3. Portami via:

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Pochi minuti prima della mezzanotte, gli spot bianchi si accesero a giorno. La pista da ballo si fermò. Ai tavoli, gli ospiti si rizzarono con i bicchieri lucenti in mano. Lo speaker iniziò il countdown.

Tre, due, uno... botti di tappi in sughero, colate spumose di champagne e urla cristalline riempirono l'aria del nuovo anno.

Carrie incrociò il calice con Andrea. Sul viso aveva un sorriso da copertina di Vanity Fair, ma sotto pelle sentiva ancora la stretta delle dita di Mauro attorno al braccio. Le avevano fatto male. Le aveva fatto male togliersele. Meritava quel dolore, se serviva a lui per liberarsene. Ma aveva visto qualcosa nei suoi occhi che non c'era mai stato prima, e non voleva radicasse lì. Si guardò attorno.

La pista si ripopolò di corpi disinibiti e anime eccitate. Gli uni con le mani sulle spalle degli altri, iniziarono a muoversi a ritmo, in un serpentone barcollante. Poi, le luci bianche si spensero e la musica techno risuonò ad alto volume. Pareva quasi che le trasparenti vetrate volessero esplodere.

Lo vide. Un punto colorato nella calca opaca. Mauro si era lanciato nella mischia. Folle, come una danzatrice la notte della taranta. Lo seguì a distanza come fosse la sua ombra.

Un'ora dopo, la festa era riversa a bordo piscina e volgeva al termine, con cascate pirotecniche.

Mauro rientrò sfinito e si afflosciò su di uno sgabello, al bancone del bar.

La pista interna era semivuota e i tormentoni in voga, solo qualche mese prima, sembravano già brani anni ottanta.

Carrie colse l'attimo. Si interpose tra i suoi occhi e i fuochi d'artificio, oltre la vetrata. Una presenza ingombrante a oscurare la luce. Attese di essere notata.
Poi, avanzò dondolando i fianchi e incrociando i piedi come se seguisse una linea retta tracciata a terra. Nelle mani due calici.

Avrebbe voluto saper tradurre il suo sguardo, così denso di abissali significati.
La distanza fisica pareva infinita.
Il battito incalzante del cuore aveva superato il ritmo dell'incedere.

Stava sbagliando e ne era conscia, ma lui era il bene e lei il male. Aveva bisogno che continuasse ad amarla. Per quanto fosse un concetto assurdo, voleva che conservasse di lei, un ricordo speciale.

A un passo da Mauro, gli allungò il bicchiere. Lui lo prese.
Carrie si sporse e gli bisbigliò all'orecchio: «Ti auguro davvero un anno migliore», e si ritrasse. Accennò a un brindisi e vuotò la flute in un sorso, lasciando una traccia vermiglia di rossetto sul cristallo.

Mauro temporeggiò. Una perla di sudore gli bagnò la fronte aggrottata. Abbassò lo sguardo sul bicchiere e lo roteò. Le bollicine risalirono veloci lungo un sottile filo immaginario fino a scomparire. Sollevò il calice e lo esaurì, poi scese dallo sgabello. Scosse la chioma sudata e mormorò: «Ma cos'è che vuoi da me?»

Carrie indietreggiò. Si era esposta, ma non per dare vita alle sue speranze. Non desiderava riprendere la loro relazione. Solo chiuderla meglio.

Mauro le levò il flûte dalle mani tremule, si protese lungo il suo fianco per riporre i bicchieri sul davanzale della scala che conduceva al piano inferiore.
Un cameriere di passaggio si volse preoccupato nella loro direzione.

Nel riprendere la posizione eretta, vacillò e, per non cascare, si aggrappò alle sue spalle nude. Vi avvicinò il volto, ne aspirò il profumo scambiandolo con il proprio respiro. Con le labbra ne percorse la forma sino allo stacco del collo.

Carrie trasalì. La pelle liscia si increspò. Avrebbe voluto continuare a fingersi indifferente, ma il corpo l'aveva appena tradita.

Prontamente inchiodò le mani sul suo petto per allontanarlo da sé. Noncurante Mauro, fece risalire le proprie per sfiorarle le guance con la punta delle dita.

"Amore mio, il nostro tempo è stato una chimera", avrebbe voluto spiegargli. "Dobbiamo farci bastare i ricordi", ma lui non avrebbe capito.

Mauro gettò uno sguardo appassionato alle sue labbra, ma non le usurpò.

«Amami. Amami, stanotte.»

Carrie sentì le forze venirle meno e provò a sottrarsi alla presa senza successo. Mauro accostò la fronte alla sua.
«Ti prego...», supplicò.

La donna chiuse gli occhi. «No. Non posso... mi dispiace.»

Mauro l'abbandonò e si passò le dita aperte tra i capelli. Arretrò un passo e le lasciò ricadere lungo i fianchi sospirando, mentre gli occhi diventavano lucidi.

Carrie si sentì pulsare le tempie e il cuore premere nello sterno. La sofferenza che trasfigurava i lineamenti di Mauro si incise in lei. Essere la causa di tutto ciò, la devastava. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per rimediare, per rivedere le dolci curve del suo sorriso.

Sbattè le palpebre che bruciavano come carboni ardenti e scattò.
Sotto l'influsso di uno tsunami di emozioni, gli gettò entrambe le braccia al collo. Si avvinghiò ai suoi capelli e alzandosi sulla punta dei piedi lo portò a sé e lo baciò.

Mauro, colto di sorpresa da quella passione insperata, perse quasi l'equilibrio

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Mauro, colto di sorpresa da quella passione insperata, perse quasi l'equilibrio. Sollevò un braccio e ruotò per appoggiarsi al muro alle loro spalle. Con l'altro, le circondò la vita e la strinse forte, per annullare tutte le distanze. I loro corpi presero un'unica forma: quella dell'amore.

Mauro sapeva di fragole e champagne, dolce e frizzante, allo stesso tempo. Carrie si sentì a casa, come se l'universo fosse tornato a muoversi nel verso esatto e tutto avesse ritrovato un senso.
Fu Mauro a staccarsi. Si passò la lingua sulle labbra e sorrise.

«Andiamo via», sussurrò.

Carrie aveva il suo sapore fuori e dentro di sè, ma ne voleva di più. Molto di più.
Annuì. Si protese e lo baciò di nuovo. Lui era la cura o forse lo era lei. Gli slacciò le braccia dal collo e lasciò scivolare le mani sul suo corpo senza riuscire a ritrarle.
Mauro le fermò. Le accarezzò e le trattene all'altezza del petto.

«Ti aspetto al guardaroba dell'ingresso. Ho la moto nel parcheggio».

«Devo cercare Andrea per dirglielo.»

Mauro aggrottò la fronte, e assunse un'espressione preoccupata.

«Ci vediamo là.»

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