XVI: Il suicida e il comunista

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«Dim... Dimitrij..» sussurro, quando sento le sue dita spostarsi dalle mie labbra al mio petto, disegnando la silhouette del mio corpo da sopra alla giacca jeans e alla felpa. Le sue mani fredde scivolano sotto all'indumento, direttamente sulla pelle nuda, scorrendo dalla pancia allo sterno. Ogni movimento delle sue dita mi infiamma la carne.

«Dimka.» mormora, inclinandosi all'altezza del mio volto, le nostre labbra separate solo da un filo di vento e una canzone proveniente dal film in sottofondo a coprire parzialmente le nostre voci. «Così è meglio.»

Ho la faccia infuocata, quando le sue labbra trovano le mie e deliziosi brividi scivolano dal petto al cavallo dei pantaloni: le sue dita mi stanno accarezzando e pizzicando i capezzoli e la sua lingua non fa altro che punzecchiare la mia, attraendola prima di lasciarla andare, separando le nostre bocche, per poi farle incontrare di nuovo. Il bombardamento di sensazioni improvvise mi spinge a chiudere il pugno, finendo per strizzare fra le dita la terra sotto cui sono steso, mentre l'altra mano si solleva per afferrargli il bavero della giacca di pelle.

«Dimka.» chiamo, ad occhi chiusi, la fronte leggermente aggrottata e il fiato sospeso, quando i nostri bacini si sfiorano. Un fulmine a ciel sereno. Sento la sua durezza contro la mia attraverso strati di tessuti. Ho il fiatone, come se avessi appena corso una maratona nella palestra scolastica, e non è nemmeno la cosa peggiore. Devo aver assunto un colorito rossastro, i miei capelli devono essere un disastro. Siamo all'aperto. E... non me ne importa niente. Vorrei solo poterlo sentire un po' più vicino.

«Noah.» risponde a sua volta e il modo in cui pronuncia il mio nome con l'accento slavo - come se fosse una spezia sconosciuta, un po' piccante, sotto al palato - mi fa arricciare le dita dei piedi dentro alle scarpe. Poi avverto la sua mano sul bottone dei pantaloni e prima che me ne accorga gli stringo il polso, fermandolo un attimo prima che violi quell'ingresso.

«Asp..aspetta... io.. N-non sono una ragazza..» deglutisco, cercando di respirare piano anche se il cuore galoppa a tutta forza. «Se.. se è uno scherzo...» Dovresti fermarti qui. Lo penso, ma non riesco a dirlo. Posso realmente definirla una burla? Lo era quando ci siamo ritrovati chiusi nello stanzino a casa di Helen. Quel giorno, diversamente da ora, volevo fuggire il più velocemente possibile. E poi, l'anello che mi aveva infilato al dito e succhiato via perché non riuscivo a toglierlo... Ma soprattutto, c'era quello che aveva fatto a casa sua. Prima che Leo mi chiamasse e le cose precipitassero in maniera inevitabile.

Se non ci avesse fermato la chiamata, fin dove ci saremmo spinti? Fino a che punto gli avrei permesso di toccarmi? "... iniziavi a piacermi sul serio, Lentiggini" Quanto delle intenzioni di Dimitrij è falso e quanto è vero? Non riesco a capirlo in nessun modo. E non so nemmeno come dovrei comportarmi di conseguenza. Non mi sono mai piaciuti i ragazzi, prima d'ora. Né le ragazze. Nessuno si era mai avvicinato tanto.

«Ti sembra uno scherzo?» soffia vicino alle mie labbra, spostando la mano con cui l'ho fermato fino ai suoi pantaloni, premendola contro di sé. Sgrano gli occhi, avvampando: allora non ho sentito male, quando i nostri fianchi si sono toccati... E' eccitato.

Deve aver compreso ciò che penso attraverso la mia espressione, perché ora sorride come un criminale davanti ad un banca, con tutte le cattive intenzioni di questo mondo. Mi lascia il polso, usando le dita libere per raggiungermi i jeans. Invece che fermarlo, inarco leggermente la schiena, spingendomi contro le sue dita, che abbassano la zip e armeggiano con l'elastico bianco dei boxer.

«Ah!» I brividi mi sconquassano tutto il corpo quando la sua mano sfiora la mia durezza, torturandone la punta. Corro a tapparmi le labbra, socchiudendo gli occhi per osservarlo fra una tenda di ciglia fitte e castane. Mi guarda con un tale ardore che mi inturgidisco ulteriormente fra le sue dita, senza rendermi conto che si sta sbottonando i jeans a sua volta: il contatto umido e caldo fra le nostre virilità mi fa sgranare gli occhi, stritolare la manciata di terra che ho dentro al pugno. «Qualcuno.. potrebbe-»

Blood calls Blood | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 | (IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora