7 - PRIMA O POI SAREBBE SUCCESSO

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"Era l'ultimo, questo... un addio dolce amaro"

Mi ero mangiata tutte le unghie fino ad arrivare alla carne e sanguinare. Me n'ero accorta solo dopo che Takeru mi aveva rimproverato e fasciato un dito, quello più martoriato; gli altri erano rimasti in balia dei miei denti e delle mie emozioni, sempre più opprimenti e accorate.

Continuavo a pensare alle parole di Lattner e più ci pensavo, più sentivo ribollire in me il desiderio di alzarmi, uscire dall'aula, prendere la prima porta che conduceva al giardino e una volta fuori, dopo aver preso una boccata d'aria, gridare.

Gridare tutto. Gridare fino a perdere la voce.

Buttare fuori il bello e il cattivo. Più il cattivo, ultimamente.

"Era l'ultimo, questo... un addio dolce amaro"

Richiusi un con colpo secco lo sportello dell'armadietto, facendo sobbalzare Takeru poco distante da me. Mi lanciò una di quelle occhiate inquisitorie ma ebbe l'accortezza di non fare domande.

Sapeva quando non era il momento. E quello di certo non lo era. Forse era la mia faccia a parlare, con quelle espressioni così trasparenti e poco diplomatiche. Un libro aperto che a volte avrei preferito custodire segretamente.

Il primo giorno al Missan era finito e lo avevo masticato e sputato come il peggior boccone mai dovuto assaggiare. Un vero schifo. Ed era tutta colpa di Lattner.

"Era l'ultimo, questo... un addio dolce amaro"

Lasciai uscire l'aria con un sibilo, stringendo i denti fino a sentirli stridere.

«Stasera lavori?» domandò Ramones, impilando alcuni libri e ficcandoli dentro lo zaino senza troppe cerimonie.

Mi limitai ad annuire.

«Vuoi che ti passo a prendere?» chiese, gentile. «Magari io e Giappon-fake ti portiamo al cinema o a ballare.»

Apprezzavo l'impegno che metteva per farmi tornare di buon umore ma in quel momento volevo ritornare a casa, afferrare il cuscino a due mani, affondarci il viso e piangere. Piangere, sì!, proprio io. E anche gridarci qualche parolaccia che non vi starò qui a precisare. Potete però immaginare le più brutte.

«Ti ringrazio... ma no.»

Diversamente da come avrebbe fatto di solito, lasciò cadere la proposta nel silenzio più totale e mi seguì lungo i corridoi del Missan. Anche Takeru si accodò a noi, facendosi spazio nella ressa di collegiali che finita l'ultima ora volevano lasciar l'edificio il prima possibile.

Nessuno dei due sapeva quel che era successo dentro quella classe tra me e Lattner; eppure, quando ero uscita, sia Ramones che Takeru avevano capito immediatamente che qualcosa non andava e mi avevano scortato in aula senza perdermi d'occhio un secondo. Da lì, fino alla fine delle lezioni, ero stata monitorata in silenzio. Nessuna invadenza. Nessuna domanda.

Apprezzavo la loro preoccupazione e premura, e l'apprezzavo ancor più perché riuscivano a non farmi pesare il mio mutismo o il mio cattivo umore. Rispettavano i miei spazi e questo, per me, valeva più di mille parole rassicuranti.

"Era l'ultimo, questo... un addio dolce amaro"

Mi strizzai la base del naso, cercando di arginare il fluire di pensieri sempre più negativi. Ogni volta che le parole di Lattner si ripetevano dentro la mia testa il lucchetto che teneva chiusa e arginata la mia rabbia, cedeva un po'. Solo un po'.

La sentivo scuotere la porta della sua gabbia, supplicando a gran voce di poter uscire. Non ero certa però di esser capace di controllarla una volta sguinzagliata.

Problema Pericoloso - Joker (vol.3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora