Parte prima

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SvetlanaYaroslavna Puskovic

Melting snow

Il presente romanzo è opera di pura fantasia.

Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti od esistenti, è da considerarsi puramente casuale.

Prologo

Mosca, Russia

Ancestrale e fulgida stella,

dal recondito cielo risplendi come un diamante.

Tu custodisci i misteri primordiali,

tu vegli materna sul fluire dell'universo.

Dolce astro sapiente,

so che puoi carpire la mia sofferenza.

In questa notte di luna nuova, affido al tuo splendore la mia afflizione.

Conducimi in lei!

E' parte di me e regna nei sogni.

Siamo due ali di una sola farfalla,

due petali di un solo fiore,

due raggi di un unico sole.

Siamo il sentimento che si pronuncia "amore"

Come ogni sera affidai al diario i miei sentimenti. Seduta sul letto, estenuata da una giornata qualunque, ebbi cura di riporre il mio prezioso confidente all'interno di un portagioie, celandolo così a occhi indiscreti. Con uno sguardo fugace all'orologio notai che la mezza notte era appena giunta, cosa mi avrebbe portato il giorno che stava nascendo? L'amore? La felicità? O la libertà? Di certo, nulla di tutto ciò. La vita mi ha voltato le spalle, senza chiedere il permesso; che io viva o muoia non fa alcuna differenza, di certo nessuno si accorge che esisto. La mia anima è vessata dalla solitudine e a ogni giorno che trascorre reputo l'esistenza un inutile calvario dove recondite mete di felicità si prospettano all'orizzonte, ma nessuno mai potrà conquistarle. Sul mio ventre ho tatuato una farfalla ad ali spiegate, ho deciso d'imprimerla sulla pelle per non dimenticare che le ragazze come me hanno diritto a spiccare il volo senza vergogna.

Odio vivere in questo collegio, ma mia zia ha deciso che debbo restarci. Suppongo che il termine " Collegio" evochi alla mente uno spazio angusto e desolato, locato per lo più nel degrado di qualche periferia. Magari, qualcuno immagina che trascorro le mie giornate dietro i vetri di un fatiscente istituto a osservare il mondo che sfugge. Se è questo ciò che pensate, beh di certo vi state sbagliando. Il Majakovskij è ben altro. E non mi stupisco che tale nome suoni estraneo alle vostre orecchie, neanch'io conoscevo l'esclusiva scuola moscovita, almeno fino a due anni fa, quando nella mia abitazione di Fifth Avenue, a New York, giunse quella lettera. " Congratulazioni, signorina Svetlana Yaroslavna Puskovic! Siamo lieti di comunicarle che il suo test d'ingresso è stato superato con il massimo dei voti e di conseguenza, la sua richiesta d'ammissione all'istituto Majakovskij è stata accettata." Attonita davanti alla cassetta delle lettere non credevo a ciò che avevo appreso. Le mie mani tremavano come foglie in mezzo alla tempesta, mentre le lacrime scioglievano l'inchiostro impresso sulla carta. No, non era commozione la mia, semplicemente rabbia. In realtà, alle domande di quel test avevo dato soltanto risposte errate, dunque, la spiegazione logica non poteva che essere una: mia zia aveva fatto carte false pur di spedirmi oltre oceano.

E mi ritrovo qui, in gabbia, a implorare le stelle e a sognare l'amore. Una cupa angoscia mi attanaglia l'anima e finirà presto per soffocare il mio spirito, a quel punto perderò me stessa. Comprendere ciò che provo è arduo. La verità è che non so quanto valga la pena condurre una vita del genere. Ho soltanto sedici anni, ma la mia esistenza vuota e priva d'emozioni mi sta sfibrando l'anima. Orami è da tempo che ho questa consapevolezza di me, non so se tale caratteristica sia inscritta nel mio patrimonio genetico oppure sia un qualcosa di meramente acquisito. Certo è, che non posso parlarne con nessuno, o almeno non con i miei compagni d'istituto; credo che se lo sapessero mi rinchiuderebbero in una clinica psichiatrica, la tolleranza, credetemi non la troverete in questa nazione. Sì, la gente si sforza di accettare chi compie un percorso d'amore differente dal proprio, ma è intrinseco nella loro cultura aborrire ciò che etichettano con l'epiteto " diverso". E' così difficile nascondermi! Sopratutto quando un ragazzo si interessa a me, in quelle occasioni trovo tutti gli espedienti possibili affinché non trapeli nulla. Di solito giustifico il mio disinteresse nei loro riguardi con la classica frase " non sei il mio tipo", ma non sempre riesco ad affrancarmi così facilmente. Dalle ragazze invece sono invisa, certo non da tutte, ma è un cospicuo gruppo in questo collegio a non vedermi di buon occhio. Forse sono gelose dei voti che conseguo, oppure sono così puerili da invidiare il mio aspetto fisico; di certo, aborriscono la mia ostentata fermezza nel respingere ogni genere d' avance che giunge dall'universo maschile.

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