Cap 9

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Quella sera Liah non riuscí ad addormentarsi. La sua guardia del corpo tormentava la veglia, portando fastidio e rancore. Aveva bisogno di convincersi che non doveva essergli grata del fatto che le aveva salvato la vita, era il suo lavoro, veniva pagato per quello.
Si rigirò più volte nel letto cercando una posizione comoda, impresa impossibile quando si è nervosi per qualcosa.
Sentí improvvisamente caldo e il suo cuscino si era trasformato in un ammasso di fuoco. Le coperte la tenevano troppo stretta. Si liberò urgentemente da esse, ma ora anche il materasso si era fatto bollente.
Si alzò in piedi, ignorando la figura alta di Mr. N. che riusciva a scorgere nel buio del corridoio con la coda dell'occhio. Poteva sentire il suo sguardo premerle addosso come una pressa.
Si trascinò fino alla porta del bagno e, chiudendosi dietro di essa, si tolse la maglietta del pigiama.
Trovò il lavandino vagando nel buio e aprí il rubinetto, bagnandosi il viso con l'acqua fresca.
Si sedette sulla tazza chiusa e rimase a fissare il vuoto, mentre piccole gocce le colavano ancora lungo il mento.
Si addormentò in balia del silenzio.
                                            . . .
Gli uccellini cantavano allegri sui rami degli alberi fuori la finestra aperta della camera di Liah. Il sole penetrava attraverso il caldo vetro, illuminando i piccoli mulinelli di polvere che danzavano nell'aria.
La sveglia suonò, irradiando la stanza con il suo rumore sordo e fastidioso.
Il ritmo insistente e irregolare si spense all'improvviso, ma la ragazza non aveva cliccato il bottone per disattivarla.
"Buongiorno" sospirò una voce nella penombra.
Il cuore di Liah perse un battito. Si alzò di colpo, facendo finire i suoi capelli morbidi e scompigliati attorno al suo viso assonnato.
Prese un attimo del suo tempo per rendersi conto di cosa non andasse. Ricordò la notte precedente, quando si era addormentata in bagno.
La ragazza guardò il suo petto. La maglia del pigiama lo copriva perfettamente, piegandosi dolcemente sui suoi fianchi in migliaia di minuscole onde.
"Si è addormentata in bagno ieri sera. L'ho riportata a letto in modo tale che si trovasse più confortevole per dormire... La tazza di un gabinetto non concilia il sonno come il suo corpo ha bisogno che faccia" rispose lui con voce tranquilla, come se avesse capito che la ragazza necessitava di spiegazioni in quel momento.
"Si, ma io... Ero-cioè... Voglio dire... Non avevo la maglietta" rispose lei arrossendo violentemente.
"Le ho già spiegato che la sua salute è prima di ogni altra cosa, pertanto, lasciarla dormire mezza sdraiata sopra un gabinetto non rientra nelle cose che il suo corpo esausto può ancora permettersi di fare, senza pagarne le conseguenze" rispose lui guardando dritto davanti a sé.
Liah scosse la testa. Lo pagano anche per questo, ripeté.
"Ok..." sussurrò la ragazza più a sé stessa che per altro. Si sistemò i capelli spostandosi dalle spalle lentamente e si alzò in piedi.
Si girò verso il suo letto, per come minimo coprire il materasso con il lenzuolo, e si accorse di un'orrbile macchia di sangue su di esso.
Sperò con tutta sé stessa che non fosse quello che stava pensando, poi però si accorse che anche sul pavimento, accanto ai suoi piedi, c'erano delle goccioline di sangue. Guardò il suo corpo e notó che la benda che avvolgeva il suo braccio era impregnata del liquido rosso che le colava anche lungo le dita.
Non riuscí a trattenere un grido.
Spostò il suo sguardo impanicato negli occhi di Mr. N., come sempre coperti dalle lenti scure.
Lui si avvicinò le prese il gomito sinistro e sollevò il braccio, portandolo all'altezza dei suoi occhi.
"Venga con me" disse facendole cenno di seguirla.
Lei uscí timidamente dalla stanza seguendolo in silenzio. Attraversò il corridoio camminando lentamente, fino a quando Mr. N. non si fermò di fronte ad una porta di legno marrone, scura e noiosa. Liah non ricordava una porta lí. Non l'aveva mai vista. Suo padre doveva averla aggiunta di recente.
Mr. N. tirò fuori dalla tasca una chiave di metallo nero e la inserí nella serratura, girandola e aprendo la porta.
Quest'ultima si spalancò cigolando debolmente, rivelando una stanza di media grandezza che sembrava per metà lo studio della preside della scuola di Liah, e per metà uno studio medico: al lato della stanza un letto di legno con un materasso bianco copriva metà della parete decorata a fantasie color crema, mentre un tappeto grigio si trovava sotto di esso.
Mr. N. la condusse di fronte al lavandino che faceva angolo, affiancato da due mobiletti bianchi, che ricordavano esattamente quelli che si trovano in ospedale. Mr. N. spostò con il piede uno sgabellino a rotelle blu e invitó Liah a sedersi. Prese il suo braccio e cominció a srotolare delicatamente la benda.
La ragazza distolse lo sguardo da tutto quel sangue e cercó qualcosa per distrarsi.
Mr. N. sciaquó abbonadanetemente la ferita e vi spruzzó sopra una solunzione disinfettante.
"Sei un medico?" chiese Liah, strizzando gli occhi al leggero bruciore.
"No"
"È allora chi ti ha insegnato a fare quella fasciatura?" domandó ancora, indicando la fascia pulita che Mr. N. stava arrotolando morbidamente attorno al suo avambraccio.
"Mi è stato insegnato. Tu come la conosci?"
Liah alzó gli occhi al cielo perbla risposta fin troppo ovvia.
"Ho seguito un corso di primo soccorso quando ero più piccola. Quella è l'unica cosa che mi sia rimasta in testa"
Mr. N. accennó un'occhiata.
"Sente dolore?" chiese poi, stringendo leggermente.
Liah avvertí qualche piccola fitta, ma nulla di insopportabile.
"Si, ma posso resistere" affermó scuotendo il braccio. Scese dallo sgabello e si diresse fuori la stanza. Tornó nella sua camera e aprendo l' enorme armadio tiró fuori un paio di leggins e una maglia che diceva a stampe colorate "non cagatemi il cazzo" in ucraino. Adorava quella maglia. E adorava ancora di più il fatto che nessuno (a parte un ragazzino bocciato che andava a scuola con lei) era in grado di ricevere effettivamente il messaggio.
Dopo un breve doccia fresca, si vestí, e corse giù in cucina, dove la aspettava Mr. N.
Liah non ebbe bisogno di chiedere, che l'uomo le porse un bicchiere enorme, pieno di una strana poltiglia rosea. Ed una cannuccia.
"Cos'è questa roba?" chiese, storcendo il naso.
"È un frullato, signorina. Cocco e fragole. Le posso assicurare che è completamemte sicuro per il suo stomaco" rispose, avvicinandole il bicchiere di qualche centimetro.
Liah lo prese di malavoglia, alzando gli occhi al cielo. Si sedette addentando un pezzo di pane al vapore che era avanzato dalla sera prima.
Cercó di finire la colazione il prima possibile, per poi fiondarsi al piano di sopra per lavarsi i denti.
Uscí di casa poco dopo, camminando con calma sul marciapiede costeggiato di cespugli in fiore.
                                         .    .    .
"Sta stronza" commentó Michelle tornando al suo banco sbattendo i piedi. Riferiva alla professoressa di geografia, che le aveva appena schiaffato un cinque sul registro.
"Non doveva interrogare, eh? Io le buco le ruote della macchina, altroché"
Liah si limitó a ridacchiare di nascosto. Era familiare alle ricorrenti insufficienze della sua amica. Giocherelló con la matita, osservando i rami degli alberi che ballavano al vento.  La lezione era quasi finita, e Michelle aveva evidentemente un gran bisogno di distrarsi dal brutto voto, così si interessó nuovamente a Mr. N.
"È carino?" chiese mordendosi le labbra.
"Si, dai, un pochino si. Ma nulla di che. E poi porta sempre gli occhiali da sole"
"Hai una foto?"
"Mica ci facciamo i selfie. Mi deve stare lontano, e l'ha capito. È solo un altro rompiscatole che pagano per starmi attaccato al culo" spiegó con tono acceso.
"Va bene, va bene, non serve che ti scaldi" si arrese Michelle, alzando le mani al cielo"
Rimase qualche secondo a riflettere, poi riprese con le domande.
"Senti, ma perché ti sta sul cazzo? A essere giovane è giovane, a essere bello abbiamo detto che è bello...Ti ha detto qualcosa di sbagliato? Ha fatto qualcosa di sbagliato?"
"È letteralmente una persona che viene pagata per seguirmi e controllarmi. Basta e avanza, come motivazione" rispose Liah.
"Se lo dici tu... Mi passi matematica?" domandò, capendo che fosse il momento di cambiare discorso.
"Tieni" rispose la ragazza passando il suo quaderno alla compagna. Non le era venuto qualche esercizio, ma per la reputazione scolastica che aveva la sua migliore amica, mostrare qualche compito svolto le bastava per fare una buona impressione.
"Chris mi ha chiesto se usciamo questo weekend. Ti va? Ha invitato anche Thomas"
chiese Michelle sottovoce qualche minuto dopo, nel bel mezzo della spiegazione. Il professore di matematica si acciglió per un istante, dietro i suoi enormi occhiali, ma scosse impercettibilmente la testa e lasció correre, colto da un improvviso buonismo da fine anno.
"Certo. Dove avevate pensato di andare?"
"Centro commerciale, nulla di particolare. Ci attrezziamo per il mare. Asciugamani, occhiali da sole, costumi..." elencó, contando le cose sulla sue dita.
"Va bene. Ci vediamo direttamente lì?"
"Ti faccio sapere tra oggi e domani, chiedo anche a loro" promise Michelle, poi, quasi per miracolo, voltó la testa verso il professore, interessandosi improvvisamente all'equazione scritta alla lavagna. Liah decise di non rovinare il momento, guardando anch'essa il problema, che sul suo foglio, aveva risolto mentre parlava.
                                        .   .   .
Liah fu l'ultima ad uscire dalla classe, con lo zaino aperto per metà ed una scarpa slacciata. Persa tra i suoi pensieri non si era accorta che la campanella fosse suonata, costringendo la sua migliore amica ad aspettarla.
"Secondo me sei innamorata" commentó Michelle, varcando l'uscita a passo deciso.
"Certo" rispose sarcastica Liah. "Ho proprio la faccia di una che ha voglia di innamorarsi"
"Chi è? Chris? Thomas?"
"Entrambi" affermó, facendole l'occhiolino.
Liah d'un tratto si bloccò, fermandosi nel bel mezzo della folla di studenti che si accingeva a tornare a casa. Michelle si fermó con lei, direzionando lo sguardo dove puntava il suo. Tra zaini e berretti, si poteva ammirare alla perfezione, la figura slanciata di Mr. N. che, poggiata elegantemente con la schiena e i gomiti sulla ringhiera di metallo, teneva la giacca ripiegata sull'avanbraccio destro e gli occhiali scuri leggermente abbassati per osservare lo schermo del cellulare che teneva nella mano sinistra, il quale polso era avvolto da un raffinatissimo orologio nero.
"Ti prego dimmi che lo conosci" sussurró Michelle mordendosi il labbro inferiore.
Liah alzó gli occhi al cielo e, senza rispondere, si avvicinó rabbiosamente a Mr. N.
Trovati improvvisamente la confidenza e il coraggio per minacciarlo, si rivolse a lui con un tono tutt'altro che amichevole.
"Cosa cazzo ci fai qui? Non dovresti aspettarmi a casa?"
"Pensavo suo padre glielo avesse già anticipato: oggi la riaccompagno a casa prima del solito, poiché mi dovró-"
"Liah intendeva dire che mi ha invitata a casa per pranzo e le ha dato fastidio non ricevere molto preavviso" si intromise Michelle, pregando lasua amica con gli occhi.
"Oh, provvederó. Seguitemi" invitó le due ragazze a fare, infilandosi la giacca e dirigendosi verso il parcheggio.
"Porca troia, ora capisco perché sei innamorata" sussurró Michelle.
Liah tiró fuori la lingua in simbolo di disgusto, e alzó gli occhi al cielo.

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