Capitolo IX

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Il banchetto sembrava essere iniziato da ore interminabili, eppure Marius non poteva che essere distratto. Era grato a suo padre per aver voluto celebrare il suo ritorno tanto calorosamente, di come lo sentiva raccontare di lui agli altri senatori eppure la coppa rimaneva piena di fronte a lui. Le giovani figlie dei generali ballavano timidamente al centro della sala in un fiume d'oro e così anche sua sorella Giulia.

La sola a cui forse avrebbe potuto raccontare quello che era accaduto, i sentimenti che da troppo tempo agitavano il suo cuore eppure al tempo stesso non voleva caricarla di quel fardello o forse era solo paura quella che provava. La sciocca paura di non poterle rimanere accanto.

Padrone e schiava, una storia vecchia come il mondo. Molti dei soldati che conosceva erano figli bastardi nati dal sodalizio fra generali e serve barbare, eppure Marius si sentiva rivoltare lo stomaco al solo pensiero che qualcuno avesse potuto accusarlo di aver solo voluto scaricare certe pulsioni sulla ragazza.

L'amava. Da più tempo di quanto riuscisse a ricordare e non avrebbe permesso al mondo di negare quei suoi sentimenti.

Fissò il lungo tavolo imbandito con occhi vuoti, cosciente del sorriso di sua madre, di quello che stava sussurrando all'orecchio della sua vicina. Avrebbe voluto vederlo sistemato con una di quelle giovani ragazze e Marius avrebbe voluto accontentarla, più di qualsiasi altra cosa, ma ormai non c'era modo di tornare indietro.

- Padre, con il tuo permesso vorrei ritirarmi. – esordì dopo poco voltandosi verso Leontius alla sua sinistra, sorrideva, lo sguardo orgoglioso di chi sta guardando la propria impresa più riuscita.

- Ma certo, Marius. Va pure. – rispose dopo un istante di esitazione ed il ragazzo gli fu tacitamente grato per non aver chiesto il motivo di quella sua momentanea fuga. E per un attimo Marius sembrò cogliere un lampo di consapevolezza negli occhi chiari di lui, quasi sapesse.

Lasciò la sala con discrezione, lanciando un unico fugace sguardo verso sua sorella ancora intenta a ballare, senza voltarsi indietro, senza portare con sé quel vortice d'oro.

Rimase a lungo indeciso sul da farsi, non aveva voluto portare con sé nessuna delle sfarzose lampade ad olio della sala principale, sperando che il buio della casa potesse lenire anche solo per un attimo la sua irrequietezza. Era sempre stato così, dacché aveva memoria. Non era mai stato calmo come l'acqua della vasca del peristilio nelle lunghe notti d'estate, qualcosa si era sempre agitato sotto la superficie.

Era nato e vissuto nelle passioni, nel sangue e nella polvere aveva mosso i suoi primi passi, nulla era mai stato agio e velleità, si era guadagnato ogni cicatrice, ogni vittoria. E quegli stessi sentimenti avevano dominato il suo amore per la ragazza.

Dentro gli occhi d'aquila di lei aveva sempre visto quel fuoco che da una vita guidava ogni sua azione, poteva sentirne ancora il calore, impresso sulla pelle e nel cuore. Le aveva promesso di essere il migliore e lo era stato, ma non le aveva mai promesso che sarebbe tornato, eppure lei lo aveva aspettato.

C'era una strana armonia, un fragile equilibrio in quel loro amore. Si erano amati per anni senza mai essere davvero vicini, Marius aveva marcato a fuoco nel proprio cuore il nome della ragazza senza che mai fosse stata sua, ed ora che quel vuoto, quella distanza erano stati colmati nulla avrebbe potuto impedirgli di legarsi a lei. Lo avrebbe detto al mondo, a che prezzo non aveva la benché minima importanza.

Senza accorgersene il ragazzo si ritrovò nel cortile più remoto della casa, quasi in disuso dato che a poca distanza suo padre aveva predisposto gli alloggi della servitù.

Eppure non erano le voci e le risate provenienti dalla sala del banchetto a disturbare la quiete sopra lo spoglio peristilio. Poteva sentirle mescolarsi alla melodia di più di un flauto traverso, un suono più rozzo di quello a cui era abituato, più concitato, eppure il ritmo era lo stesso a cui sua sorella stava ancora ballando all'interno della villa.

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