CAPITOLO 19 - Forse

46 10 0
                                    

Quel giorno, avevo fatto un incubo. Non era uno dei soliti brutti sogni che facevo di tanto in tanto. No, questo era diverso... incredibilmente vivido, quasi reale. C'era una figura nell'ombra che si avvicinava lentamente a me. Forse era la Suprema, un'eco deformata delle esperienze traumatiche vissute nei giorni precedenti. Quella donna mi aveva segnato nel profondo. Il cielo, nel sogno, era diventato di un rosso intenso, quasi fiammeggiante, e dietro di essa si poteva intravedere la città, distrutta e soffocata in una nebbia spettrale, come se il mondo stesso fosse morente. Io ero lì, immobile, con un mazzo di fiori in mano. Fiori simili a quelli che avevo regalato a Giuly, ma qualcosa in loro era diverso... era come se fossero intrisi di paura, una paura profonda e oscura, imminente. Ma il sogno non si fermava lì. In lontananza, nel bel mezzo del nulla, c'era un cubo. Un'enorme e inquietante struttura che emanava un'energia pulsante, un'aura colorata e macabra, come il battito di un cuore. Le sue superfici riflettevano il cielo in fiamme e le ultime, deboli luci della città devastata. La parte più angosciante di tutto il sogno, però, era che il cubo mi chiamava. Sentivo una voce, fredda e penetrante, ripetere il mio nome. Alex... Alex...

Giuly:
"Alex, sveglia! Alex!"

Alex:
"G-Giuly... Giuly!"

Giuly:
"Alex! Sei sveglio!"

Alex:
"Giuly! Cos'è successo?! Dove siamo?" Dissi, in preda al panico.
"Perché ho questa fasciatura?"

Giuly:
"Alex, tranquillo... veramente, non c'è più nulla di cui preoccuparsi.
Abbiamo fatto un incidente, non ricordi? Ma non dovresti avere nulla di rotto."

Alex:
"Ah, sì... mi ricordo. Vagamente."

Giuly:
"Siamo a casa di Nat. Sua madre faceva l'infermiera, ha lavorato in un ospedale per molti anni."

Alex:
"Capisco... e Nat dov'è?"

Giuly:
"È di là con sua madre, la starà aiutando a cucinare."

Un profumo dolce e avvolgente mi strappò dal ricordo dell'incubo. Dall'altra stanza proveniva l'odore squisito di una torta appena sfornata. Giuly mi aveva parlato della madre di Nat, del suo lavoro e del fatto che, oltre a essere un'ottima infermiera, era anche una cuoca straordinaria. Un tempo aveva pensato di partecipare a una competizione culinaria, ma abbandonò quel sogno per seguire la sua vera vocazione: aiutare le persone in difficoltà. «Che gran donna», pensai.

Alex:
"Io non sarei mai capace di fare una cosa del genere. Voglio dire, curare altre persone. Con questa paura mi ritrovo, figurati fare il medico."

Giuly:
"Già. Difatti non ti ci vedo per niente."

Alex:
"Beh, sei rassicurante."

Lo sguardo di Giuly, in quel momento, era perso, come se stesse combattendo una battaglia interiore. C'era una piccola lacrima che scendeva lentamente dal suo occhio destro, mentre lei cercava di sorridere con tranquillità. Era una contraddizione vivente: la sua risata serena, contro la preoccupazione sul suo volto. Quando la guardai, non riuscivo più a distogliere lo sguardo. In un attimo, il brutto sogno che mi aveva tormentato svanì. I suoi capelli, così belli, catturarono la mia attenzione, e mi resi conto di quanto mi fosse mancata.
Non riuscirò mai a smettere di amarla, credo... ma devo farmi una ragione del fatto che lei non ricambierà mai. È una verità amara, ma necessaria.

Giuly:
"Sai, Alex... mi sei mancato davvero tanto. Poi, quando eravamo lì in macchina, durante l'incidente, tu eri svenuto. Io... io non sapevo davvero cosa fare. Ti usciva il sangue dal naso e dalla fronte. Ho pensato che... ho pensato che fossi morto nello schianto." Disse cambiando tono di voce. Era come se, da quel momento in poi, ogni parola che le uscisse dalla bocca fosse un macigno.
"Fortunatamente non è così... sei qui. Immagina la scena... io quasi illesa, da sola, mentre tu eri lì, completamente svenuto. Chiamare Nat e attendere, cercando disperatamente di farti svegliare, questa era l'unica cosa che potevo realmente fare. Sono stati dei lunghissimi minuti, i più lunghi che abbia mai vissuto, forse, dopo la storia della pistola, quando avrei dovuto spararti all'ospedale. Solo ora ci ho pensato, Alex... ti voglio bene. Davvero, non sai quanto sei importante per me. Grazie di esistere."

Il Mondo Oltre I Miei OcchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora