7. La giostra delle emozioni

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"Ancora mi chiedo cosa io ci faccia qui."
Seokjin sospirò passandosi una mano tra i capelli corvini mentre attraversavano l'enorme scritta colorata "Welcome!" posta all'ingresso.
Erano le cinque e ventitré del pomeriggio e c'era un cielo limpido, il sole di giugno picchiava forte imperlando le fronti di sudore. L'estate a New York era come essere all'ultimo girone dell'inferno, tanto che i ragazzi si spalmarono la crema solare sul corpo fino a diventare quasi pallidi.
Andare al Luna Park significava stare per chissà quanto tempo in fila per le attrazioni e, di conseguenza, sotto il sole torrido. Alcune persone si riparavano sotto l'ombra degli alberi lungo la strada, mentre altri si rinfrescavano con bottigliette d'acqua ghiacciate. Le bancarelle emanavano odore di cibo da strada per le vie, Seokjin si voltava ad ognuna inseguendone l'odore. Un'altra nota negativa che aumentava ancora di più il caldo era il numero di persone che avevano deciso di andare a divertirsi al Luna Park quel sabato, c'erano tante famiglie con i propri bambini piccoli e gruppi di ragazzi e adolescenti. Spesso dovevano spingersi in mezzo ad una folla determinata a non farli passare e Seokjin quasi perdeva la pazienza quando sfiorava un bambino con un gelato in mano.

La prima cosa che cadde all'occhio subito dopo aver attraversato l'ingresso era l'atmosfera di felicità e divertimento, quasi come essere nel mondo degli unicorni fatati che saltano sugli arcobaleni.
I colori delle giostre e delle biglietterie erano di un vivace giallo, verde e rosso, i colori che riportano un po' all'infanzia ma che ti spingono anche ad acquistare il più possibile.
C'erano enormi palloncini dai colori brillanti che i bambini indicavano e guardavano estasiati chiedendo alle loro mamme di comprarne uno. Le insegne erano spente in quel momento, ma una volta calato il sole si sarebbero illuminate di tante piccole lucine colorate.
Alcune giostre erano molto tranquille ma altre erano così spaventose che Seokjin sentì la nausea solo a vederle da lontano, le urla delle persone sulle montagne russe erano più alte addirittura del rumore della numerosa folla.
Seokjin non era un amante dei Luna Park fin da quando era piccolo, dal suo trasferimento a New York ci andò un paio di volte durante il college ma solo perché fu costretto, i suoi compagni lo incitarono a fare le montagne russe e quando mise piede a terra, vomitò tutti i pasti di quella settimana. Si promise di non tornarci più a meno che non se la sentisse, sentiva girare la testa continuamente solo a pensare di salire su una di quelle attrazioni, tanto che dovette aggrapparsi al braccio scoperto di Noah per tenersi in equilibrio.

Forse Noah era la parte più noiosa dell'intera giornata, si erano ritrovati con un invito al Luna Park da parte di sua sorella nonostante non stessero più insieme come prima. Ma purtroppo Seokjin lo sapeva, sarebbero comunque tornati a fingere davanti agli altri di stare bene, di essere una coppia felice che si ama e che si supporta. Avevano discusso, avevano scaraventato e rotto una volta per tutte le loro maschere ma poi l'avevano raccolta nuovamente, rimettendone insieme i pezzi ed indossandole nuovamente. Una maschera che si era fusa alle loro ossa e che era diventata normale indossare. Seokjin si era incastrato in questa vita stretta fin da prima di nascere, il suo destino era già stato scritto dai suoi genitori e lui non poteva cambiarlo neanche volendo, altrimenti sarebbe caduto ancora più in basso. Doveva fingere di avere la libertà che aveva sempre desiderato, quella libertà che gli aveva spezzato le ali fin dal principio e che si prendeva gioco di lui, una finzione in cui Seokjin sarebbe morto e sarebbe stato ricordato così. Un vortice buio di sole bugie e tristezza.
Aveva finto un sorriso quando Eun gli disse che sarebbero andati tutti insieme al Luna Park, finse di esserene entusiasta e rimise di nuovo la maschera che aveva momentaneamente appoggiato in un angolo della sua mente.
Doveva fingere di non essere a disagio
con il braccio muscoloso di Noah avvolto possessivamente alla sua vita, fingeva di sorridere al suo ragazzo e di sopprimere il disgusto quando si chinava per baciarlo sotto lo sguardo disgustato di Namjoon.
Eun e il suo ragazzo invece sembravano così felici e carini, gli unici davvero eccitati dalle attrazioni, soprattutto quelle particolarmente spaventose che provocavano un'adrenalina da capo a piedi.
I loro occhi seguivano con attenzione i sedili delle montagne russe che andavano ad una velocità incredibile, con le mani delle persone che volavano nel cielo e le grida di paura.
"Voglio andare là!" esclamò Eun trascinando il suo ragazzo verso la fila della biglietteria per una delle attrazioni.
Non che Seokjin non avesse piacere a stare lì ma le attrazioni non gli interessavano particolarmente, soprattutto quando l'unica cosa che doveva subirsi erano quei due piccioncini che si divertivano da soli. Eun aveva trent'anni, ma si comportava come una ragazzina e Namjoon le andava dietro come un idiota, pensava Seokjin. I due innamorati si fermarono alla coda della biglietteria per le montagne russe, la prima attrazione della giornata.
"Namjoon-ah mi chiedo se ce la farai a non fartela sotto, ti conviene andare lì." Seokjin lo prese un giro indicando una giostra per bambini, sicuramente non spaventosa. Namjoon aprì la bocca per dire qualcosa, ma il ragazzo afferrò il braccio di Noah e se ne andò ridacchiando.

Let's meet in New York! [namjin] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora