cap. 1

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Si volevano ma non sapevano volersi. Sbagliavano strada, si perdevano sempre. Sapevano solo mancarsi. Ecco, a mancarsi erano imbattibili.

pov. zulema

Un colpo, poi due. Un rumore come un tonfo riecheggia nella stanza, o forse è semplicemente il mio cuore che sembra perdere battiti ad ogni passo che mi porta verso il centro di quelle quattro mura. Una radio lasciata accesa suona una musica apparentemente allegra, ma un misto di inquietudine e rimorso invade il mio corpo. I miei movimenti sono lenti, per accertarmi che non ci sia nessuno. L'avevano trascinata di peso qui, non potevo intervenire o avrebbero ammazzato anche me. In parte non avrei voluto lasciarla lì da sola ad affrontare il suo destino, ma non doveva essere un mio problema. Lei non dovrebbe essere un mio problema. Non si era consegnata al nemico facilmente, riuscii a vedere il suo viso ricoperto di lividi e sangue. C'era da aspettarselo, è così testarda, non si arrende mai. Il suono delle lavatrici funzionanti mi entra nelle orecchie, come per svegliarmi da un sogno.
Poi un lampo mi colpì in pieno.
Mi passarono davanti gli ultimi anni in carcere. La persona a cui ho rovinato la vita e che ha rovinato la mia. La persona che più dovrei odiare a questo mondo. Questa pressione al petto non aiuta, le mie gambe sembrano star per cedere da un momento all'altro.
La lavatrice.
Premo l'interruttore per spegnerla, gli occhi mi si sbarrano.

L'acqua esce e il corpo di una bionda quasi senza vita appare. Mi sembra di stare per impazzire. Non riesco a muovermi, sono bloccata con il suo corpo inerme fra le braccia. Stendo il suo corpo bagnato d'acqua e schiuma sul pavimento. La guardo, sembra quasi rilassata, come se non fosse successo nulla di tutto ciò, come se dormisse. Ha un viso angelico con la bocca leggermente aperta e un'espressione riposata. Una lacrima sfuggita al mio controllo, mi percorre la guancia.
Da quando
Da quando mi importa
Da quando tento di salvare la vita alla persona che odio di più al mondo
Perché sento questo peso sul cuore che non mi lascia respirare normalmente
Perché ho la vista appannata dalle lacrime
È davvero così importante? Sarà l'agitazione

Urlo il suo nome, le urlo di svegliarsi, di respirare, di vivere.
Le mie urla arrivano alle mie orecchie come un rumore bianco. Lei non si sveglia, continua a tenere gli occhi socchiusi, non può essersi arresa. Non posso essermi arresa. 
Cerco di rianimarla, pratico il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca ma sembra non funzionare. Metto da parte tutti i nostri scontri e problemi. Non mi riconosco neanche. L'ho rovinata, mi ha rovinata. La odio, più di quanto odi me stessa. Odio tutto quello che ci ha rovinato. Mi convinco che la salverò per ucciderla io stessa, infondo abbiamo ancora un conto in sospeso. Altre persone non possono avere quella soddisfazione, che in questo momento mi sembra così distante, sembra non mi appartenga.

Sussulto quasi a sentire le mie labbra a contatto con le sue, un tocco leggero, giusto per darle aria. Un tocco banale, di nessuna importanza, come molti altri dati senza alcuna logica. Un tocco essenziale, per vivere.

  il giorno dopo

Preghiere, candele, frasi fatte. Un ciondolo con una farfalla gialla ha il suo nome inciso sopra.
"Maca te esperamos"
Il cancello del cortile ne è pieno.
"Come sta la regina della centrifuga? Ancora viva?" dico seria, non facendo trasparire nessuna emozione. Accendo una sigaretta continuando ad osservare ogni oggetto lasciato per lei su quel cancello. Uno ad uno. Riccia accende una candela gialla, come se non ce ne fosse già abbastanza di questo colore. Il colore che la stava portando alla morte. 
"È andata in arresto cardiaco due volte prima di arrivare in ospedale" mi risponde quest'ultima fissando le cinesi dietro di noi. La rabbia e la vendetta scorrono nelle mie vene dopo quella frase, non resteranno impunite, non dopo questo. Goya e la sua ragazza sono radunate insieme alle altre, ascoltando il nostro acido scambio di battute.
"Che significa?" chiede con in bocca il solito bastoncino di plastica guardandomi.
"Significa che se sopravvive, dovrà usare i pannoloni, una sonda alimentare e un sollevatore per alzarsi dal letto" le rispondo come se fosse normale, ma non sarà così, la sua testardaggine è troppa per finire in un letto con questa vita. Faccio una smorfia al solo pensiero.
"Che c'è? Ti fa tanto ridere?" Riccia mi scruta ma distoglie lo sguardo subito dopo.
"No, ma tutte le candele e le frasi di Paulo Coelho mi infastidiscono quando nessuno osa opporsi alle cinesi" le rispondo alzando la voce e scandendo le mie parole. Delle risate arrivano alle nostre spalle, le cinesi guardano la scena divertite. Riccia scatta davanti a loro ma Saray la ferma in tempo.
"Non così, no". Le altre si avvicinano.
"Ci daranno la caccia, una a una. La domanda è chi sarà la prossima". Mi squadrano, aspettando che io sappia cosa dire o cosa fare. Niente azioni avventate, niente stupidaggini. La vendetta è un piatto che va servito freddo, no?

L'inferriata scorre, rivelando la figura di Castillo. Entro nella sala visite e gli faccio un cenno col capo.
"Dicono che se non fosse stato per te,  Ferreiro sarebbe arrivata morta in ospedale" afferma sedendosi scrutandomi in viso.
"So che sono state le cinesi, testimonieresti contro di loro?" mi domanda aspettando una risposta che sa già non arriverà. Gli rivolgo un sorriso ironico, sapeva non avrei parlato.
"Comunque volevo ringraziarti per averla tirata fuori da quella lavatrice" continua serio guardando il tavolo bianco della sala.
"Beh questo non me lo aspettavo.  Di niente, suppongo" ribatto titubante, sospirando pesantemente.
"Se posso fare qualcosa per te"
"Che ne dice della libertà?" rispondo ridendo come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
"Pensavo più a qualcosa come un pacchetto di caramelle gommose"
"Non mi piacciono, sigarette? "
Mi passa il pacco e ne prendo una continuando a parlare.
"Ispettore Castillo. Mi sono sempre chiesta quale fosse il suo legame con Macarena. Perché le importa tanto?" Porto la sigaretta alle labbra e la accendo  non distogliendo la sguardo dal suo. Faccio un tiro rilassandomi e faccio uscire il fumo che si disperde nell'aria.
"Se la vuole scopare? O è perché ha fatto saltare le cervella della madre?" mi sporgo più sul tavolo, fissandolo.
"E tu? Perché hai salvato Maca? Non di certo perché sei una brava samaritana"
Non rispondo, la sua domanda mi lascia spiazzata in balia dei miei pensieri.
"Ma perché ti serve. Perché in questa tua merda di vita, ti serve una ragione per alzarti al mattino. L'hai salvata così da poterla uccidere tu stessa, ma hai pestato i piedi alle cinesi e ora hai un bersaglio sul petto. Sbaglio?"
Distolgo lo sguardo dal suo per la prima volta in questa conversazione, chiudo gli occhi cercando di non pensare. Se ne va lasciandomi con la sigaretta ancora tra le mani, la cenere formatasi al vertice di essa non ancora scossa.

Mi serve una ragione per alzarmi ogni mattina, è per questo che l'ho salvata?

ciao a tutt*, questa è la mia prima fanfiction quindi non sarà una delle migliori. Questo primo capitolo è più un'introduzione lol. Perdonatemi se ci sono errori grammaticali, cercherò di sistemarli il prima possibile. Spero sia decente e che vi piaccia<3

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