Capitolo VIII

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Aveva visto molte volte il Colosseo accompagnando Giulia durante le sue passeggiate, ma mai da quella distanza. Era bellissimo ed angosciante allo stesso tempo, troppo sangue veniva sparso ogni giorno nell'arena polverosa, troppo a lungo i cittadini avevano osservato divertiti poveri uomini dilaniarsi per riavere una libertà che spettava loro di diritto.

- Avevo dimenticato quanto bella fosse la vista. - sorrise Marius alle sue spalle e d'un tratto Estel capì. Molte volte in quegli anni si era chiesta che cosa pensasse il ragazzo nella solitudine di quella stanza ed ora che era lì si sentì perduta. Quante cose non sapeva di lui, quante non ne aveva volute conoscere e se ne accorse guardandosi intorno. La mobilia era semplice, spartana, come si era sempre immaginata.

Accanto all'entrata una serie di pilum faceva bella mostra di sé, seguita da un unico ripiano di pregiato marmo nero su cui erano appoggiati in perfetto ordine una serie di gladi. Il più piccolo e consumato era in scuro legno di ciliegio, l'ultimo era quasi di una spanna più grande, di perfetto acciaio levigato.

Sulla stessa parete tre scudi giacevano appesi, il primo rotondo, scheggiato, poi via, via più grandi fino all'ultimo, squadrato, enorme, con cui l'aveva visto più volte tornare dal ginnasio prima della sua partenza.

Il letto era ampio, ma semplice, in legno laccato con drappeggi color porpora, ma senza gli intarsi che decoravano quello di sua sorella Giulia, ai piedi del quale si trovava un unico grande baule dai lati rinforzati.

Avrebbe voluto chiedere molte cose ed al tempo stesso scappare, impedirgli di spezzarle il cuore con promesse che nessuno dei due avrebbe potuto mantenere, eppure nient'altro che un sorriso salì alle sue labbra quando si voltò per incontrare ancora i chiari occhi verdi di lui.

- Perché avevi paura della septa, Estel? – chiese poi accigliato ed Estel capì che anche questa volta non avrebbe mai potuto ricambiare quel suo coraggio, quella sua gentilezza.

Marius vide le mani di lei stringersi istintivamente ai bracciali di bronzo, lo sguardo dorato che si allontanava per tornare fisso nella notte stellata. Quel gesto pesò sul suo cuore come un macigno, non c'erano parole che avrebbero potuto cambiare la sua condizione, ma forse quel suo amore, si, qualcosa ancora poteva farla.

- Perché tu non ne hai? Se ci vedessero insieme ... ti rovinerei la vita. – sospirò ed i bracciali ancora tintinnavano, l'avrebbe liberata se solo avesse potuto, se fosse stato abbastanza forte, invece quella sua rassegnazione lo feriva tanto a fondo da scatenare una rabbia senza nome.

Cosa avrebbe potuto dirle se non una bugia? Estel era troppo intelligente per credere anche ad una sola delle menzogne che avrebbe potuto raccontarle. Forse per questo lasciò che il suo corpo parlasse per lui, si avvicinò alla schiena esile di lei, coprendola con la propria, sperando che non lo rifiutasse.

Ispirò il profumo delicato della ragazza, le mani che lentamente scivolavano sui fianchi stretti, eppure Estel non si sottrasse. La sentì sussultare appena, immaginò le labbra rosee schiudersi appena per sospirare, ma le dita esili raggiunsero le proprie in una strana armonia. Erano talmente piccole e lisce rispetto alle sue, abituate solo all'acciaio del gladio ed al legno dello scudo, eppure per un attimo Marius si lasciò cullare dall'illusione che quella fosse l'unica donna che avrebbero mai potuto sfiorare.

Avvicinò le labbra alla linea gentile del collo, la stessa che per mesi aveva osservato in silenzio dalla panchina di pietra, ascoltò la ragazza tremare, il respiro farsi appena più svelto, le dita tiepide aggrapparsi alle proprie come mai prima di quel momento.

Marius avrebbe voluto poterle parlare di ciò che stava provando, di quanto il cuore stesse correndo nel petto al solo pensiero di poterla avere per sé solo, ma non era altro che un soldato, le parole non erano mai state il suo forte.

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