CAPITOLO 7

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EMMA


Il cinguettio degli uccelli.

Respiro...

L'alba di un nuovo giorno.

Respiro...

Il vento soffia, delicato e il pretricore attraversa il mio olfatto.

Ancora un bel respiro...

La notte è scivolata via insieme al sapore delle lacrime; non ho chiuso occhio neanche un istante e probabilmente se mi guardassi allo specchio, avrei l'espressione molto simile a quella di uno zombie. Ho abbandonato la camera senza fare rumore e ho raggiunto il cortile, avvolta dal mio cappotto. Nonostante Marzo porti l'avvicinarsi della primavera, il clima è ancora particolarmente freddo, qui. Il grigiore delle nuvole insieme al buio della notte precedente viene spazzato via dalle prime luci del mattino. Gli alberi rosei di magnolie, le cui foglie sono imperlate da goccioline di rugiada, sembrano luccicare come piccoli diamanti.

Il primo raggio di sole mi accarezza la pelle, ed è una piacevole sensazione.

Chiudo gli occhi e sospiro. «Grazie per avermi donato un altro giorno», poi li apro nuovamente quando avverto il cigolio del cancello automatico. Qualcuno sta arrivando. Pochi secondi dopo, un auto blu parcheggia davanti all'abitazione. I vetri sono oscurati e non riesco a capire chi ci sia dentro.

Aspetta... è l'auto che sarebbe passata a prendermi all'aeroporto, quindi dentro c'è...

La portiera si apre, ad uscire è il signor Daniel. Indossa gli stessi abiti del giorno precedente e ciò fa presumere che abbia trascorso la notte fuori. Probabilmente sarà stato in  laboratorio o forse a schiarirsi di idee...
Si accorge della mia presenza e quasi disturbato, mi scruta dall'alto verso il basso. Senz'altro non immaginava di beccare la sottoscritta così presto.

«Buongiorno» si avvicina piano, i capelli scomposti e il viso che pare sottolineare stanchezza.

«Buongiorno», rispondo appena. Mantengo un profilo basso, ho paura che possa notare i miei occhi rossi e gonfi.

«Ha dormito bene?» piega la testa di lato mentre continua ad adocchiarmi.

«Sì. In realtà ieri ero così stanca che mi sono addormentata vestita» mento scherzosa, ma lui continua a scrutarmi serioso.

«Capisco» risponde semplicemente. Si posiziona al mio fianco con le mani in tasca e il viso proiettato in lontananza. La sua presenza mi rende un po' agitata.

«Lei, invece? Ha dormito bene?» È evidente che non abbia dormito e che la mia domanda risulti alquanto sciocca, ma sono curiosa di sapere dove sia stato.

Aspetta un pochino mentre scalcia sull'asfalto umido. «È sempre così mattutina?» devia la mia domanda, ma d'altronde avrei dovuto aspettarmelo. Se ti avvicini troppo, rischi di graffiarti la pelle e forse anche il cuore.

«Mi piace la tranquillità», mi limito a dire.
Un sorriso sghembo gli si forma sulla bocca, quell'aria sicura tipica di chi conosce già la risposta.
«Io e lei siamo l'esatto opposto» dice improvvisamente, ed io mi fermo di colpo. «Però abbiamo qualcosa che ci accomuna.»

I suoi occhi incrociano impavidi i miei e per un attimo avverto un formicolio all'altezza dello stomaco. «Non siamo poi così bravi a mentire.»

Non parlo, resto semplicemente in silenzio... un silenzio che pare risuonare come clacson in mezzo ad un traffico. Il solo pensiero che qualcuno possa scovare le mie debolezze mi fa pencolare; perché nessuno può capire fino in fondo il dolore dell'altro finché non l'ha provato sulla sua pelle. E me li trascino con forza quei vuoti, quei dolori che mi porto dietro per non mostrarli al mondo intero; lasciano che pesano e facciano male fino a confoccarsi nella pelle.

La strada che ti riporta al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora