Capitolo 1: Amnesia

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-Wow!- Esclamò.
"Questo cielo è limpidissimo. Chissà come ho fatto a finire proprio in questo punto a guardare un cielo così."
Pensò.
Si guardò intorno: era seduto sul ramo più alto di un albero in mezzo ad un bosco.
"Che posto è questo? Non ricordo di esserci mai stato."
All'improvviso ebbe un flash: tre piccole palline a sfumature rosa disposte a triangolo con la punta verso l'alto. Rimase stordito per qualche secondo.
"Che strana immagine, eppure non ricordo nient'altro. Cos'ho mangiato ieri sera?"
Ci pensò un po' poi scrollò la testa.
"Non riesco proprio a ricordare. E non ricordo nemmeno quello che è successo mesi o anni fa, devo aver perso la memoria. Ok, almeno qualcosa di fondamentale ricordo: mi chiamo Elia, ho 15 anni e sono maschio. Mmm... Data la temperatura e l'umidità di questo posto deve essere quasi estate. Non ricordo neanche il giorno del mio compleanno! Sembra proprio che questa amnesia sia stata causata da qualcuno o da qualcosa. Mah! Pensarci ora non servirebbe a molto: se i miei ricordi fossero stati manomessi non potrei farci niente anche perché cercare delle anomalie nella memoria da soli sarebbe piuttosto complicato e occuperebbe troppo tempo utile alla ricerca di indizi."
Fece un bel respiro.
"Dunque, sono vivo, in cima ad un albero, in mezzo ad un bosco, di giorno, solo e senza cibo. Be' il lato positivo è che mi sono svegliato tutto intero e vestito. Svegliarsi senza vestiti non sarebbe stato piacevole, anche perché avrei dovuto necessariamente chiedere aiuto a qualcuno e a quel punto sarebbero stati imbarazzi a non finire." Ridacchiò pensando alla verità dei suoi pensieri. Esaminò i suoi vestiti: indossava una comoda maglietta arancione a maniche lunghe, un paio di pantaloni lunghi viola e ai piedi aveva due comode scarpe da ginnastica nere e grigie. Il tutto era contornato da numerosi graffi e piccole macchie di terra. "Sono abiti comodi e per fortuna sono leggeri!"
Si alzò in piedi sul ramo. Sembrava reggere. Si tastò i capelli. "Meno male che non sono pieni di rametti."
Aveva i capelli di un giallo intenso sparati al cielo a porcospino che ricordavano quelli di uno dei protagonisti di un certo cartone animato in cui i personaggi buoni si trasformavano continuamente per raggiungere nuovi livelli di forza e sconfiggere tutti i nemici che minacciavano il loro pianeta.
Mentre il ragazzo si perdeva di nuovo in contemplazione di quel cielo azzurrissimo senza nuvole, qualcosa saltò sul suo stesso ramo.
Elia si girò incuriosito e si ritrovò faccia a faccia con un grosso e grasso verme rosso. Sorrise al nuovo ospite.
-Ma guarda! Tu devi essere un bellissimo esemplare di Wurmple, cosa fai qui?-
"Stranamente il nome di questo pokemon lo conosco."
Il pokemon emise qualche versetto come se stesse rispondendo.
-Capisco. Eri solo curioso. Be' allora, se non ti da fastidio, potresti dirmi dove ci troviamo?-
La creatura rispose con qualche "Wrumple" e poi strisciò via.
Elia tornò a sedersi sul ramo. "Ora ho la certezza che sono sul ramo di un albero in mezzo ad un bosco. Mi converrebbe scendere ed esplorare un po' la zona..."
All'improvviso un urlo misto ad un ringhio attirò la sua attenzione. Proveniva dalla base dell'albero.
Senza indugio Elia si lanciò verso il terreno. Ebbe solo una frazione di secondo per osservare la scena: un uomo vestito di bianco era messo con le spalle al muro da un Poochyena che gli ringhiava contro minaccioso. Gli occhi del ragazzo passarono da verdi a rossi e istintivamente, come fosse un gesto compiuto mille volte, atterrò a quattro zampe fra l'uomo e il pokemon e ringhiò.
Il suo ringhio echeggiò per tutta la foresta scuotendo i cespugli e facendo scappare tutti i pokemon che vi erano nascosti compreso quel Poochyena.
Dopo un secondo, gli occhi di Elia tornarono del loro colore tipico: verde smeraldo.
Si alzò in piedi.
-Tutto a posto?- Chiese all'uomo.
-Si. Sto bene. Grazie.- Rispose lui.
Elia lo osservò. Aveva i capelli bruni e la barba, indossava degli abiti estivi con sopra un camice bianco da laboratorio e ai piedi portava i sandali, in spalla aveva una borsa a tracolla gialla. L'uomo gli tese la mano.
-Piacere mi chiamo Birch ma sono anche conosciuto come professore pokemon. E tu sei?-
-Elia, piacere professore.- Gliela strinse.
"Che fortuna. Professore vuol dire laboratorio e laboratorio vuol dire città, città vuol dire persone e il tutto può significare nuovi indizi. Sembra che ricordi anche le nozioni base di questo mondo: il concetto di città per esempio."
-Ti ringrazio di cuore, Elia, e dovrò in qualche modo sdebitarmi.-
-Ma no! Non si preoccupi.-
-Posso farti una domanda?-
-Si certo.-
-Mi spiegheresti come hai fatto a ringhiare in quel modo? Sai, io studio i pokemon da una vita ma non mi è mai capitato di sentire qualcosa di simile da un umano.-
-Oh... Be'... Ecco...-
-Si?-
-Non ne ho la più pallida idea! È stato istintivo.- Rispose ridacchiando e lasciando il professore senza parole.
-Comunque professore, se proprio vuole sdebitarsi sappia che avrei bisogno di raggiungere la città più vicina.-
-Ma certo! Vieni con me. Ti porto al mio laboratorio che si trova nel villaggio di Albanova.-
-Albanova? Non l'ho mai sentita.-
-È un paesino della regione di Hoenn, molto tranquillo e ci vivono tante belle persone e c'è addirittura un asilo.-
-Regione di Hoenn ha detto?-
-Ehi! Non dirmi che non hai mai sentito parlare della regione di Hoenn?-
Elia sorrise imbarazzato. -Purtroppo no.-
-Santo cielo! Ma dove vivi?-
-Sa, non ricordo dove vivevo in precedenza perché, anche se sembra incredibile, ho perso la memoria...-
Il professore lo guardò incredulo.
-So che sembra assurdo ma è la pura verità!-
-Ok, ti credo.-
-Di sicuro non mi crederà mai... Come ha detto?-
-Ho detto che ti credo. Non avresti motivo di mentire, giusto?-
-Eh? Se lo dice lei.-
-Andiamo, mi spiegherai bene cosa ti è successo per strada.-
-Si, ha ragione. Grazie mille professore.-
-No, grazie a te.-
E così Elia e il professor Birch si misero in cammino.

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