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13 OTTOBRE 1986 - Barcellona -
Jessica si rese conto che sarebbe stato difficile dormire tutta la notte, soprattutto quella che precedeva il giorno più importante della sua vita. Provò a sollevarsi dal letto, piegando le braccia chiare e mingherline davanti a se, affondò le mani sul materasso morbido e caldo e cercò la forza di afferrare un pezzo di pane, quello lasciato seccare sul comodino.
Riflettè, convinta, sul fatto che la marmellata fosse fredda e i pezzetti di fragola si riuscissero a percepire bene al tatto, poi gli diede un morso con i denti davanti, leggermente sporgenti e si bagnò le labbra con un po' saliva. Massaggiò le briciole tra le gengive e le guance, gustando il sapore di qualcosa di buono per quanto duro, poi divorò il pasto in pochi minuti prima di riavvolgere l'ultimo pezzetto nella carta.
Scrollò la testa, allontanando i pensieri suscitati dal timore per il giorno seguente, poi si chiese quante ore mancassero all'alba e si volse verso la finestra. Le stelle illuminavano gran parte della città, avvolta nel torpore e nel silenzio e da quel punto, non molto lontano dal vetro, Jess riusciva a vedere quasi ogni cosa, perfino le sagome scure di quelli che si recavano a lavoro. Afferrò la maglia, trascinandola sul pavimento, poi si sollevò e si sporse vicino alla camera dei propri genitori: mamma e papà dormivano, distesi su un fianco l'uno contro l'altro e avvolti entrambi dalla coperta grigia, Pedro invece, il più piccolo, rimaneva appoggiato fra di loro. Jess lo guardò bene sorridendogli dolcemente《Sei proprio come la mamma.》 mormorò cercando di non farsi sentire, poi si volse alla sua sinistra.
Carlos riposava su un letto più piccolo, quello appoggiato al muro e ciondolava la mano verso il pavimento. Avrebbe lasciato la casa il mese successivo, trasferendosi altrove con Vanessa e là si sarebbe sposato il 25 ottobre, in occasione dei santi Daria e Crisante e avrebbe iniziato a lavorare come artigiano. La nuova abitazione era molto lontana da lì, Jess sapeva bene che quella sarebbe stata una delle ultimi notti che Carlos avrebbe passato con loro, eppure davanti agli altri fingeva di non rendersene conto e annuiva ogni volta che il fratello prometteva che si sarebbero visti quasi tutti i giorni.
Lo fissò ancora, strisciando con i piedi scalzi sul pavimento, poi gli sfiorò la fronte asciugandogli i capelli bagnati per il caldo.Tutti erano felici per quella celebrazione, mamma e papà in particolare non facevano altro che parlare di bambini e stilare ogni tanto la lista dei nomi favoriti, colti dalla gioia per il loro primo figlio, così Carlos li assecondava, ogni volta che li sentiva chiacchierare, eppure sapeva bene che ciò non sarebbe potuto accadere.
Vanessa gli aveva detto un giorno di gennaio di non potere avere figli, che i dottori in pratica gli avevano trovato un certo problema e aveva provato addirittura a ripetere le esatte parole al suo ragazzo, ma Carlos, la cui istruzione si fermava alla scrittura, al calcolo e a qualche nozione di cultura generale, ottenute grazie ai tre anni delle scuole medie, non ci aveva capito molto di tutti quei termini scientifici ed era riuscito soltanto a crollare in ginocchio sul pavimento.
Di questa cosa però non ne aveva parlato con nessuno, per la precisione, nessuno si era preoccupato neppure di chiederglielo, eccetto Jessica stessa che aveva capito subito che qualcosa non andava. Le giornate nel bosco e quelle spese per andare in bici infatti erano andate via via diminuendo fino a diventare solo un lontanissimo ricordo. Suo fratello si era giustificato dicendo che era cresciuto e che non c'era più il tempo per tutto quello, ma Jessica, che sapeva bene quanto Carlos tenesse alla famiglia, non aveva mai creduto alle sue parole.
Gli fissò le prime rughe sul viso e le cicatrici sul petto scuro, ma rimase colpita per tutta quella perfezione. In altri termini gli addominali e le spalle ampie lo facevano sembrare, anche se disteso, un Apollo o un qualunque altro dio mitologico, di quelli che aveva letto sui libri di storia e Jess non si capacitava di come suo fratello, sangue del suo sangue, riuscisse ad avere tanta naturale sobrietà.
Gli spostò le lenzuola, appoggiandosi vicino al suo fianco e toccandogli la mano: 《Posso dormire qui stasera?》 gli sussurrò in un orecchio parlando piano.
Carlos sbattè leggermente le palpebre acutizzando la vista 《Ah Jess sei tu ... si si.》le rispose colto dal sonno《Ma solo per sta volta.》 aggiunse facendole spazio.
Gli sfiorò la gamba avvicinandosi con la testa.
《Certo,certo.》 disse lei fissandolo bene, poi si avvinghiò con entrambe le braccia.Carlos sorrise vedendola così piccola vicino a se, poi l'abbracciò forte
《Sei veramente una marmocchia!》《Non è vero.》
《Invece si.》
《Smettila.》
《E non alzare la voce.》
《Odio quando mi chiami così!》 rispose imbronciata.
《Lo so, ma è la verità.》 la provocò.
Jess gli spinse il braccio poco più in là fingendo di essere arrabbiata, poi gli volse le spalle. Accanto a Carlos si sentiva protetta e non sapeva come avrebbe fatto senza di lui, ma cercò comunque di non pensarci abbandonandosi alle braccia di Morfeo.
《Notte Carlos.》
《Notte marmocchia.》
Jess gli tirò un calcio spostandolo più in là, poi tirò a se le lenzuola e si addormentò.
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Quello che mi resta di te
Short StoryBARCELLONA, 1989 - Jessy ha appena compiuto diciassette anni ed è convinta, nonostante il corpo piccolo e mingherlino, che tutto sia facile da raggiungere e che con un pò di dedizione si possa costruire il proprio futuro. Di questo è sicura, ma quan...