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- Perché tutte queste piume di pavone? -

Era passata un’ora e con Luke ero ancora allo stesso punto di quando aveva fatto il suo ingresso nel nostro appartamento. Ero anche andato in segreteria, ai piedi della collina su cui si trovava il pensionato, ma non c’era nessuno. Tutti impegnati, di sicuro, a controllare che le matricole non crollassero sotto il peso dei loro enormi ordigni elettronici mentre li trasportavano nelle proprie stanze.
Stavo facendo del mio maglio per cercare di ignorarlo, ma Luke non stava zitto un istante. Era chiaramente una di quelle persone a cui piace chiacchierare.

- Non sai che le piume di pavone portano sfortuna? -

Con la coda dell’occhio vidi il bicipite con il sette tatuato flettersi mentre tirava fuori un paio di camicie dal baule.

Si, sapevo che molti lo pensavano, ma non era affar suo se ne mettevo dappertutto, sul copriletto, incorniciate e appese alle pareti o legate all’acchiappasogni che mi aveva regalato mio fratello. Non lo riguardava minimamente.

Mi sarebbe tanto piaciuto che Harry fosse lì con noi. Mio fratello avrebbe saputo cosa dire a Luke per convincerlo ad andarsene. Ma non poteva staccarsi dal suo lavoro di assistente in uno studio legale, e così pure la mamma. Probabilmente avevano pensato che il mio trasloco fosse una cosa di normale amministrazione, visto che ormai ero al secondo anno di università. Comunque Harry mi mancava.

- Sei incazzato con me, Michey? -

Il soprannome fu la classica goccia che fa traboccare il vaso. Mi girai di scatto e lo fissai con disprezzo. - Ascolta, io non ti conosco. E tu non conosci me. Nel più breve tempo possibile riuscirò a mandarti fuori di qui, capito? Non sono il tuo squinzio. Non sono di quei ragazzi a cui basta un sorriso per portarseli a letto. Ti è chiaro? Quindi, stammi alla larga.-

I suoi occhi azzurri mi bruciarono dentro. Era uno di quelli che vedono cose che gli altri non vedono – cose che avevo passato tutta la vita a coprire e a nascondere agli altri. E avevo conosciuto poche persone capaci di vedere oltre la facciata che mi ero così attentamente costruito. Tutti lasciati andare, come se fossero cattive abitudini, tranne uno. Questo qui dovevo stroncarlo al più presto, prima che decidesse di andare a vedere cosa il mondo mi aveva fatto per rendermi così intrattabile.

- Non è tanto facile starti alla larga se abitiamo sotto lo stesso tetto - disse.

- Lo so - risposi digrignando i denti.

Alzò le mani. - Non prendertela con me. E’ tutta colpa del destino. -

- Non credo nel destino -

Rise. - Neanch’io. Ma credo nella fortuna. - Indicò il sette sul braccio. - Non si è mai troppo prudenti.-

- Non credo nemmeno nella fortuna. -

- Ovviamente.-

Fummo interrotti da una voce che sembrava un tuono. Luke si mosse con attenzione nel casino che copriva il pavimento e sporse la testa fuori dalla porta.

- Ash, finalmente, com’è che ci hai messo così tanto? Ti sei perso? -

Rispose una voce maschile: - Nah, sono stato trattenuto. E’ qui che stai, allora? -

Ma si, certo, venite dentro tutti a vedere.

- No, sono solo entrato per caso in una stanza e ho cominciato a sistemarci la mia roba. E’ ovvio che sto qui. -

Andò nel salottino e lo seguii. Calum e Perrie uscirono dalla loro stanza. Li avevo sentite fare un gran casino, sicuramente si erano messi ad appendere le foto incorniciate di Calum seguendo con cure le sue indicazioni.

Il mio sbaglio preferito// Muke ClemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora