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Non tornai indietro finché il dolore alla mano non fu tale da farmi implorare un po’ di ghiaccio. In casa regnava la calma quando entrai, quasi in punta di piedi. La maggior parte degli scatoloni era sparita, mentre Calum stava sistemando pentole e padelle in cucina.

- Tutto bene? Eravamo un po’ in ansia per te. Luke, Perrie e Ash sono usciti a prendere delle pizze.-

- Tutto bene, grazie. Ho solo bisogno di un po’ di ghiaccio - dissi alzando la mano, che stava diventando sempre più viola intorno alle nocche.

- Oh mio Dio! - esclamò Calum, precipitandosi verso il freezer. Per fortuna qualcuno aveva lasciato dentro del ghiaccio che il personale della manutenzione si era dimenticato di togliere. Lo avvolse in uno strofinaccio che aveva appeno estratto da uno scatolone e me lo porse.

- Come sta la sua faccia? - Speravo di aver lasciato il segno.

- L’hai preso in pieno, vedessi che livido che gli è venuto.-

E vai!

- E il pacco, tutto a posto? -

- Credo proprio che riuscirà ancora ad avere dei bambini - rispose, scrutandomi come se stessi per dar fuori di testa nuovamente. Si appoggiò al bancone, evidentemente aveva deciso che avrebbe finito di mettere a posto più tardi. - Cos’è successo? Ci ha raccontato solo di aver detto qualcosa che ti ha fatto imbestialire, e che se lo è meritato.-

- Ha detto così? - Sussultai nell’attimo in cui misi il ghiaccio sulla mano. Ero sorpresa. Pensavo che avrebbe dato tutta la colpa a me, e che mi avrebbe definito uno stronzo malato di mente. In un remoto angolo del cervello si era fatta strada la speranza che quel mio gesto violento l’avesse davvero spaventato e che al mio rientro non avrei più trovato le sue cose. Macché, niente di tutto questo.

- Si, ha detto proprio così.-

- Uhm. -

Si udirono delle voci nell’ingresso. Voci note. Mi voltai e ammutolirono quando mi videro. Luke reggeva due contenitori di pizza e Perrie portava due borse di plastica piene di patatine e bevande. Ad Ash erano affidate le birre, chiaramente nascoste in due strati di sacchetti per alimenti.

- Ehilà - dissi.

Entrarono con fare guardingo, e mi venne quasi da ridere. Ero il più piccolo e il più giovane in quella stanza, ma mi temevano.

- Come va la mano? - chiese Perrie, posando le borse della spesa sul tavolo.

- Bene - risposi. Lei volle comunque esaminarla, e io guardai Luke. - Come va la faccia? E le palle? - Feci un sorriso, sperando che non sembrasse il sorriso di un pazzo.

Luke mi rispose sogghignando.

- Guariranno, suppongo. Michey, lasciami dire che hai un gancio da professionista - soggiunse, toccandosi la mascella. Stava venendo fuori un livido blu da far paura. Meglio così.

- Ti ho giudicato male, temo - disse Ash, avvicinandosi con la mano alzata per darmi il fist bump. Gli risposi con la sinistra, e lui strizzò l’occhio. L’arroganza era chiaramente un male di famiglia.

- Ne ho fatta fare una con solo verdure, non so bene cosa ti piaccia - disse Luke porgendomi  una delle scatole. Trattennero tutti il fiato mentre la prendevo. Meglio quella, comunque, che con un ramo d’olivo.

- Olive! - esclamai. - Odio le olive. Ma va bene lo stesso.-

- Sicuro? - chiese Perrie, ora che la tensione era sparita.

- Certo - risposi, strappando il cartone del contenitore. L’intensa fragranza della pizza di Pat’s mi riempì le narici. Seguivano la stessa ricetta da quando avevano aperto, non so quanti anni prima, nutrendo intere generazioni di studenti affamati, semiubriachi o strafatti. In qualche modo, avevano trovato l’equilibrio perfetto tra il formaggio, la crosta sottile e tutti gli altri ingredienti. Per questo erano sopravvissuti così a lungo in una città che contava almeno dodici pizzerie per ogni studente.

Il mio sbaglio preferito// Muke ClemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora