3. Il nerd e il ragazzo affascinante

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Seokjin non provava quasi mai rancore, era un ragazzo sicuro di sé ma particolarmente timido quando riceveva troppe attenzioni. Era uscito con pochi ragazzi e ragazzi ed ebbe un paio di relazioni quando era adolescente, ma con il tempo le persone iniziavano ad interessarsi a lui solo per il suo aspetto e per i suoi soldi.
Solo Noah non era mai stato così con lui, aveva i soldi ed era anche lui un modello ma erano semplicemente obbligati a stare insieme, ecco perché lo tradiva spesso, anzi, praticamente quasi tutti i giorni da più di due anni ormai.
Ne ebbe la conferma proprio pochi giorni fa nel suo camerino, lo beccò a baciarsi con una donna dello staff e chissà cosa avevano fatto dopo che Seokjin se ne andò sbattendo la porta.
A Noah non importava niente di lui e dei suoi sentimenti ma Seokjin si sentiva così usato. Lo aveva lasciato sul momento e se ne fregò del fatto che il suo ragazzo fosse il figlio del capo, non poteva sopportare tutta quella mancanza di rispetto e quelle bugie.
Dopotutto Seokjin era stato davvero innamorato di lui un tempo.

Si svegliò una mattina e non era dell'umore giusto, in realtà erano tre giorni che avvisava l'agenzia che sarebbe rimasto a casa per poi dormire altre cinque ore.
Seokjin era particolarmente apprezzato dal suo capo, nonché padre di Noah, per cui gli permise di rimanere a casa a patto che lunedì tornasse regolare come sempre. Seokjin rispose di si ma neanche lui sapeva cosa avrebbe fatto lunedì, aveva solo bisogno di tempo per pensare a lui e al suo futuro, con o senza Noah.
"Alza quel culo dal letto e vai a fare la spesa!"
L'ultima persona che avrebbe voluto ascoltare quella mattina era sua sorella, era una palla di energie già di mattina mentre Seokjin era l'opposto.
"Non puoi fingerti malato e restare a letto tutto il giorno. "
Un freddo improvviso colpì il suo corpo rannicchiato, le coperte gli furono tirate via violentemente e scaraventate per terra sotto la luce del sole che entrava dalle finestre.
"Dai, lasciami dormire ancora un po' ." borbottò nascondendo il viso nel cuscino.
"Non hai mai voglia di fare niente, se devi rimanere a casa almeno vai a fare la spesa."
Aveva ragione, Seokjin passava le giornate a mangiare o nel suo letto perché Noah era estenuante.
Aveva paura di tornare a lavoro, incontrarlo e affrontarlo, sapendo che non poteva farci niente perché era quello che volevano i suoi genitori.
Il suo capo non aveva un minimo di empatia e lo avrebbe probabilmente licenziato se si fossero lasciati.
Le miriadi di chiamate e messaggi di Noah erano stancanti perché insisteva di tornare insieme e che sarebbe cambiato, nonostante non provasse nulla per lui.
Sapeva anche che però alla fine Noah vinceva sempre contro di lui.

Eun sospirò vedendo che suo fratello non si mosse di un briciolo.
"Stasera verrai con me."
Si lanciò sul corpo supino di Seokjin strappando un gemito strozzato da suo fratello.
"Volevo che la cena di stasera fosse un appuntamento romantico tra me e Namjoon, ma non riesco più a vederti rinchiuso in casa."
Il ragazzo posò l'avambraccio sulla fronte mentre un sorriso tirò gli angoli della sua bocca.
"Dici quel nerd del cazzo?"
Eun saltò a sedere e afferrò un cuscino colpendo in pieno il viso del fratellino, strappando una risata e uno squittio di sorpresa dal più piccolo.
"Cosa sono queste parole, non lo conosci nemmeno! E stasera ti farò ricredere, quindi verrai con me." gridò lanciando il cuscino sul letto ed uscendo dalla stanza sbattendo i piedi per terra, borbottando qualcosa di cui Seokjin non si curò.

Sua sorella era sempre adorabile anche quando si arrabbiava, ma aveva tanti sensi di colpa verso di lei. L'aveva odiata per molto tempo durante la sua adolescenza e si pente ancora ora della persona che era stat a quel tempo. Il Seokjin adolescente non capiva che il trasferimento a New York con lei era per proteggerlo dal male che la loro famiglia gli stava causando.
Ricorda che la prima settimana a New York di 10 anni fa parlava a stento con sua sorella che, avendo già iniziato la carriera di cantante, spesso lo lasciava solo a casa.
"Mi hai portato qui contro la mia volontà e poi mi lasci solo?" le urlava contro quando sua sorella rientrava, si rinchiudeva poi in camera sbattendo la porta e si accasciava piangendo e singhiozzando. Gli mancavano i suoi amici, il suo cane, il suo ragazzo e la sua casa in Corea, a casa sua.
A New York non c'era nessuno per lui, non aveva amici, i suoi animali e non conosceva neanche la lingua.
Quello fu il periodo in cui costruì la sua persona attorno a quei sentimenti di odio e rancore, il cuore si ghiacciò diventando più freddo e poche persone fino a quel momento erano riuscite a far breccia, Noah era una di quelle ecco perché alla fine tornava sempre da lui.
Con il tempo le urla, i litigi e le frasi sprezzanti iniziarono a scemare e i sensi di colpa adesso assalivano entrambi. Seokjin non sbuffava più quando la vedeva tornando a casa dal college o mentre sua sorella lo sgridava, non si rinchiudeva più nella sua stanza dopo aver litigavano e non la ignorava più. Dopo aver pianto tutte le sue lacrime solitamente si infilava nel letto cercando di sopprimere la sua coscienza, ma invece si alzava dal pavimento freddo e raggiungeva il salotto dove vedeva la figura china di Eun sul divano, con le mani tra i capelli e sussurrava lievi "scusa" e "non so cosa fare" ma neanche Seokjin sapeva cosa fare in realtà. Per cui scappava e tornava in camera perché era solo uno stupido e codardo.
Iniziarono a mangiare insieme nel silenzio assoluto, con il tintinnio delle bacchette e la TV di sottofondo che mandava canali poco interessanti.
Eun fu la prima a spezzare il ghiaccio parlando e facendo qualche battuta, strappando di tanto in tanto un sorriso da Seokjin.
Ci volle tempo, ma instaurarono un rapporto sano e forte.
Tutt'ora entrambi sentivano i sensi di colpa, si sfogavano e si chiedevano scusa alle tre di notte tra le braccia l'uno dell'altro.
Seokjin amava tanto sua sorella maggiore ed era come una madre, ma mai gli aveva detto un "ti voglio bene" a parole, le sue azioni parlavano molto di più. Era tropo timido per quello e andava bene così, per ora bastava quello. Sperava solo che sua sorella vedesse tutti quei ti voglio bene, ma non sapeva che Eun a volte si incolpava pensando che forse il dolore del fratellino era tutto per colpa sua.

Let's meet in New York! [namjin] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora