Capitolo 3

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Due piccole braccia minute lo avvolsero da dietro, lasciando che i due corpi avvolti da un morbido accappatoio si aderissero tra loro, in un incastro che per quanto Dylan, sentisse essere sbagliato, per Maki, invece era perfetto.

«Non stasera, piccolo Maki. Ti chiedo solo questo»sospirò stancamente, con le mani che andarono ad appoggiarsi su quelle del più piccolo.

«Ti prego, non rifiutarmi. Io ti amo Dylan. Ti amo. Perché non vuoi capirlo?» chiese tutto disperato Maki,  per poi stringersi ancora più forte a quel corpo possente che non voleva lasciare andare, sprofondando con il volto sulla sua ampia schiena.

«Maki, ascoltami».
Mormorò, voltandosi e prendendo tra le mani il viso addolorato dell'altro.
«Non voglio che tu ti faccia del male, più di quanto non lo stia facendo adesso. Non possiamo più continuare così. Non é giusto ne per te e ne per me. Lo capisci che non posso più lasciare che ti utilizzi ancora, così. Tu sei molto di più, che un semplice corpo. Anche tu hai in un cuore. Un cuore che un giorno verrà amato, rendendo quell'amore che tu proverai per qualcuno, sempre più forte. Ama con tutto te stesso e lasciati amare da chi deciderà di prendersi realmente cura di te. Perché di amore ne meriti. Un giorno mi dimenticherai e finalmente aprirai gli occhi»aggiunse, asciugandogli le lacrime con i pollici.

Quelle stesse lacrime, che da sempre aveva odiato nel vedere sulla candida pelle del piccolo. Non meritava tutto questo dolore e su questo, Dylan, ne era sin troppo consapevole . Ed era il primo che se solo avesse potuto, avrebbe fatto di tutto per vederlo con un sorriso, più raggiante del sole che bruciava sulle loro terre. Ma questo non poteva. Non quando era lui la prima causa di tutte quelle lacrime versate.

Non gli piaceva vederlo in quello stato, ma aveva sentito il dannato bisogno di mettere in chiaro le cose.

«Se solo tu...»
Aveva incominciato a singhiozzare, quando due dita andarono ad appoggiarsi sulle labbra rimaste dischiuse.

«Se solo niente. Io non posso iniziare ad amarti all'improvviso. L'amore è una cosa che sboccia pian piano come una delicata rosa. Non possiamo decidere di chi esseri innamorati, ma il nostro cuore capirá. Capirá quando arriverà quell'amore che ti farà battere forte il cuore. E un giorno, sono sicuro, che proverai anche tu questo reale sentimento. Ti innamorerai per davvero»lo azzittì, Dylan, specchiandosi nei suoi occhi nocciola ora liquidi, con tutta la sincerità che sentiva.

Non erano parole dette per conforto o così tanto per dire. Ma erano parole veritiere. Conosceva Maki, sapeva come era fatto, così come sapeva che quello che il più piccolo provava per lui era solo una cotta nata per una gentilezza data. Sapeva anche che aveva un cuore puro e che gli era difficile non affezionarsi. Non ci voleva molto per capire che prima o poi la vita gli avrebbe regalato qualcuno degno per lui. E questo sapeva che non era lui. Ma non poteva farsene una colpa.

«Mi lascerai?»
Gli chiese, tirando su con il naso, andando a stringere con le piccole mani i lembi  del suo accappatoio.

«No. Questo mai. Continuerò solo a volerti bene. Ma meriti molto di più, credimi».

Si chinò alla sua altezza, lasciandogli poi un delicato bacio a fior di pelle sui capelli castano scuro, in un gesto del tutto pieno d'affetto. Come lo stesso semplice e candido affetto che provava nei suoi confronti.

«Però posso solo passare la notte, a dormire qui con te? Ti prego. Prometto che sarà l'ultima cosa che ti chiederò» lo implorò, guardandolo con una luce di speranza negli occhi pieni di aspettative.

«E d'accordo. Ma solo per questa notte e per niente di più» disse ormai del tutto rassegnato.
«Ma ora va a letto, io vado a farmi una doccia e ti raggiungo »aggiunse con un piccolo sorriso sghembo. Lasciando che il calore del più piccolo lo avvolgesse in una calda luce, con un uno dei più bei sorrisi che per la prima gli vide affiorare su quelle delicate labbra rosate, come candidi petali di un fiore.

E a dire la verità ne fu completamente contento.

***

«Signorino che bello riavervi trovato. Il re e la regina vogliono che facciate al più presto rientro alla reggia» disse il giovane suddito, inchinandosi per rispetto al suo cospetto.

«N-non c'è bisogno che lo facciate. Non davanti a me» balbettò con imbarazzo il giovane principe, alzandosi in piedi.
«Non vi preoccupate, i miei non lo sapranno mai. Parola mia»aggiunse con un piccolo debole sorriso.

«Ma vostro principe, sarebbe indignitoso se non lo farei. Non solo farei brutta figura ai vostri occhi ma la mi dignità andrebbe persa».

Nial, con passi eleganti si avvicinò al giovane ragazzo ancora inchinato a terra, sospirando leggermente, poi chinandosi alla sua altezza, gli fece  alzare il viso, con i propri palmi.

«P-principe?»
Lo chiamò balbuziente, non credendo a ciò che il principe aveva appena fatto.

Ma in quel semplice gesto Nial, non ci vide proprio nulla di male. Voleva soltanto avere un contatto di occhi quando parlava, perché semplicemente non riusciva a parlare quando qualcuno preferiva guardare a terra. Lo faceva sentire un come se stesse parlando da solo, ecco tutto.

«Principe niente. Chiamatemi semplicemente Nial. E guardatemi pure quando vi parlo. Non abbiate paura e tutto apposto»rispose con tono dolce, limitandosi ad essere solamente spontaneo.
«Ma forse è ora che facciamo ritorno. Non vorrei mettervi nei casini per colpa mia» aggiunse flebilmente, aiutando il giovane ragazzo ad alzarsi in piedi.

Totalmente ignaro di ciò che da lí a breve lo attendeva.

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