Capitolo 2

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Erano ormai quasi le 21, ma nella vecchia biblioteca sulla Aral Street si poteva ancora vedere la figura di una giovane ragazza, seduta ad un tavolo in legno chiaro circondata da una grande quantità di volumi.

I lunghi capelli castani erano raccolti in una crocchia disfatta. Alcuni ciuffi le ricadevano sul volto contorto in una smorfia concentrata. Il viso immerso in un libro antico.

လоလ

Elizabeth, questo era il nome della giovane ragazza, era una semplice studentessa universitaria. Frequentava il secondo anno ed era la migliore della classe in tutte le materie. Ciò che però la portava a stare ore ed ore in biblioteca non era lo studio per le lezioni, ma un'enorme curiosità per tutto quello che riguardava la magia.

La biblioteca sulla Aral Street era diventato uno dei pochi luoghi dove venivano ancora conservati volumi che parlavano di essa. La maggior parte degli altri erano stati distrutti, rasi al suolo da quelle persone che si erano imposte come salvatori, purificatori.

Secondo loro la magia portava solo distruzione e tutti quelli che ne possedevano, anche in piccola parte, dovevano venire eliminati.

Sotto questi terribili ideali e convinzioni erano nati i cacciatori.

Elizabeth non ne aveva mai incontrati, ma sapeva della loro esistenza perché vedeva i risultati del loro passaggio. Persone scomparse, uccise. Case, biblioteche, strutture rase al suolo. Grandi roghi di libri ed altri oggetti.

Non si fermavano davanti a nulla pur di adempiere ai loro compiti, inculcati nelle loro menti della paura e dai pregiudizi.

Il solo pensiero di queste persone le provocò un brivido.

Cercò di riconcentrarsi sul libro che teneva tra le mani: "Astrid Aral, la luce nelle tenebre".

Il volume era una biografia della famosa strega a cui era dedicata la biblioteca nella quale Elizabeth si trovava al momento. Era stata la più potente strega di luce degli ultimi trecento anni e si era impegna per garantire uguaglianza fra tutti gli abitanti del mondo che possedevano o meno magia.

La considerava una donna fantastica, un esempio da seguire, tutt'altro che malvagia.

လоလ

Mentre rifletteva una mano le si posò sulla spalla.

<<Cara, non pensi sia un po' tardi?>>

Elizabeth si voltò di scatto per poi trovare accanto a lei Leila, l'anziana bibliotecaria responsabile dell'enorme struttura.

La donna guardò sul tavolo e vide il libro. Sul suo viso apparve un sorriso stanco.

<<Un'ottima lettura, ma un po' pesante per le nove di sera. Non credi?>>

La ragazza dopo aver sentito l'orario prese velocemente il telefono dalla tasca della sua giacca. Guardò lo schermo per qualche secondo ed emise uno sbuffo per poi sbattersi una mano in fronte.

<<Cavolo, non pensavo fosse già così tardi. Scusami Leila, ma ho proprio perso la cognizione del tempo.>>

L'anziana donna le sorrise in modo materno per poi rassicurarla.

<<Oh, non preoccuparti Elizabeth, ma credo che ora sia meglio che tu torni a casa. Immagino che domani avrai lezione. E poi...>> Fece un gesto ad indicare il resto della stanza << ...sto chiudendo e tu sei l'ultima rimasta.>>

Elizabeth si guardò intorno ed arrossì per l'imbarazzo. Raccolse velocemente la sua borsa e la giacca.

Fece un cenno a Leila con la mano per salutarla e la ringraziò.

Si affrettò ad uscire e prese il telefono in mano.

Forse avrebbe dovuto chiamare la sua coinquilina per avvisarla che stava bene e che si era solamente trattenuta un po' più del solito in biblioteca, ma alla fine non lo fece.

La sua amica, se si poteva definire tale, si stava di sicuro avviando per andare ad una festa e non aveva voglia di sentirle dire cosa si stava perdendo.

Mise quindi il telefono in tasca e si avviò verso casa.

 လоလ

Faceva abbastanza freddo per essere ancora settembre, ma questo probabilmente era dovuto al fatto che fosse sera.

Il cielo era completamente nero, nessuna stella che lo illuminasse.

In compenso la luna era enorme e dorata. Era meravigliosa.

Elizabeth immaginò mancasse poco alla fase di luna piena.

Si fermò per qualche secondo ad ammirarla.

<<Quanto è bella la luna. Decisamente più del sole.>>

Una voce che proveniva da dietro di lei la fece sobbalzare. 

Poi accadde tutto così velocemente. Due mani si poggiarono sulle sue spalle ed iniziarono a stringerle con forza.

<<Come mai una così graziosa ragazza passeggia di notte tutta sola?>>

Elizabeth si congelò sul posto e non emise nemmeno un suono.

Le mani a stringere la tracolla della sua borsa. Sentiva il volto della persona dietro di lei sempre più vicina al suo collo.

Aveva paura. Chi era? Cosa voleva da lei?

<<Lo sai piccola umana che non rispondere è maleducaz...>>

Il suo aggressore non riuscì a finire la frase perché la ragazza preso tutto il coraggio che possedeva aveva afferrato la sua borsa e lo aveva colpito con violenza in volto.

Dopo questo gesto Elizabeth si girò rivelando dietro di lei un giovane uomo il quale si teneva la testa, dove era stato colpito.

La ragazza quindi iniziò a correre urlando richieste di aiuto fino a quando venne afferrata da dietro e con una forza sovrumana sbattuta contro un muro.

Un dolore lancinante si propagò per tutta la sua schiena.

<<Oh, non si fa così. Non pensavo che voi piccoli umani foste così aggressivi. Noi due stavamo solo parlando della luna.>> Con queste parole si avvicinò al collo della giovane.

Lei si dimenava e cercava di sfuggirgli. Continua ad urlare cercando di farsi sentire da qualcuno.

La paura era sempre maggiore. Elizabeth si continuava a domandare come fosse potuta finire in una situazione simile. Era forse una punizione per la sua curiosità?

Sarebbe finito tutto così? Eppure sentiva qualcosa di strano, fuori posto. Era sempre stata una combattente, non si era mai arresa.

Ma contro ogni sua aspettativa aveva smesso di urlare. Il corpo si era rilassato. Non cercava più di scappare. Aspettava la sua sorte. Gli occhi chiusi per una paura che non avrebbe mai creduto possibile.

Dopo questi pensieri Elizabeth sentì la presa del'uomo farsi più debole. Era sicura si fosse avvicinato ancora al suo collo:<<Vi credete tanto forti, ma alla fine vi arrendete tutti.>>

Era vero, si era arresa. Aveva smesso di combattere e l'unico pensiero che le passava per la mente era che sarebbe finito tutto in qualche minuto.

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