𝖷𝖫𝖨

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«Puoi smetterla di fissarlo in quel modo?»

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«Puoi smetterla di fissarlo in quel modo?»

«Fisso chi mi pare e come mi pare, Kaori.»

«Sei inquietante. Non hai fatto altro da quando è arrivato.» Lo ripresi, guardandolo male. Mio fratello in tutta risposta si massaggiò il mento nervosamente, osservando i ragazzi giocare.

«Tu che cosa avresti fatto al posto mio? – girò la testa verso di me, accigliato, mentre gonfiai le guance – Non è stato uno bello spettacolo vedere come quello lì, – indicò senza troppe cerimonie la figura di Akaashi sotto rete – ti stava visitando le tonsille.»

Gli schiaffeggiai il dorso della mano infastidita dal suo atteggiamento. «È maleducazione indicare le persone, sai?» sbuffò. «E poi so badare a me stessa. Non ho bisogno delle tue prediche. È un bravo ragazzo.»

«Come il coglione del tuo ex?»

Sentì il sangue salirmi al cervello e strinsi le mani in due pugni stretti. Non lo sopportavo più. «È... È diverso, okay? Sono due persone completamente diverse e opposte: Keiji è diverso. Non tutte le persone sono così inaffidabili come credi.»

Keishin in risposa rise nervosamente.

Tenere una conversazione del genere mentre la Karasuno si scontrava con la Fukurodani non era il massimo della professionalità. Ne ero consapevole. Stavamo discutendo da più di dieci minuti e nessuno dei due voleva mollare l'amo: Keishin continuò a tenere in alto la sua idea che Keiji, per quanto fosse un bravo giocatore, non si fidava di lui poiché era pur sempre un ragazzo con gli ormoni a palla. E poi c'ero io che continuavo a ripetergli che si sbagliava, che Keiji fosse veramente una brava persona che mi rispettava e mi voleva bene.

Sorvolai quando mi chiese come ci fossimo avvicinati; non potevo dirgli che gli avevo chiesto obiettivamente di venire a letto con me perché mi sentivo sola, avendo bisogno di sfogare le mie proprie frustrazioni con qualcuno. Sarebbe stata la volta buona che mi avrebbe rinchiuso in casa per sempre. O per l'eternità.

«Perché hai accettato che la Karasuno si scontrasse con la Fukurodani? Non è un comportamento da buon allenatore, il tuo!» Sbottai, fregandomene se avessi attirato l'attenzione dei coach avversari. Persino Takeda-sensei, Kiyoko e Hitoka restarono in silenzio.

«Il mondo non gira solo attorno a te, Kaori. La squadra ha bisogno di allenarsi, scontrarsi con i più forti per il torneo primaverile. Dovresti saperlo», il suo tono piatto mi fece digrignare i denti. Non volevo essere il centro dell'universo, ma non poteva continuare a trattarmi come una bambina, un'adulta quando gli conveniva e una donna matura per ricevere consigli. Dannazione! Era così opprimente.

«A proposito, hai detto a loro del tuo trasferimento? Mancano pochi giorni.»

Spostò gli occhi dai giocatori e li puntò severamente nei miei. Per uno strano motivo, quel giorno mi sentivo fin troppo vulnerabile, e le lacrime minacciarono di uscire.

Ace: The number one. [Haikyuu!!]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora