CAPITOLO 4

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* Elsie *

Dopo ore e ore a rimuginare, alla fine ho deciso di riempire la vasca e farmi un bel bagno caldo. Sono immersa da un'eternità e non ho nessuna intenzione di muovermi. Mi godo la vista dall'alto su tutta Los Angeles e torno a quando ero bambina. A quando, con Jess, ci sentivamo le regine del mondo. Peccato che ora non sia una regina. Sono solo una prigioniera.

Guardo la schiuma bianca e profumata. È come un balsamo, in questo momento. Ne prendo un po' tra le mani e ci soffio sopra.

È come se tanti batuffoli di cotone volassero via.

Ma non riesco a godere di belle sensazioni. Sono rinchiusa qui dentro da ore. È sera, ormai. Mi hanno portato il pranzo, ma non ho toccato neanche l'acqua. Non mi fido, anche se sembrava tutto buono.

Appoggio la schiena, distendendo completamente le gambe. L'acqua inizia a raffreddarsi, ma non mi importa.

Chiudo gli occhi. Immagino di essere a casa mia, nella mia vasca da bagno. Candele accese, i miei Maroon 5 in sottofondo e relax totale. Sento Adam Levine cantare e mi catapulto in quel mondo immaginario.

Peccato, però, che sia solo un'illusione, perché quando riapro gli occhi, sono ancora in questa maledetta gabbia di vetro.

- Perché non hai mangiato? -

Salto nell'acqua e ne schizza un po' fuori. Nowak è seduto sul letto. Ma da quanto tempo è lì? E perché diamine non l'ho sentito!?

Mi guarda con quei suoi occhi di ghiaccio e mi sento nuda. Cioè, molto più nuda di quanto non lo sia già.

- Allora? -

- Non avevo fame. - borbotto, stringendomi le ginocchia al petto. Giusto per coprirmi. Menomale che c'è ancora la schiuma.

- Non avevi fame, o avevi paura che fosse avvelenato? -

- Ti servo viva, no? -

- Appunto. Quindi, perché non hai mangiato? -

- Non avevo fame. - ripeto.

Si alza e, se solo potessi, indietreggerei all'istante. Ma rimango immobile nell'acqua ormai fredda, già pronta al quarto schiaffo. La guancia si è sgonfiata un po', non cambierà granché.

Si siede sul bordo della vasca e mi solleva il mento con l'indice. Lo guardo negli occhi. Non c'è neanche un briciolo di emozione. Niente di niente.

Freddo come il ghiaccio. Vuoto come un fantasma.

- Fallo, se devi. - sussurro, con le lacrime agli occhi. Non so cosa mi succede, ma questo gesto mi fa stare male. È più doloroso di uno schiaffo. Mi lacera dentro, facendomi sanguinare l'anima. Lui non è buono, non prova pietà per me. Mi ha rapita per quello che è successo e, ora che sono qui, mi torturerà fino a quando arriverà il momento di farla finita.

Anche se non dovesse più picchiarmi, stare rinchiusa qui dentro, senza poter respirare davvero, è cento volte peggio.

Anziché schiaffeggiarmi, mi accarezza la guancia. Poi, si alza e prende un cubetto di ghiaccio. Si era sciolto, deve averne portato dell'altro quando è entrato. Torna da me, si risiede e me lo appoggia sul livido. Ho un sussulto per il dolore, ma non oso dire una parola.

- Non c'è niente nel tuo cibo. - dice, dopo un lungo silenzio.

E io che pensavo stesse per dirmi: "Scusa se ti ho picchiata".

Sono proprio una scema.

- Sei allergica a qualcos'altro, oltre al cioccolato? -

Scuoto la testa e il cubetto di ghiaccio gli scivola dalle dita, finendo dritto sulla mia schiena. Trattengo il fiato, mentre prosegue la sua corsa verso l'acqua.

Prisoner ( #Wattys2022 ) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora