capitolo 3||il boschetto

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era incredibile come ogni semplice frase mi distruggeva dentro.
tradita 3 volte, violentata, abusata, presa in giro.

non ce la facevo, avevo bisogno che qualcuno mi capisse, e per una volta non il muro.
c'era anche un altro favoloso problema: la scuola.

tra poco, ovvero una settimana, finiva la scuola, e finalmente era estate. la paura di essere bocciata si faxeva sempre più forte, tanto dal voler tornare nel passato a quando dicevo "chissene frega della scuola".

non volevo deludere tutti quelli che avevano creduto che io ce la potessi fare, ovvero nessuno. neanche io credevo in me stessa, e questo mi faceva male.

vaffanculo a chanel, non si merita quei 9 o 10 che sta prendendo, glieli danno solamente perchè è alle elementari.

quella che soffrivo, qui, ero io.
seduta sulle gambe di mio fratello, a piangere. mi ricordava una scena già vissuta, era tutto cosí banale.

<senti, mi dici che hai in questi giorni?>mi domandò tancredi, cercando di farmi calmare, ma la situazione non migliorò.

continuavo a piangere, non riuscivo a smettere, probabilmente stava uscendo tutto quello che tenevo dentro da giorni.

scossi la testa, per paura di essere giudicata come le altre volte. lui annuí, facendomi capire che potevo parlargliene.

scossi nuovamente la testa, capendo che erano cose troppo private da dirgli.
tanc sbuffò, non dicendomi più niente.

mi alzai lentamente dalla sedia, uscendo dalla cucina.
era stanca, stanca di soffrire.
volevo porre fine a queste tragedie.

<michelle!>urlò, probabilmente gianmarco, dal piano di sopra.
non sapevo cosa fare. tutto era cosí strano, mi sembrava di rivevere ogni misera scena.

mi scese una lacrima, poi, corsi verso la porta di casa, e uscii.
il cielo parlava da solo, c'erano molte nuvole, come nella mia testa.

non mi ricordavo nulla. ma non perchè avessi subito un vuoto di memoria, ma perchè la mia testa da sola non riusciva ad elaborare le cose efficentemente.

corsi il più lontano possibile, cercando di allontanarmi maggiormente dalla presenza umana.

mi ritrovai in un boschetto, non ci ero mai stata, e proprio per questo ero spaesata.

avevo appena deciso di passare la notte contro la corteccia di uno di quegli alberi incontabili.

non volevo parlare con nessuno, nemmeno con la mia anima.
già il sole era cominciato a scendere, come la mia voglia di vivere.

mi appoggiai, come deciso poco prima, ad un tronco di un albero, chiudendo subito gli occhi.

il telefono l'avevo lasciato a casa, di proposito.
la notte passò veloce, e mi risvegliai con il rumore di un picchio che batteva contro un albero.

pensai ai ragazzi per un instante, magari era preoccupati. in effetti non ero stata molto corretta, non avevo avvisato nessuno.

c'era un problema: se qualcuno avesse voluto ferirmi durante il tragitto avrebbe avuto tutte le possibilità.

sperai in meglio, non dovevo farmi abbattere cosí facilmente.
cosí, mi alzai dal comodo terreno selvatico e mi incamminai verso la strada di casa.

questa 'pausa' dalla vita mi aveva fatto riflettere, mi era servita insomma.

arrivai nel sentiero per la mia dimora, e in un battibaleno mi fiondai nal giardino, ovvero l'unico posto in cui avevo la certezza che nessuno potesse rapirmi o cose simili.

almeno, prima di uscire, avevo intelligentemente preso le chiavi.
cosí aprii ed entrai.

c'era la luce della cucina accesa, porca troia.
sospirai profondamente. infondo era mio fratello, non poteva uccidermi, no?

sapeva benissimo quali erano i miei punti deboli, e sapeva ogni volta ferirmi al meglio.

decisi di affrontare il mio destino senza 'paura'.
molto silenziosamente entrai nella stanza, mentre la pancia mi stava scoppiando dall'ansia.

<ma sei stupida?>mi domandò tancredi, appena si fu accorto della mia presenza.
certo non era una cosa carina da dire alla propria sorellina, ma ok.

<tu sai che la mia pazienza ha un livello, ma cosí hai esagerato>disse lui puntandomi un dito contro.

<voglio sentire la spiegazione, per prima cosa>disse facendomi posto di fianco a lui.
respirai profondamente e mi accomodai.

<volevo staccare un attimo, ero stanchissima di tutto, mi stavate riempendo la testa, tanc>dissi io in cerca di fargli pena, ma senza piangere o piagnucolare come il mio solito.

<e ti pare il caso di scappare di casa senza neanche prenderti il telefono?>ribattè. era la prima volta che purtroppo gli davo ragione.

scossi la testa.
<non ho pensato a voi, volevo per una volta prendermi una pausa da tutto>dissi io, continuando la discussione.

<questo mi fa capire quanto tu sia responsabile>mi zittí, non sapevo che cos'altro dire.
<hai 17 anni, michelle, ormai hai l'età di capire da sola che quando è troppo è troppo, mh?>mi domandò, più seneramente.

annuii, guardandolo negli occhi.
<non mi devi fare preoccupare, capiscilo da sola>disse terminando il discorso, durato non più di tanto.

abbassai lo sguardo, questa volta mi ero pentita di quello che avevo fatto.
<scusami>dissi buttandomi nel suo petto.

sorrise, per poi coccolarmi la testa.
<dopo, nel pomeriggio, ti prendi la tua punizione, ora vai a prepararti>mi disse lui, io obbeddii.

mi alzai e mi diressi verso il bagno. sbuffai, non mi andava di passare tutte queste ore con l'ansia, ma mi toccava.

***
era stata un mattinata bruttissima, dato che nel pomeriggio le prof avrebbero fatto gli scrutini.

tornai a casa, come sempre, con zoe. non mi guardava neanche in faccia ormai.

andai in camera mia, ad appoggiare lo zaino. poi scesi, pronta a subire la mia punizione.

avrei pranzato dopo, dato che non riuscivo a causa dell'ansia.
trovai tancredi in salotto, con tutti gli altri.

gli feci segno di alzarsi, e di venire in camera mia.
e cosí fece, felice che avevo ubbidito.
entrammo, dopo aver salito le scale e percorso il corridoio, nella mia stanza.

<siediti n'attimo sul letto>disse lui, freddo.
mi sedetti, impanicata di come mi avrebbe voluto punire.

<allora, sai anche tu che hai sbagliato e che delle sculacciate non te le toglie nessuno, ma è importante che capisci il tuo errore, okay?>mi disse nettamente, facendomi annuire.

da quando avevamo parlato era più giusto. mi puniva solo e solamente se ce ne era bisogno, e prima di punirmi mi spiegava il perchè e mi faceva capire l'errore.

ero felice di questa cosa, era finalmente cambiato.
<sù, togliti i pantaloni e stenditi sulle mie ginocchia>disse lui, facendomi deglutire.

ormai le sculacciate non mi facevano ne caldo ne freddo, era solo un' umiliazione ecco.

mi abbassai i pantaloni, restando in mutande, e mi accomodai sulle sue ginocchia. che brutta sensazione.

mi circondò con un braccio un fianco, e con l'altro era pronto a battere a mano aperta una bella sculacciata sonora sul mio sedere.

𝒔𝒑𝒂𝒛𝒊𝒐 𝒂𝒖𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆💜
eii ciao amici, volevo solo avvertirvi che non mi sono dimenticata di chanel ahah, arriverà di nuovo nel prossimo capitolo credo!

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