Capitolo II

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Capitolo Secondo

La ragazza si chiamava Estel. L’uomo raccontò che veniva dalla Siria, l’aveva strappata alle grinfie di un temibile mercante di schiavi concludendo un buon affare.

Disse che era figlia di uno dei guerrieri che ad est chiamavano Leoni di Persia, che era una creatura rara, spirito di vento e fuoco, difficile da domare, ma Marius stentò a credere ad una sola parola che uscì dalle labbra sdentate dell’uomo. Era bella, bellissima, forse più bella di qualsiasi donna avesse mai visto a Roma e quei lunghi capelli color rame, gli occhi grandi e allungati di quel curioso colore dell’oro dovevano essere l’unico motivo per cui aveva rischiato di essere venduta ad un costoso lupanare.

Come era d’abito sua madre le diede un nuovo nome latino, più facile da pronunciare e da quel momento la ragazza dai grandi occhi d’oro, fra le mura della villa, rispose al nome di Claudia.

Non la vide per giorni dopo la notte del colloquio. Come le altre ancillae se ne stava rinchiusa nella parte femminile della casa, comparendo accanto a sua sorella solamente durante le ore dei pasti senza mai sedersi alla loro tavola.

Eppure Marius sentiva le altre serve mormorare. Barbara la chiamavano attraverso le stanze, occhi da sirena e capelli di fuoco portavano sciagura sotto il loro tetto, ma Giulia sembrava non badare alle dicerie ed il ragazzo le fu tacitamente grato. Così com’era sempre stato insofferente alla politica tanto lo era nei riguardi della schiavitù. Non aveva visto nulla del mondo, suo padre aveva ragione, ma sapeva di popoli che vivevano liberi, senza senatori né imperatori, senza schiavi né gladiatori.

Combatteva perché doveva. Perché era stato deciso prima che lui nascesse. Diventare centurione, generale, poi senatore dovevano essere le sue uniche ambizioni. Trovare una moglie, darle figli maschi.

Sua madre rideva ora quando si fermavano ospiti con figlie femmine. Al ritorno dalla guerra, diceva sognante, ma le giovani donne restavano lontane, oltre il sangue che ribolliva nell’arena, oltre il clangore dell’acciaio, oltre il battito assordante del cuore. Guardava i loro gioielli, i capelli intrecciati d’oro e si chiedeva quali fossero i loro doveri, se era sincero l’interesse che mostravano per lui o solo un compito gravoso.

Arrivò l’estate ed il suono della voce della ragazza era ancora sconosciuto alle sue orecchie, la vedeva aggirarsi nel peristilio durante il giorno, sua madre le aveva regalato vesti bianche come quelle che indossava sua sorella Giulia, ma c’era un solo fermaglio di bronzo scuro ad ornarle i capelli lunghissimi.

Aveva provato più volte ad accostarsi a lei, sapeva di non poterle parlare, non avrebbe capito una sola parola ed era certo che Claudia non parlasse latino. Più per istinto che per pura consapevolezza, Marius aveva preso l’abitudine di lavarsi nel peristilio dopo gli allenamenti con il gladio, dove era sicuro che lei passasse ogni giorno.

Una mattina, sotto il sole d’Agosto, sua sorella Giulia si accorse di lui. Non parlavano molto da quando Marius aveva compiuto diciotto anni, eppure un tempo erano stati bambini insieme, avevano giocato in quello stesso chiostro fino a cadere addormentati nell’erba. Ora lei era una donna in età da marito e Marius non aveva che il compito di preservare la sua purezza, uccidendo chiunque avesse osato sottrargliela, ma non poteva più ridere con lei.

- Che disastro, fratello! – esclamò trattenendo una risata, forse deridendolo per la polvere di cui era coperto, ma gli occhi scuri volarono sul taglio sottile al suo braccio sinistro.

- Quella ferita sembra seria, lasciati dare un’occhiata. – lo rimproverò a labbra strette, aveva lo stesso volto di sua madre, lo stesso sguardo severo.

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