CAPITOLO 12

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* Elsie *

Siamo tornati a Los Angeles da una settimana e io sono di nuovo nella mia gabbia di vetro. Jonah non si è più fatto vedere, ma almeno c'è Mark a tenermi compagnia, ogni tanto.

Come stasera, per esempio.

Stiamo giocando a scacchi e lo sto stracciando.

- Allora, cos'è successo quella sera al gala? - mi chiede, muovendo l'alfiere. - Jonah ha deciso di ripartire subito ed è ancora nervoso. -

- Chiedilo a lui. - borbotto.

- Vi siete baciati? Cioè, so che vi siete baciati, perché ho sbirciato. -

- Mark! -

- Sono un ficcanaso di natura, cosa vuoi? - ridacchia. - E, lasciamelo dire, sembravate davvero felici, in quel momento. -

- Sì, ma poi lui ha deciso di tirarsi indietro. -

- E perché? -

- Sai niente della morte di suo padre e di suo nonno? -

Si deconcentra e muove la pedina sbagliata. - Sono morti mentre erano in viaggio per l'Italia. Il jet è esploso in volo. -

Faccio scacco matto, ma non dico una parola.

Mark, allora, sposta la scacchiera da un lato e sospira. - Elsie, devi capire che Jonah si sente responsabile. Ha discusso con suo padre, un'ora prima che morisse. Ha superato il fatto che il pilota volesse ucciderli, ma non il senso di colpa che lo sta divorando. -

- Ma perché si sente responsabile? Penso che quel pilota li avrebbe comunque uccisi, prima o poi. -

- Sicuramente, ma tu come ti sentiresti se litigassi adesso con tuo padre, gli dicessi che lo odi e lui tra un'ora morisse? -

Mi paralizzo sul posto. Ecco perché il senso di colpa lo sta uccidendo.

È quel litigio a tormentarlo.

- Christian, che riposi in pace, ha cresciuto Jonah da solo e ha sempre cercato di non farlo sentire diverso da tutti gli altri. Capirai che, essere il figlio del mafioso più potente di Los Angeles, non era proprio una passeggiata. -

No, infatti. Deve essere stato un incubo. Non credo abbia potuto avere degli amici "normali", come tutti gli altri. Io mi sono sempre ritenuta la bambina sfigata che non aveva amici. Ma per lui...dio, per lui deve essere stato cento volte peggio.

- Dov'è la sua stanza? -

Mark spalanca gli occhi. - No, non farlo. -

- Per favore. -

- Se scopre che ti ho raccontato quello che lui ha omesso, mi ucciderà davvero. -

- O me lo dici, o la cerco da sola. -

- Elsie... -

Salto giù dal letto e spalanco la porta, ma Mark viene a bloccarla.

- No, aspetta. - sbuffa. - Appena scendi le scale, l'ultima porta a sinistra. Ma io non ti ho detto niente, è chiaro? -

Gli bacio la guancia. - Grazie, Mark. - sorrido. - E, comunque...scacco matto. -

- Sparisci! -

Scendo in fretta le scale, ridacchiando. Ma, in corridoio, quasi finisco addosso alla signora Nowak. - Oh, mi scusi, signora. -

- Dove stai andando? - mi chiede, perplessa.

- Io...uhm... -

- Io non ti ho vista. - mi dà un colpetto sulla spalla, prima di andare in quella che credo sia la sua camera.

Prisoner ( #Wattys2022 ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora