I: Annuario

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Appoggio la mano sulla superficie di legno della porta, assottigliando le labbra in una smorfia, mentre avvicino il volto e tendo l'orecchio nella speranza di sentire qualcosa: il rumore di uno sparo, la vibrazione del joystick, qualche esclamazione di contenuto entusiasmo per il nemico colpito. Raramente gioco con lui ai videogiochi e ormai ho smesso di farlo da anni, ma i suoi gusti in fatto di hobby rimangono sempre gli stessi. Batto una sola volta sulla porta, un pelo frustrato dal suo perentorio silenzio. Dovrebbe almeno salutarmi prima di vedermi andare via di casa fino a data da destinarsi. Invece, dopo il mio singolo scontro di nocche contro il legno, c'è soltanto silenzio. Alzo gli occhi al cielo per non cedere del tutto il passo al dispiacere, che mi arrovella il petto come la puntura di uno spillo.

«Andiamo, Josh!» esclamo, colpendo la porta una seconda volta. Butto fuori un profondo respiro, poi mi volto e mi allontano per giungere verso la mia camera da letto. Un paio di trolley grossi quanto la metà di me sostano sul pavimento, colmi fino all'orlo, ma ancora aperti. Ho aspettato fino all'ultimo momento per chiuderli. Non volevo che fosse così lampante, il mio desiderio di andarmene. Ma adesso è arrivato il momento, perciò chiudo entrambe le valigie e lascio che lo scatto della zip risuoni in tutta la mia stanza come una specie di saluto d'addio.

Addio scrivania, su cui ho scritto pagine e pagine di pensieri, ricordi, segreti. Addio libreria, dove pensavo sarebbero rimaste a guardarmi per molto più tempo le saghe dei miei romanzi preferiti. Addio letto, che ha accolto i miei incubi più oscuri, ma anche le mie speranze più grandi, represse in sogni soffocati contro al cuscino. E poi dico addio ai poster sulle pareti, e all'adorato blu elettrico che dipinge i muri e avvolge ogni mobile. Prima di chiudere la porta della mia stanza trascinando fuori le valigie, acciuffo il caricatore del cellulare e rivolgo un'ultimissima occhiata a tutto quanto. Mi mancherà questo posto.

Dopo, mi trascino nel corridoio e passo di nuovo davanti alla camera di Josh. Lì mi blocco. «Ascolta, fratellino... Lo capisco che sei arrabbiato.» sussurro, benché la mia voce sia abbastanza alta da raggiungere l'altro lato della porta. Appoggio la fronte contro l'anta, lentamente, accarezzandola con la punta dei polpastrelli come se mi immaginassi di accarezzare lui. «Ma devo andare, lo sai...» Chiudo le palpebre, inspirando il familiare odore di casa, che non è un profumo preciso, ma la mistura di tanti ricordi accumulati negli anni. Non posso credere di starmi per trasferire davvero.

«Devo mettermi in pace con me stesso.» continuo, alzando un poco il tono della voce. Perché so che continuerò a tormentarmi, fino a che non scoprirò tutta la verità sui miei genitori. «Non pretendo che tu mi comprenda.» concludo, aspettando ancora per una manciata di secondi davanti alla sua porta. Poi, però, mi arrendo al suo silenzio e mi dileguo al piano di sotto, abbattuto, trascinando le valigie con una certa difficoltà. Alla fine, le abbandono all'ingresso e seguo il profumo di bacon abbrustolito fino in cucina, dove mi appoggio allo stipite della porta con le palpebre abbassate.

«Ehi, papà.» lo chiamo, distogliendo la sua attenzione dai fornelli. «È ora.» Non vado così d'accordo con lui come vorrei, ma non si è mai azzardato a dirmi che si è pentito di avermi adottato. Sono sempre stato convinto che Josh fosse il suo preferito... Del resto, è il suo vero figlio e non viene da nessuna strana tragedia orchestrata per il giorno di halloween. Nonostante ciò, mentre me ne sto con lo zaino in spalla e le chiavi della macchina in una mano, mi rivolge uno sguardo premuroso.

«E io che volevo prepararti la colazione prima di lasciarti partire.» dice, emettendo poi un verso a metà fra un sospiro ed una risata, mentre appoggia una mano sullo schienale della sedia, vicino a me. Lo fisso per qualche istante: i capelli brizzolati, nessun filo di barba sulla faccia e una di quelle magliette che si vedrebbero indosso ad un giocatore provetto di golf. Non l'ho mai visto con una camicia in tutto il tempo che abbiamo vissuto insieme. Alla fine, scuoto il capo.

Blood calls Blood | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 | (IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora