli occhi guardando girandomi verso il ragazzo. Stava fissando il mio polso.

Non avevo pensato seriamente cosa potessi dire a tal proposito a qualunque sia stata la persona che mi avrebbe fatto il tatuaggio.

Pensavo soltanto che mi avrebbe guardato male, che avrebbe fatto il suo lavoro e che sarebbe finita li, che me ne sarei andata da quel negozio appena finito senza mai ritornarci.

Ma adesso mi sentivo cosi in imbarazzo che avrei tanto voluto scappare e lasciare quello studio il più velocemente possibile.

Alza gli occhi e mi fissa, il suo sguardo è confuso ma allo stesso tempo frustato.

Rimetto il braccio sugli occhi e sospiro.

Un bruciore sul polso destro inizia a farsi strada.

Andy ha iniziato a dipingere.

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Una mezz'ora dopo completa la prima scritta si sposta con la sedia con le rotelle alla mia sinistra portandosi dietro il tavolino e senza dire una parola disinfetta e inizia anche li.

Mi veniva da ridere ma riuscì a trattenermi.

Per quanto avrei voluto fermarlo più volte prima non ne ho avuto il coraggio. Il suo sguardo di pietà nei miei confronti l'ho odiato.

La gente quando scopre mi guarda sempre con pietà. Odio essere vista in quel modo, non devono provare pietà per qualcuno che neanche conoscono.

Con quello sguardo è come se dicessero

"povera ragazza, a quanto pare ci sono persone più sfortunate di noi " e si, non ho la fortuna di avere un lavoro, una famiglia o una persona che mi ami ma non ce bisogno di rinfacciarlo ogni volta.

Mentre sbuffo, probabilmente per la milionesima volta, lui dice

<< Perché lo fai? >>. Mi aveva presa in contropiede.

Perché lo faccio? Sai sono rimasta orfana all'età di quindici anni perdendo la mia famiglia in un incidente stradale e indovina? In quella macchina c'ero anch'io e come sono riuscita a salvarmi non se lo riuscirono a spiegare nemmeno i medici. Potenza divina? Non credo.

I miei parenti non poterono tenermi per questioni economiche e quindi sono stata costretta a girare più orfanotrofi che parchi divertimenti.

Ed ora sono sola.

<< Ho avuto un inizio difficile nella vita >> non me la sentivo di raccontargli la mia storia.

<< Devi imparare ad alzarti con le tue forze >> disse mettendo via l'aggeggio e prendendo da un cassetto delle garze e dello scotch per poter coprire i tatuaggi appena fatti.

<< Non sono in grado di alzarmi da sola.
O almeno ci riesco, ma poi arriva un'altra batosta che mi ributta giù. È sempre più difficile rialzarsi allora >>

Lui continuò a stare in silenzio mentre con delicatezza, mi fasciava i polsi.

Il contatto con la sua pelle quasi non la sentivo per quanto delicatamente mi teneva, come per paura che potessi spezzarmi.

In qualche modo riuscì a rialzarmi.

<< Puoi farcela, devi solo resistere. >>

Come è possibile rialzarsi se appena ci riesci ce qualcuno o qualcosa che ti respinge nella fossa?

Hey Angel~(Andy Biersack)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora