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Se c'era una cosa di cui non dovevo preoccuparmi era la fiducia che risedevo per la mia squadra

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Se c'era una cosa di cui non dovevo preoccuparmi era la fiducia che risedevo per la mia squadra. Le ragazze si stavano preparando per il primo torneo il quale ci avrebbe mandato direttamente in finale. Da come avevo capito, i giudici ci avevano dato la possibilità di giocare – sia a noi che alla squadra avversaria – in modo tale che le migliori quattro andassero in finale.

In quel momento, ero seduta sulla panca di legno nello spogliatoio, mentre le ragazze parlavano tra di loro su varie schiacciate, passaggi e difese; pensai che incerottarmi le dite fosse stata la cosa giusta da fare.

In uno dei tornei della Karasuno, specialmente contro la Shiratorizawa, mi venne da pensare Tendo e alle sue dita lunghe e affusolate mettersi uno o più cerotti.

All'inizio pensavo che fosse solo un modo per avere più "stile", ovvero da sociopatico qual era, ma in realtà avere le dita bloccate dava l'opportunità di non rovinarsele tantomeno spezzarsele per la pressione che si metteva nel schiacciare la palla o difenderla, mandandola nel campo avversario.

Avrei usato una buona strategia oltre a quella di non ripetere lo stesso errore dell'anno scorso.

«Ukai-kun?» Alzai lo sguardo dalle mie dita ancora particolarmente scoperte e guardai Fraya che mi sorrise. Poteva sembrare strano, ma adoravo il suffisso -kun; mi ricordava di come mio fratello aveva il rispetto che si meritava e anch'io... al maschile. «La coach vuole parlarti prima che ci chiamano.»

Aggrottai la fronte sorpresa e annuì, alzandomi dalla panca. «Okay! C'è anche il Dottor Yagami?»

«Sì, ti stanno aspettando nell'infermeria», rispose giocherellando con i pollici; lanciai un'occhiata veloce all'orologio appeso alla parete e mi bagnai le labbra.

«Mancano dieci minuti prima che tocchi a noi...», mormorai soprappensiero. «Okay, uhm- Se non dovessi tornare prima, raggiungete comunque il campo per fare riscaldamento. Vi raggiungerò subito.»

«Agli ordini, capitano!» Canzonò e sbatté un piede a terra, mimando con la mano tesa il saluto da militare. Ridacchiai, scuotendo il capo arresa dai suoi atteggiamenti strani e mi incamminai fuori dagli spogliatoi, vigile.


Tre tocchi e un passo indietro. La porta venne spalancata prontamente dal medico di fiducia, – come se stesse aspettando impaziente dietro alla porta il mio arrivo – invitandomi ad entrare con un cenno, spostandosi di lato per lasciarmi il varco libero. In religioso silenzio, ubbidì, andandomi ad accomodare su una sedia qualunque, di fronte alla coach Tamiako, mentre Yagami-san chiuse la porta.

Li guardai uno per uno. Invertendo le occhiate curiose che li rifilavo. Perché mai tutta questa urgenza prima dell'inizio del torneo? Eppure mi ero comportata bene, senza trasgredire nulla, per tutta la durata – di due mesi – dei duri allenamenti.

Ace: The number one. [Haikyuu!!]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora