9. "Ghiaccio e Fuoco"

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Mancavano nove giorni al ballo, io avevo scoperto meno di quanto mi aspettassi e Fabrizio aveva deciso di ignorarmi ancora: la solita routine, insomma

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Mancavano nove giorni al ballo, io avevo scoperto meno di quanto mi aspettassi e Fabrizio aveva deciso di ignorarmi ancora: la solita routine, insomma. Ma sì, in effetti, c'era qualcosa di nuovo: ora avevo la certezza che i Capuleti facessero davvero parte della mia vita.

Quel quadro, i due bauli e la lettera – una lettera indirizzata a me! Pur vuota, quell'epistola rimaneva una traccia importante per scoprire il resto. Avevo deciso di tenerla in una tasca dello zaino, per sicurezza. Volevo la prova tangibile che qualcosa, presto, sarebbe cambiato.

«Scommetto che te ne sei dimenticata!», borbottò Ambra, nella mia direzione.

Fu come svegliarmi da un sogno. Ultimamente, ero così occupata, tra i segreti che cercavo di svelare e quel lunatico di Fabrizio, che ero spesso assente.

«Di cosa?», ribattei, sforzandomi con tutta me stessa di ricordarmi davvero cosa dovesse accadere quel giorno. Non era un compleanno. Non ero il tipo da scordarmi il compleanno degli altri.

Ambra mi trapassò con lo sguardo. Non sopportava il fatto che fossi tanto con la testa fra le nuvole.

«Angelica! Oggi, ci sarà la mia festa, ricordi? La festa che sto organizzando da tre mesi, quella che doveva anticipare il ballo! Abbiamo anche distribuito gli inviti insieme, come hai fatto a scordartene?»

Sbiancai. «Oh, no! La festa... quella festa! Oddio! Come ho fatto a...»

Ambra aveva speso anima e corpo nei preparativi di quello sarebbe stato uno degli eventi più importanti per gli studenti della nostra scuola: aveva fatto portare delle stoffe dall'estero, invitato solo le persone più in, e organizzato tutto nei minimi dettagli – catering, decorazioni, la sala più grande e più bella di casa sua, musica dal vivo, un grande schermo e la piscina.

Quella notte, inoltre, secondo le previsioni del meteo, il cielo si sarebbe schiarito e avremmo potuto ammirare moltissime stelle: era per questo che ero stata così entusiasta di contribuire ai preparativi. Chissà che non passasse qualche cometa!

«E poi, dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto per creare quei vestiti! Sono stata due mesi a cucire i modelli che tu hai disegnato per me, te e Diana!»

Arrossii. Non ero più in me da parecchi giorni. Improvvisamente, ricordai il momento in cui io e Ambra avevamo finito il progetto dei nostri abiti per la festa: avevamo faticato a lungo, ci eravamo sforzate di creare qualcosa di originale, ma raffinato, di elegante, ma semplice. Per Ambra, avevo disegnato un abito lungo, blu notte, senza maniche, legato dietro la schiena; avrebbe avuto un profondo scollo a V sul davanti, e sarebbe stato impreziosito da veri brillanti. Il vestito di Diana, invece, sarebbe stato più corto e fabbricato in un tessuto più rigido, in modo che la stoffa cadesse diritta sul ginocchio. Verde, con una cintura di diamanti sulla vita, senza maniche, ma a collo alto. In abbinato, Ambra aveva cucito un coprispalle di sottilissimo raso nero, quasi trasparente, con alcuni diamantini incastonati. Infine, il mio vestito: Ambra aveva molto insistito affinché fosse rosso, anche se io non ero molto convinta di quella scelta. Mi piaceva esagerare, di solito, ma forse, in quell'occasione, sarebbe stato eccessivo. L'abito, in effetti, doveva essere di un rosso acceso, in stile impero e con un corpetto fatto interamente di piccole roselline bordeaux, intrecciate fra di loro, come una fitta maglia. A chi non sarebbe piaciuto indossare un vestito del genere?

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