T/n pov's
Il viaggio di ritorno al campo fu silenzioso e lungo. La mia mente era in tumulto, oscillava tra una confusione inaccettabile e una strana tranquillità. Ogni passo che facevo, sentivo un peso crescente sul cuore, un misto di preoccupazione e frustrazione. Avevo lasciato il capitano, che in qualche modo aveva segnato la mia esistenza in modi che non ero ancora pronta a comprendere.
Quando finalmente arrivai alla baracca, il freddo mattutino mi accolse come una lama gelida. I prigionieri erano ancora in dormiveglia, le coperte ammucchiate sopra di loro e i corpi accoccolati nel tentativo di trattenere il poco calore rimasto.
La vista di quel misero accampamento mi fece sussultare, mentre i ricordi della mia breve e tormentata permanenza nella residenza del capitano mi ritornavano in mente.Corsi verso il letto di Noah, che riposava in uno stato di trascuratezza e abbandono. Quando mi avvicinai, lui alzò gli occhi e il suo sguardo si illuminò di sorpresa e gioia, mista a disperazione. Era smagrito, il volto sporco e stanco, ma era ancora lui, il mio Noah a cui non avevo smesso di dedicare pensiero negli ultimi giorni.
<<Dove sei stata?>> chiese con voce rotta dalle lacrime, mentre si alzava e mi abbracciava con forza, il suo corpo tremava. <<Come hai fatto a tornare? È stato quel soldato vero? Ti ha toccata in qualche modo?>>
Senza rispondere immediatamente ai suoi punti di domanda, iniziai a frugare sotto ai miei vestiti, estraendo i tozzi di pane morbido e le salsicce secche che avevo tenuto nascosti prima di partire. Glieli passai con un gesto furtivo, per evitare che gli altri prigionieri già svegli, notassero il nostro scambio. Noah accettò il cibo con mani tremanti, gli occhi pieni di gratitudine.
<<Ho trovato un modo per procurarmi queste cose.>>dissi con un sussurro, cercando di mantenere la voce calma nonostante il battito accelerato del mio cuore. <<Non voglio che tu soffra più di quanto hai già fatto.>>Allungai la mano per accarezzargli la nuca sentendo un pizzicore sul palmo, i suoi capelli stavano già ricrescendo, anche se di poco.
<<Dovrei essere io a prendermi cura di te t/n...>> disse, stringendomi il polso e portandolo delicatamente alla sua guancia. Chiuse gli occhi e mi baciò la mano con una dolcezza che contrastava bruscamente con la durezza del nostro ambiente.
<<Oh, Noah... mi sei mancato così tanto>> mi scese una lacrima di felicità per averlo trovato ancora vivo.
Dopo qualche secondo di realizzazione Noah iniziò a raccontarmi della sua vita nel campo. Mi parlò di giorni monotoni e di come avesse cercato di adattarsi, aveva incontrato altre persone, c'era chi era riuscito a sopravvivere e chi invece non ce l'aveva fatta, essendo lì da più tempo e in condizioni gravissime. Con la voce rotta dall'emozione, Noah menzionò anche la sua famiglia e la mia. Mi spiegò che, attraverso il suo lavoro di trasporto di merci e materiali dentro e fuori dal campo, era riuscito a incontrarli. <<Ho visto la tua famiglia.>> disse con voce bassa. <<Non ho potuto parlare molto con loro, ma mi hanno detto che stanno bene, o almeno, così sembrava.>> addentó poi il pane insieme al pezzo di carne.
Il mio cuore si strinse a sentire le sue parole. Erano giorni che non avevo notizie di loro. Ma mentre lo ascoltavo, mi rendevo conto che non era solo la nostra situazione a essere difficile: era tutto il mondo attorno a noi a essere marcio e crudele, mentre il capitano, con tutto il suo fascino ambiguo e la sua imponente presenza, aveva confuso i miei sentimenti, aggiungendo un ulteriore strato di complessità a una realtà già insostenibile.
Mentre Noah continuava a parlare, io mi persi nei suoi racconti, tentando di focalizzare la mia mente sul presente, sul qui e ora. Il ricordo di quello che avevo vissuto nella residenza del capitano era come un'ombra persistente, e mentre il cibo che avevo portato gli dava nuova energia, io mi sentivo intrappolata tra due mondi: quello della sopravvivenza e quello del dolore e della confusione interiore.
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The Doll
FanfictionUna ragazza ebrea viene deportata in un campo di concentramento dove la sua unica ancora di salvezza è di diventare la bambola manipolata dalle mani di un soldato nazista, per il quale dovrà subire delle atrocità disumane, ma è possibile che in ques...