CAPITOLO 10 (SECONDA PARTE)

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DANIEL

Sono le otto e un quarto. Ben quindici minuti di ritardo!

Emma non è ancora scesa per la cena e la cosa inizia ad insospettirmi; certo, riconosco la mia mania di controllo su ogni singola circostanza, ma non è da lei ritardare di così tanto.

«Papà, quando arriva Emma?» Anche Thomas sembra scocciato dalla situazione e continuamente si guarda intorno nella speranza di ravvisare una chioma biondo miele.

«Vorrei saperlo anch'io» mormoro, picchiettando nervosamente le dita sulla tavola, spazientito, ma proprio in quel momento arriva Adelle a servire la cena.

«Adelle, potrebbe gentilmente avvisare la signorina Evans che la cena è servita?»

«Oh, mi perdoni. Ho dimenticato di riferirle che la signorina resterà in camera questa sera perché non si sente molto bene.»

«Cos'ha? Sta male?» chiede mio figlio con tono preoccupante e personalmente non credo di essere da meno.

«Stia tranquillo signorino Thomas, vedrà che domani starà meglio» lo rassicura con tono pacato, ma la cosa non mi convince per nulla. «Signor Daniel, potrebbe seguirmi un attimo fuori?», e il cambio espressivo non fa altro che darmi conferma.

«Credo che la signorina abbia qualcosa» mi spiega una volta che siamo lontani dalle orecchie di mio figlio.

«Ha la febbre? Dobbiamo chiamare un medico?»

«No, non fisicamente» agita le mani.

«Potrebbe spiegarsi chiaramente?» Confesso di sentire il cuore rimbalzarmi più volte in gola dall'agitazione.

«Vede, quando sono andata alla sua porta c'era qualcosa di strano in lei.»

«In che senso?»

«Non saprei dirglielo con precisione, ma sembrava molto giù di morale.»

«Ne è proprio sicura? Questa giornata pare si sia divertita molto con mio figlio...»

«Signor Daniel, ci sono cose che noi donne non confessiamo semplicemente per non mostrare la nostra fragilità, eppure delle volte abbiamo soltanto bisogno di una carezza che ci rassicuri.»

«Continuo a non seguirla» ammetto, scuotendo la testa.

«Quella ragazza ha lasciato casa, il suo lavoro, i suoi affetti per venire fin qui. Potrebbe avere bisogno di una spalla amica, in questo momento.»

«Io... non saprei davvero come aiutarla» deglutisco, sconcertato.

«Ne è proprio sicuro?», mostra un lieve sorriso, per altro come se volesse alludere ad un qualcosa di evidente, ma che ignoro totalmente.

Durante la cena non ho fatto altro che rimunginare, e le continue moine di mio figlio non sono state d'aiuto. I pensieri si sono accavallati in un'unica direzione e più ripensavo alle parole di Adelle, più avvertivo una certa smania.

Ci sono molte cose che noi donne non confessiamo semplicemente per non mostrare la nostra fragilità

Potrebbe avere bisogno di una spalla amica, in questo momento.

Riflettendoci bene, quelle parole non suonavano poi così strane. In barca, Emma ha provato a raccontarmelo quando ironicamente l'ho definita una rivoluzionaria.

Delle volte non tutto è come sembra. Ci sono dei lati che oscuriamo per paura di mostrarci vulnerabili.

Confesso di aver percepito una sofferenza molto simile alla mia, eppure c'era ancora qualcosa che continuava a sfuggirmi. Se sentiva così tanto la mancanza di casa, perché aveva deciso di rifugiarsi su un'isola? C'entrava il divorzio dei genitori? E tutta quella sofferenza era dovuta a qualcosa, oppure a qualcuno?

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