Gold chain

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<<Per quale motivo dobbiamo subire tutto ciò?>> Dissi guardando lui negli occhi, volevo una risposta sensata e il mio sguardo non aveva nessun tipo di esitazione in quel momento.

<<Perché siete spazzatura, orribili mostri venuti dall'inferno stesso>> Sputava parole d'odio che mi procuravano brividi e risentimento, noi venuti dall'inferno? Noi mostri? Ma si erano visti? ci stavano letteralmente uccidendo uno ad uno.

<<Tsk, vestiti e non provare a fiatare o fare qualcosa di assurdo perché in quel caso la morte ti accoglierà a braccia aperte>> mi lanciò i vestiti di prima e io li presi immediatamente per coprirmi appena ebbi di nuovo la libertà di muovere le mie mani.

Vidi lui uscire dal camion, per poi entrare di nuovo e posizionarsi comodo poco lontano da me.
Sentì dopo due minuti il rumore dell'accensione del motore della macchina. In quel istante capì che ci stavamo incamminando verso un grande incubo, obrioso e cupo.

[...]

Penso che passarono più di sette ore di viaggio ma il camion continuava a muoversi e lo sguardo prepotente di quel uomo non smetteva di scrutarmi anche l'anima fino a farmela raggelare.

Ero in un angolino accucciata che mi abbracciavo da sola, portando le ginocchia al petto e i miei unici pensieri erano rivolti solo alla mia famiglia e a quella di Noah, mi stavano mancando le sue piccole battutine da ipocrita. Mi misi a ridere mentalmente a credere a qualcosa del genere. Però mi mancava, era sempre stato accanto a me fin da quando eravamo piccolini, mi proteggeva e si prendeva cura di me come se fossimo uniti da sangue fraterno.

<<Perché non sono potuta andare con gli altri?>> Non so cosa pensai di ottenere chiedendoglielo.

Mi lanciò uno sguardo atroce facendomi pentire di aver aperto bocca.
Sbuffò.

<<Sono un capitano, ti devi rivolgere a me come signore.>> Avrei dovuto portagli rispetto? solo per rimanere in vita.

<<Si... signore>> vidi lui cambiare espressione e un ghigno divertito fa capolino sul suo volto.

<<Impari in fretta, allora ricordati anche di stare al tuo posto e di non farmi domande di cui non servono risposte>> di nuovo sul suo viso si accumula una sfera di nervosismo e antipatia.

'ma che significa?' pensai.

Forse il viaggio durò per altre diverse ore, un mistero per me dato che mi ero addormentata tra le braccia di Morfeo, un sonno tranquillo senza sogni che non provavo da tanto.

[...]

Un rumore sordo mi fece svegliare da quella tranquillità, saltai in aria dallo spavento.

<<scendi>> disse lui tenendo in mano la sua affidata pistola.
Scesi cercando di non fare passi falsi e di non inciampare come il mio solito.

<<Seguimi e non fare cazzate.>> Fu diretto e senza giri di parole. Vidi immediatamente un cancello con una scritta strana "il lavoro rende liberi", chi era il pazzo ad aver inventato una frase del genere?

<<Benvenuta ad Auschwitz, piccola hundin>> non dissi nulla perché dalla angoscia ero troppo concentrata a scrutare soldati ovunque, che portavano al guinzaglio stretto, grandi e rabbiosi pastori tedeschi.
Camminai per ancora un po' al fianco di quel scorbutico soldato e vidi un mucchio di persone con grandi valige e oggetti vari accatastate l'uno con l'altro, spinti all'interno di un cerchio immaginario da alcuni soldati.
E così fece anche lui, mi spinse in quel fardello di persone impaurite, gli diedi un ultimo sguardo prima di venire risucchiata.

Venni spinta in quella orda di persone fino a quando per pura fortuna vidi Noah, era girato di spalle, grandi spalle che potrei riconoscere tra mille, corsi da lui e lo abbracciai da dietro.
Il suo corpo si irrigidì e si girò di scatto.

The DollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora