3. verità

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La verità. Bisogna intuirla attraverso le sue manifestazioni, bisogna capirla e comprenderla e se necessario nasconderla.

Abby odiava la verità. Letteralmente. Preferiva vivere nella finzione piuttosto che stare male nella realtà. Odiava dover accettare le proprie verità, le proprie emozioni e i propri pensieri forse anche perché, essendo cresciuta con degli ideali sbagliati, aveva impresso nella sua mente che la verità equivale alla sofferenza. Accettare la verità sarebbe significato accettare dentro di sé il dolore. E di certo non poteva permetterselo.

Non voleva accettare i fatto che la madre potesse avere un'altro uomo, che il proprio padre li avesse abbandonati, che stesse male con se stessa e che odiasse il suo carattere. Non voleva accettare quella vita che le era stata imposta.

E non voleva nenache accettare di essere dannatamente curiosa di capire le verità che quel cameriere di fronte a lei nascondeva. Voleva conoscere ogni singolo suo particolare, ogni sua piccolezza e ogni suo pensiero.
Non voleva accettare di essere dannatamente intrigata dal ragazzo e dai suoi modi di fare. Ma ovviamente teneva queste verità dentro di se, trasformandole in insicurezze e sofferenza. La curiosità si trasformava in paura, ansia e angoscia.

Odiava non poter avere il controllo di se stessa. Delle sue emozioni.
Odiava non avere il controllo della situazione e non poter modificare le proprie azioni, essendo costantemente bloccata da quelle cazzo di verità.
Odiava essere così insicura. Non poter guardare qualcuno negli occhi per paura che l'altra persona potesse vedere i lati più nascosti della sua anima.

"Se vuoi stacco alle nove"

Non sapeva assolutamente che dire. Non poteva dire di no, sarebbe stato scortese e imbarazzante, poi il ragazzo era anche carino. Ma nonostante tutto c'era quel qualcosa che la bloccava, che la faceva stare in allerta e che le impediva anche di donare una risposta.

Abby cercò dentro di se, di capire se passare del tempo con questo cameriere sarebbe stata una cosa positiva, se questa sua verità assecondava le sue opinioni e le sue teorie ma non riuscì a mettere da parte quelle insicurezze.

"No scusa ma n-non posso" disse alla fine rivolgendo lo sguardo verso la punta delle sue scarpe.

Il ragazzo la fissò stupito per un po evitando di chiedere spiegazioni (evidentemente nessuno lo aveva mai rifiutato).

"Certo beh allora sai dove trovarmi" disse ricomponendosi e con un sorriso d'incoraggiamento, più per se stesso che per altro.

Abby gli sorrise lievemente prima di lasciare il locale.

Perché lo aveva fatto?

***

"Ma mi stai ascoltando?" chiese tutt'un tratto Charlie interrompendo il suo monologo.

Abby interruppe i suoi pensieri e si girò verso il cugino che le stava parlando.

"No" disse con un tono vuoto.

"Perché?" chiese ancora lui prima di infilzare con la forchetta un pezzo di pollo.

"Sto pensando" disse poi la moretta appoggiando la testa nelle mani.

"Sai che novità" disse ancora il ragazzo ridendo. "Pensi a come vestirti stasera o allo smalto da abbinare alle forcine dei capelli?" continuò poi imitando gesti femminili.

"S-stasera?" chiese lei scattando improvvisamente e guardandolo stranita.

"A pensare troppo si dimenticano le cose" disse Charlie appoggiando il bicchiere nel tavolo provocando una risata a Jess, Steve e Emily, i quali stavano assistendo alla loro discussione.
"È il compleanno di mio fratello, andiamo tutta la famiglia a cena fuori in un bar o roba così, pensavo tua madre te lo avesse detto" disse poi infilzando nuovamente il cibo presente nel piatto di fronte a lui.

Come un po tutti, Abby odiava profondamente le cene di famiglia. Oltre ad esserci sempre una perenne confusione, non sopportava la compagnia dei suoi familiari (senza contare Charlie e suo fratello). Sua nonna le faceva sempre "critiche costruttive" riguardo al fisico e le raccontava le sue storie noiose di quando era adolescente, le acide zie la tartassavano di domande sulla vita amorosa e non smettevano mai di ricordarle quanto il suo carattere fosse da migliorare, gli zii ignoranti le chiedevano del college o di quando/se sarebbe tornato il padre e i cuginetti urlavano e la stressavano di continuo. In più dover subire ogni singola persona
ad ogni festività, sempre in un bar diverso e costantemente pieno di persone rendeva sicuramente il tutto più frizzante e snervante.

Dopo aver passato la pausa pranzo a parlare con Jess e il cugino (in mancanza di Sarah), Abby ritornò in aula, nel suo posto vicino alle finestre e aspettò con ansia la fine delle lezioni che sfortunatamente non arrivò molto presto.

Non avrebbe resitito ancora circondata dal caos. Doveva risparmiare i timpani per la sera.

A casa non fece altro che bere succo alla mela e guardare il soffitto, o andare nel terrazzo di camera sua a leggere. Tutte cose che nel complesso la facevano rilassare. Doveva rilassarsi. E bere molto succo. Così da avere la scusa del bagno per assentarsi ogni tanto dalla cena.

Qualche ora dopo, dopo essersi vestita e aver aspettato davanti alla porta come sempre la madre, la quale si era conceduta una lunga doccia "calmante" facendo aspettare inutilmente i figli, Abby e i suoi due conquilini uscirono da casa e raggiunsero il bar dove si sarebbe svolto il compleanno del fratello di Charlie.

La ragazza rabbrividì quando vide la macchina accostare nel parcheggio.

Indovinate un po?

Erano letteralmente di fronte al locale dove, qualche settimana fa, aveva rotto quei bicchieri. E dove aveva avuto QUELL'INCONTRO.

E se ci fosse stato LUI? E se non l'avesse riconosciuta?

Cercò di scacciare questi pensieri il prima possibile. Non voleva sembrare nervosa altrimenti gli altri lo avrebbero notato e le avrebbe chiesto il perché di quel suo comportamento.

Vide Charlie e il fratello Justin venirle incontro. Quest'ultimo corse subito verso Mike. Ed entrambi entrarono velocemente nel locale.

I ragazzetti avevano più o meno la stessa età. Mike andava molto spesso a casa di Justin e insieme facevano di tutto. Avevano un bellissimo rapporto e si volevano molto bene.

Charlie rivolse uno sguardo di incoraggiamento alla cugina e poi insieme si diressero verso la porta d'ingresso.
Appena dentro vennero accolti da un onda di parenti che non si risparmiarono bacetti e pizzicotti sulla guance.

Abby, non appena si liberò dalla stretta della nonna, si andò a sedere con Charlie al tavolo prenotato assieme al resto dei familiari. Il ragazzo si mise di fronte a lei e, vedendola molto pensierosa, la richiamò con un calcio negli stinchi.

"Ahia! Ma perché!" rispose lei massaggandosi il punto dolente.

Charlie fece spallucce e si girò verso il cameriere che si era fermato lì per prendere gli ordini.

"Louis? Sei tu?" chiese ancora il giovane sorridendo e guardando il cameriere.

"Charlie? Da quanto tempo!" disse il moretto con il grembiule abbracciando velocemente Charlie.

Abby non disse una parola. Era lui. Era il ragazzo dei bicchieri. Il bel ragazzo che aveva rifiutato, lo stesso che le aveva tormentato i pensieri per una settimana intera. L'avrebbe salutata? O almeno riconosciuta? Perché lui e Charlie si conoscevano? Perché si faceva così tanti problemi!

"v-vi c-conoscete già?"chiese la mora tremando. E se l'avesse veramente ignorata?

"Oh si! Eravano nella stessa classe di fisica! Era il mio vicino di banco. Ma poi sto coglione ha deciso di cambiare scuola" disse dando una pacca sulla spalla a 'Louis', il quale nel frattempo si stava alzando le maniche della camicia fino ai gomiti.

"Non è colpa mia lo sai!" disse ridendo il cameriere prima di bloccarsi alla vista di Abby. Guardò prima lei poi Charlie, fece un colpo di tosse prese il taccuino degli ordini e, diventando stranamente freddo fece un cenno al ragazzo e si spostò dall'altra parte del tavolo, dov'erano seduti i loro fratelli.

Il caos nel tuo silenzio | Louis PartridgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora