Che cosa accadrebbe se, di colpo, il tempo si fermasse? Se fossi inghiottita, lentamente, da un enorme buco nero dal quale non sapresti più uscirne? Come se, d'un tratto, la tu vita cessasse e tu assumessi le sembianze di un piccolo puntino in mezzo al nulla... anzi, diventi il nulla. Passi al dimenticatoio, attimo dopo attimo, inesorabilmente.
È ciò che sarebbe accaduto se solo non avessi sbattuto le palpebre, se avessi continuato a lasciarmi cullare da quell'oblio.
Quella mattina aprii gli occhi, per la prima volta dopo due mesi. I medici lo chiamavano coma profondo, ma d'altronde è solo un modo carino per non dire che tua figlia ha buone probabilità di non risvegliarsi più.
La luce che filtrava dalla finestra era così calda e accecante da provocarmi bruciore e fastidio alla retina dell'occhio. La gola mi pizzicava, deglutii con una fatica immensa mentre le labbra erano secche e grinzose. Ogni più piccola parte del mio corpo faticava nel rispondere ad un semplice comando. Tutto intorno parve sfocato ai miei occhi. Mi sforzai nel vedere meglio; solo in un secondo momento compresi dove mi trovassi: ero in un letto d'ospedale.
Il continuo ticchettio della macchina monitorava i battiti del mio cuore mentre una flebo era attaccata al mio braccio destro. Del liquido biancastro scendeva goccia dopo goccia nelle mie vene. Osservai la chioma biondo miele di una donna, poggiata contro il bianco delle lenzuola mentre con una mano teneva stretta la mia.
"Mamma", la chiamai interiormente. Quasi come se avesse percepito il suono della mia voce, sollevò lentamente il capo e ancora stordita dal sonno, si voltò a guardarmi. Sgranò gli occhi con un misto di gioia e sollievo. «Ha aperto gli occhi. Mia figlia ha aperto gli occhi» iniziò a gridare. Appoggiò le mani sulle mie spalle e tra lacrime e singhiozzi affondò il viso nell'incavo del mio collo. «Dio ha ascoltato le mie preghiere. È arrivato il miracolo.»
Con gli occhi gonfi e inumiditi mi accarezzò il viso; ero completamente frastornata e l'unica parola che riuscii ad emettere fu un solo nome: Will.
Strinse gli occhi, mordendosi le labbra. «Mi dispiace, lui non...»
Il dolore più acuto e straziante lo sentii arrivare dritto al petto. Ero appena uscita da un tunnel oscuro per entrarne in un altro ancora più cupo e spento. Avrei voluto gridare ma le forze me lo impedivano; avvertii solo un'unica lacrima calda e lenta che dagli occhi solcava la mia anima.
La morte mi aveva risparmiata in cambio della sua vita.
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La strada che ti riporta al cuore
ChickLit"Io e lui siamo fatti di carne e cicatrici, accomunati dallo stesso feroce dolore" La vita è quella cosa che ci viene donata ancor prima di respirare, ancor prima di emettere un piccolo vagito; la vita... sì, ci viene donata con la stessa facilità c...