Cap 10

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Levi da quella sera  non riuscì più a trascorrere una notte tranquilla , appena le palpebre si abbassavano per ricoprire l'occhio stanco, i ricordi del moccioso iniziavano  a farsi strada per la sua mente, la sua risata alleggiava nella sua testa come se fosse reale, i  discorsi stupidi che erano riusciti a strappargli un sorriso divennero malinconici, e i suoi occhi verde speranza, brillanti come le stelle nel cielo oscuro della notte, erano diventati spenti ed inespressivi. Erano passate diverse settimane ed il castano continuava ad ignorarlo, invertendo i ruoli, ma Levi sentiva il bisogno di dirgli le cose come stavano, odiava vederlo così.

Come tutte le mattine, si svegliò con due grandi borse viola sotto gli occhi ,  nella sua stanza del penitenziario, la quale comprendeva un letto non troppo comodo, una cucina grande il giusto ed un piccolo bagno fornito di doccia. Quel piccolo spazio lo utilizzava quando era troppo stanco per mettersi alla guida fino al suo appartamento in città, il quale distava 2 orette dal carcere. Si alzò e con passo felpato si diresse in cucina per prepararsi la sua quotidiana tazza di the nero rigorosamente amaro e con qualche goccia di latte,

prese il suo telefono nero  e cominciò a scorrere le notizie del giorno, mentre con la mano libera si portò una sigaretta alla bocca per poi accenderla servendosi di un accendino color verde. Dopo essersi rinfrescato con un doccia tiepida, si vestì dei suoi abiti composti da un pantalone nero elegante, accompagnati da una  camicia bianca con i primi bottoni slacciati, ed uscì dalla porta per poi dirigersi verso le celle a fare il solito appello mattutino.

" Buongiorno nanetto" non sopportava quella voce stridula ed eccitata durante il giorno, figuriamoci la mattina appena sveglio, " Buongiorno un cazzo quattrocchi"  rispose acido come al suo solito, " Mh ci siamo svegliati male stamani eh!" incredibile come la bruna non si dava mai per vinta, nonostante avesse notato la voglia pari a zero di conversare del corvino, continuò, intraprendendo una conversazione quasi in solitudine, " Levi, Levi,Levi, L" non gli permise di continuare quella cantilena che si fermò lanciandogli uno sguardo che avrebbe potuto uccidere, se solo fosse stato possibile, " Mi spieghi cosa cazzo vuoi? Hanji sono le 5:30 del mattino, porca troia, vai a rompere le palle a qualcun atro"

La donna si porto le mani davanti al viso, in segno di resa, " Ok ok scusa volevo  solo dirti che Eren jeager, mi sembra si chiamasse così, non viene più in terapia, devo prendere provvedimenti ?"

" Ci penso io"

rispose con tono freddo ed autoritario, prima di defilarsi e lasciare la terapista leggermente sorpresa: Hanji conosceva bene il completamente del corvino all'intento del carcere, e sapeva con quanta indifferenza e freddezza trattasse i detenuti, ma quella volta dopo aver pronunciato il nome di quel ragazzo, la mora scorse una scintilla illuminare l'iride dell'uomo e mettere fine per un secondo alla tempesta che alleggiava nei suoi occhi.

[..]

" Jeager" si soffermò davanti al ragazzo in piedi davanti alla cella, e notò qualcosa di diverso, le occhiaie di solito poco accentuate, erano diventante molto evidenti colorandosi di un viola scuro, gli occhi stanchi e non più luminosi chiusi a due fessure e l'espressione del viso ambrato sconfitta , " ci sono".

Il corvino proseguí con l'appello ed una volta terminato si ritirò nel suo ufficio per controllare qualche scartoffia, sempre con una camel blu tra le dita ed un posacenere pieno di mozziconi davanti.
Il telefono ,fisso, cominciò a produrre un suono fastidioso, il quale costrinse l'uomo a distogliere l'attenzione dal suo lavoro e prendere in mano la cornetta nera per rispondere.

" Buon giorno Levi, domani alle 10:30 verrà svolto il processo del detenuto Eren Jeager, quindi organizzati al meglio per farmelo trovare davanti al tribunale alle 10:20 in punto"

DARE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora