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Ovviamente mi preoccupavo per lui, era il mio paziente e quindi la mia priorità sul lavoro e non. Se gli fosse capitato qualcosa mi sarei precipitato da lui anche se fuori da orario lavorativo.

G: "cosa facciamo oggi? fuori piove non potremmo uscire"

A: "qualunque cosa tu voglia"

Io ero rimasto in piedi accanto a lui, che ora sedeva a gambe incrociate mentre mi guardava dal basso. Sembrò pensarci un attimo a come rispondere e quando stava per farlo venne aperta la porta.

C: "mi ero dimenticata di lasciarti gli antidolorifici, viraccomando non fare come l'altra volta"

G: "non lo farò"

C: "ciao Giorgio, ciao Alex"

Giorgio sembrava in evidente imbarazzo, io non avevo avuto il tempo di elaborare cosa fosse successo a causa della velocità con cui era avvenuto tutto, infatti avevo semplicemente salutato Chiara alzando di poco la mano.

A: "cos'era successo l'altra volta"

G: "niente di che ma Chiara gli dà più peso di quello che dovrebbe, deduco che lei la conosca, l'ha chiamata Alex"

A: "si, la conosco"

G: "sa, penso che a lei piaccia"

A: "ah si? cosa te lo fa pensare"

G: "intuito, a lei invece? piace anche a lei vero?"

Mi sorrise, quasi in maniera triste, e per quanto cercasse di nasconderlo parlando di lei si vedeva che era chiaramente in imbarazzo.

A: "è una domanda abbastanza personale non credi"

G: "ha ragione, mi scusi"

Ciò non significava però che non volessi rispondere.

A: "non è il mio tipo, non lo è affatto"

G: "sa, me la ci vedo con ragazze molto serie, composte"

A: "non intendevo quello"

G: "cosa intendeva allora...oh"

A: "già"

G: "non me l'aspettavo"

Di certo non era un qualcosa che andavo a dire in giro, ma non ci trovai nulla di male a parlargliene; magari ora che sapeva qualcosa in più di me il rapporto sarebbe migliorato, dato che fino ad ora ero solo io a sapere qualcosa di personale dell'altro.

Mi avvicinai alla finestra osservando il cortile, Giorgio intanto continuava a scusarsi per aver uscito un argomento abbastanza personale, forse dai miei comportamenti sembrava me la fossi presa. Vidi Chiara camminare di fretta sotto la pioggia mentre se ne andava, eravamo al terzo piano ma la riconobbi chiaramente.

Non era proprio il mio tipo.

A: "la stai rendendo più grande di quello che è, se non avessi voluto che uscisse l'argomento ti avrei fermato subito e non l'ho fatto"

G: "mi sento come se io l'abbia forzata a parlarne"

A: "ma non l'hai fatto, davvero Giorgio, stai tranquillo"

G: "mi spiace"

Gli feci un sorriso, esasperato, sapendo che si sarebbe sentito in colpa per tutta la giornata se non di più, ma davvero non ce n'era bisogno.

Un infermiere venne a bussare alla porta, scusandosi per l'interruzione e informando Giorgio che aveva visite; lui mi guardò, come per chiedermi il consenso, l'infermiere non attese nemmeno la risposta che se ne andò.

A: "se te la senti va bene"

G: "me la sento, lei verrà vero?"

A: "se tu vuoi che io venga con te non ci sono problemi, così come se vuoi che ti lasci del tempo da solo con chiunque voglia vederti"

G: "io voglio che lei ci sia"

E così ci dirigemmo alla sala in cui venivano accolti i visitatori, camminavamo uno a fianco all'altro.

A: "comunque Giorgio, ormai ci vediamo da un mese e se non ogni giorno quasi perciò penso che possiamo toglierci qualche formalità"

G: "certo, mi fa piacere"

A: "se ti fa sentire a tuo agio, puoi darmi del tu"

G: "va bene, grazie"

Pensandoci non c'era nulla di male o di strano, molti psicologi una volta conosciuto il proprio paziente si facevano dare del tu, come per far capire che non vi è distinzione fra i due. Così era fra noi, e speravo lo pensasse anche lui.

Una volta arrivati ci sedemmo a un tavolo libero e aspettammo il visitatore: io e Giorgio uno di fianco all'altro con una sieda libera di fronte a noi. Mi resi conto di una cosa, che nel tempo avevo notato essere frequente in Giorgio, ovvero che muovesse la gamba quando stava seduto; magari era solo un'abitudine che aveva preso, non per forza doveva significare qualcosa di serio.

Non c'erano molte persone lì e di conseguenza neanche molto personale, motivo per cui non mi feci problemi se fosse professionale o meno e spostai la mia gamba così da far toccare il mio ginocchio a quello di Giorgio. Vederlo muovere la gamba senza smettere aveva fatto cominciare anche la mia a muoversi e mi dava particolarmente fastidio quando lo faceva.

Giorgio si alzò per prendere dell'acqua e io mi sedetti normalmente, quando tornò vidi che mise la sua gamba più vicina alla mia e nel vedere che non mi stavo movendo mi guardò confuso. Forse aveva frainteso.

A: "la gamba"

Sussurrai e indicai la gamba che stava movendo prima, lui sembrò capire e ridacchiò mentre si sedeva più composto. Non sapevo se trovare quella situazione imbarazzante o meno e mi chiesi se anche lui lo stesse pensando.

Finalmente arrivò, un ragazzo abbastanza alto dai capelli e gli occhi scuri; quando arrivò stava parlando al telefono e nel vedere Giorgio la sua faccia non fu più seria. Chiuse la chiamata, una volta arrivato al tavolo mi alzai e ci stringemmo la mano, era il famoso Ettore.

E: "scusatemi, sapete solite cose, firmare i moduli, dire chi sono, eccetera"

G: "con chi stavi parlando?"

E: "con Anna, purtroppo oggi non è riuscita a venire mi spiace, ma la prossima volta che verrò la obbligherò a venire"

G: "sta tranquillo"

E: "nei prossimi giorni dovrebbero passare pure Stefano e Mario, devono solo trovarsi un giorno libero in comune, sai tra università e lavoro"

G: "certo, comprensibile"

Continuammo a parlare, mi presentai, Ettore nominò a Giorgio delle persone, che dedussi essere i vari membri del loro gruppo, e gli disse che chiedevano spesso di lui ma a causa del lavoro, famiglia o scuola non riuscivano ad andare a trovarlo e non sapevano se avrebbe gradito una loro visita. Era evidente che Giorgio ci rimasse male ed anche Ettore, ma cercavano di consolarsi a vicenda.

Giorgio non sembrò molto contento in quel momento, ero certo fosse felice di vederlo ma magari stava male per semplice nostalgia, sicuramente sentiva la mancanza dei suoi amici e vederli in quel modo non penso sia proprio il massimo.

Il tempo di visita massimo era di un'ora e quindi, una volta passata, Ettore si ritrovò costretto ad andarsene. Stavolta lui e Giorgio si abbracciarono, lui sembrò volerlo fare anche con me ma ero abbastanza in imbarazzo e gli strinsi semplicemente la mano; lui sembrò capire e vidi Giorgio sorridere.

The boy from room 8B - TheBadNautsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora