16 - ANNIVERSARI

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Ero tornata in punta di piedi, sola.

Lattner non era passato a prendermi al lavoro e il ritorno mi era pesato come un macigno.

Ad ogni passo la mia mente era tornata a Joker, al suo sorriso verso lo schermo, verso me; alle allusioni sottili che aveva fatto e che io avevo colto benissimo.

Era stato un rientro pesante e totalmente privo di quella leggerezza che avevo potuto assaggiare solo per qualche ora prima che lui tornasse prepotentemente a rovinarmi la vita.

Quando ero arrivata a casa mi ero tolta le scarpe in silenzio e Muffin era venuto a prendermi in corridoio, un rito che era ormai diventata abitudine. Mi aveva scortato in sala come solo un gentil-gatto sa fare e poi era andato ad accomodarsi nel suo angolo preferito della poltrona.

Ero convinta che avrei trovato Lattner addormentato sul divano, invece era lì, immerso in pile e pile di compiti. Si grattava la testa con il tappo di una bic rossa, mormorando formule e scarabocchiando qua e là correzioni. Così assorto nel suo mondo da non sentirmi.

Non appena si accorse di me, immobile sul ciglio dell'entrata da qualche minuto, per poco non gli prese un colpo; sussultò così tanto che la penna gli schizzò via dalle mani poi strabuzzò gli occhi e si tolse i finti occhiali da vista per accertarsi che non fossi un'allucinazione. «Ma che ore sono?»

«L'una e mezza.»

Si alzò di scatto dalla sedia, colpendo la pila con una manata. «Cristo Santo, Robin! Ho perso la cognizione del tempo, mi dispiace!» Si stropicciò gli occhi stancamente. «Tutta colpa di questi dannati ragazzini che non capiscono un cazzo di matematica» sbottò, fissando con disappunto le due pile.

«Vorrei ricordarti che quei dannati ragazzini sono miei coetanei... e che io stessa non capisco un cazzo di matematica» cercai di sembrare offesa ma non riuscii a nascondergli il sorrisetto che mi era spuntato. Mi divertiva il suo lato da professore.

Lattner sbuffò una risata, passandosi le mani nei capelli arruffati. I piercing alle orecchie si impigliarono in alcune ciocche dandogli un'aria trasandata ma pericolosamente provocante. «Touché.» Il suo abbigliamento da casa era semplice, il più casual dell'universo, eppure su di lui l'effetto era sconcertante; o forse ero solo io che mi esaltavo più del dovuto. Indossava dei pantaloni di una tuta blu pieni di macchie di vernice bianca e sopra, abbinata, una semplicissima t-shirt color avorio che gli aderiva al corpo muscoloso mettendo in evidenza le spalle larghe e la vita stretta; ma anche i muscoli degli addominali tenuti saggiamente nascosti dal leggero tessuto della maglia.

Guardarlo, in questi momenti si trasformava in un piacere che da tempo avevo smesso di contrastare o negare. Anzi, guardarlo era tra le mie attività preferite.

Quando si staccò dal tavolo, raggiungendomi, pensai volesse baciarmi, invece mi prese per mano, intrecciando le sue dita alle mie. Quella stretta calda, delicata e familiare, sciolse in parte i miei pensieri ossessivi delle ultime ore. «Giornata pesante?» domandò, studiando il mio viso.

Era facile leggermi. Soprattutto per lui.

Riflettei sull'ipotesi di raccontargli o meno di Joker. Ci eravamo promessi sincerità totale. «Sì, abbastanza.» Decisi però di tener la cosa per me, ancora per un po'. Alla fine potevano essere tutte mie inutili paranoie, congetture che lo avrebbero solo allarmato senza motivo. Era troppo presto per gridare 'al lupo'. Io stessa volevo credere di essermi sbagliata. «Tanta gente, tanto lavoro... ma buone mance in compenso.»

Indietreggiando verso il divano, senza staccare lo sguardo dal mio e senza lasciarmi la mano, accennò un breve sorriso. Era stanco anche lui, si vedeva. «Sembra proprio che ti serva del riposo.» Cozzò contro il bracciolo, sedendosi sopra e tirandomi verso di sé.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 31, 2022 ⏰

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Problema Pericoloso - Joker (vol.3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora