Glimpse of humanity

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Un rumore secco e incisivo irruppe nella quiete della notte, annunciando l'arrivo imminente della temuta kapò. La sua presenza, anche solo il suono dei suoi passi, riusciva a gelare il sangue nelle vene di ciascun prigioniero. Lentamente, la porta cigolò aprendosi, svelando il volto freddo e gli occhi duri della kapò.

<<Alzatevi, maiali!>> echeggiò la sua voce, strappandoci bruscamente dal sonno. <<Letame, solo letame!>> gridò, e subito iniziò l'appello. I numeri venivano chiamati con un tono che trasmetteva più indifferenza che umanità, e noi rispondevamo come un coro malinconico.

Uno dopo l'altro, i prigionieri si sollevavano dai letti angusti, ognuno col proprio numero impresso sulla divisa logora. La kapò scrutava tutti con occhi di ghiaccio, come se la nostra individualità fosse stata cancellata dai numeri incisi sui bracci.

Dopo l'appello, ci condussero silenziosamente verso i nostri posti di lavoro. La routine di questa prigione si dipanava ogni giorno con la stessa tragica precisione, privandoci non solo della libertà, ma anche della nostra identità.

Sotto il peso della fatica e della stanchezza, una donna anziana, segnata dal peso degli anni e del lavoro forzato, si concesse un breve attimo di riposo. Tuttavia, la sua pausa fu spezzata bruscamente dalla furia di un soldato, che, carico di frustrazione, la prese di mira.

La scena si trasformò in un incubo mentre il soldato, quasi in modo sadico, iniziò a picchiarla con violenza, riempiendo l'aria di insulti acidi. Gli sguardi impotenti delle altre donne testimoniavano la brutalità di un potere dispotico, incapaci di fare altro che assistere a quell'atroce dimostrazione di violenza.
In quegli istanti, il silenzio opprimente del campo di concentramento si contrappose all'orrore di una realtà distorta, dove l'umanità sembrava perdersi in gesti di violenza inimmaginabili.

In quel caos spaventoso però, l'istinto di umanità sopravvisse, non potevo restare indifferente di fronte all'ingiustizia e al sadismo del soldato. Con coraggio, mi feci avanti, cercando di fermare quell'atto brutale.

<<(Basta per favore!)>> Urlai in tedesco.

Nonostante il pericolo imminente, mi posizionai tra la donna anziana e il soldato infuriato. I miei occhi fissarono il soldato con determinazione, sfidando la brutalità che si svolgeva di fronte a tutti. La tensione nell'aria era palpabile, ma il mio gesto audace riuscì a mettere in pausa la violenza, anche solo per un istante.

Io e la prigioniera ci scambiammo sguardi di gratitudine e solidarietà, sottolineando un barlume di umanità in un luogo intriso di disumanità. Avevo dimostrato che, anche in circostanze così avverse, c'era ancora spazio per la compassione e la resistenza contro l'oppressione.

Il soldato, con evidente rabbia dipinta sul volto, mi afferrò i capelli raccolti con forza, uno schiaffo riecheggiò nella stanza mentre mi trascinava senza pietà fuori dalla baracca. Il tonfo dei passi risuonava nell'aria mentre mi conduceva dietro un carro militare, posizionato accanto a un muretto. La tensione nell'aria cresceva, e la paura si poteva percepire chiaramente nei sussurri apprensivi delle persone nelle vicinanze, incapaci di restare indifferenti di fronte alla brutale scena che si stava svolgendo.

Le sue mani mi afferrarono, istintivamente afferrai le sue. Conficcando le mie povere unghie nella sua carne, cercando di rispondere al male che mi procurava. Appena lasciò la presa sui miei capelli, mi strattonò con forza.

Perdendo l'equilibrio, mi scaraventai contro il muro gelido e grigio. Non esitai a posizionare subito le mani sul muro per reggermi, cercando disperatamente di resistere all'assalto.

Si avvicinò a me e mi spinse con il busto al muretto bagnato, obbligandomi a toccare con la guancia la parete fredda, allungò le mani rozze sul colletto di quella povera maglietta e con forza strappò il tessuto orticante, lasciando in bella vista la mia schiena nuda in cui si intravedevano le scapole e la linea lunga della colonna vertebrale, esposte alla luce spenta dell'ambiente circostante, provai un brivido di freddo e di disgusto a causa del fiato caldo del soldato sul mio collo.

<<(Che bella hundin, i tuoi capelli sanno ancora di fresco)>> Dalla sua affermazione, spalancai gli occhi e li chiusi subito dopo.

<<(Ti prego non farlo)>> Sussurrai, cercando di trattenere le lacrime.

Si allontanò leggermente e dopo pochi secondi sentì il dolore allucinante della frusta che mi toccò la schiena, liberai un sospiro, lasciando volare una nuvola di vapore, sentivo già il sangue scorrere dalla prima ferita procurata a causa della grande forza messa in quel brutale atto. Dopo il primo, fu seguito il secondo e così via finché il soldato non si stancò e non durò molto, forse a causa della sua perversione, a causa del suo sadismo che si avvicinò a me, mentre tremavo ancora dal dolore e dalla paura, si preoccupò velocemente di tenermi ben salda.

Mentre con una mano mi teneva il corpo esile, con l'altra si slacciava i pantaloni e in quel momento le mie lacrime stavano facendo a gara a chi sarebbe caduta per prima. In quel momento ho compreso che questo mondo non aveva più senso per me. Ero diventata un guscio vuoto, abbandonato alla brutalità di un luogo cieco e indifferente, circondato da filo spinato, che taglia come lame di rasoio. Questa violenza, confinata in un campo come un'inferno terreno, non avrebbe conosciuto pietà da parte di nessuno.

La sua mano fredda stava entrando nei miei pantaloni rigidi e iniziò a toccare la mia intimità da sopra le mutande in cotone, stavano per venirmi i conati di vomito, quando su di me, sentì uno sguardo che conoscevo già, questa volta però era uno sguardo che metteva i brividi.
A coprire la luce proveniente dalla fessura fu l'immensa figura dell'uomo dagli occhi di ghiaccio. Con le mani dietro la schiena, osservava la scena senza rivelare alcuna emozione.

Anche il soldato si girò di scatto e nello stesso istante sentì il suo tremolio.

Il capitano si avvicinò con sguardo duro, <<(Basta. I tuoi incarichi sono altri e non di certo quello, torna ai tuoi doveri, soldato.)>> La sua voce trasmise autorità, mi guardò attentamente senza muovere un muscolo e appena il soldato si fu sistemato velocemente, se ne andò con molta fretta, in quel momento,mi lasciai cadere, tenendo lo sguardo fisso a terra.

<<Sembra che non hai imparato la lezione, se ti trovi in questo stato>> non risposi dominata del terrore che mi aveva invaso pochi secondi fa.
Anche se lui non si muoveva di un millimetro, i suoi occhi mi accarezzavano la schiena dolcemente e le mie lacrime smisero di scendere, anzi lasciai spazio alla stanchezza, perché il mio istinto suggeriva che potevo permettermelo.















{Come finirà per voi?
Oggi volevo fare una dedica speciale dato che è il 27 gennaio del 2024.
In questo giorno solenne, dedichiamo il nostro pensiero e la nostra memoria a tutte le vittime dell'Olocausto. Che il ricordo delle loro vite spezzate ci guidi a coltivare la compassione, la tolleranza e l'umanità affinché simili tragedie non abbiano mai più luogo nel nostro mondo.
(Anche se ormai questo mondo risulta sempre più corrotto)
E con questa storia, voglio credere che, in mezzo a tutta questa violenza, abbia germogliato un amore che ha contribuito a salvare le vite tormentate all'interno del campo di concentramento e sterminio.}

The DollDove le storie prendono vita. Scoprilo ora