Fenrir, preda dei lupi

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_ Norvegia, fine 1500

C’erano almeno venti centimetri di neve nel bosco, lontano dalla strada. 
Una figura incappucciata si aggirava tra le conifere, un cesto di vimini stretto in grembo, il fiato corto per la temperatura rigida e la fatica. 
Sulla corteccia degli alberi vide dei graffi poco profondi, a terra macchie rosse: “Lupi” pensò: “Sono passati di qui qualche ora fa” seguì le tracce del sangue fino a una piccola radura al centro della quale intravide una massa scura: “Avranno preso qualche animale” si avvicinò lentamente prendendo il pugnale che portava alla cintura: era pericoloso girare disarmati in quel periodo dell’anno. 
I passi affondavano nella neve fresca fin sopra la caviglia, rendendo i movimenti difficili. 
Si avvicinò alla massa informe e sembrò rilassarsi quando riuscì a inquadrarla del tutto: era il corpo sventrato di un uomo, i lineamenti del volto tirati in una smorfia di dolore.
Gli girò un po’ attorno, cercando qualche impossibile segno di vita, poi sogghignò: “Perfetto”. 

Quando Holt si svegliò sentì una piacevole sensazione di caldo. 
Sentiva sul corpo il tepore delle pellicce e la luce arancione del fuoco riscaldava l’ambiente. 
“Il mio sesto senso ha fatto centro anche ‘stavolta” una voce femminile, con un lieve accento dell’ovest, accolse il suo stupore: “Dove sono?” chiese, rimanendo sdraiato tra le pellicce di renna: “Sei a casa mia” rispose la donna, entrando nella stanza con un cesto di vimini: “E direi che sei una delle mie creazioni migliori” Holt osservò quella figura che lo aveva salvato: era alta, circa un metro e ottanta, un corpo maschile privo di curve ma un volto delicato dai tratti femminili. 
“Ti piace quello che vedi?” chiese la figura androgina, iniziando a svuotare il cesto: “Tu… non sei di qui, vero?” chiese Holt, mettendosi seduto sul giaciglio di legno e pelli: “Perché lo pensi?” chiese a sua volta la figura androgina, attizzando il fuoco dall’altra parte della stanza: “Non ti ho mai visto in paese” iniziò Holt, guardandosi attorno: “E non credo che qualcuno riesca a sopravvivere per molto tempo senza avere l’aiuto di altri, soprattutto in una stagione come questa” vide un pugnale finemente decorato su un tavolino accanto al letto: “Dove mi hai trovato?” chiese, alzandosi in silenzio. 
La figura androgina scosse la testa, continuando a dargli le spalle: “Nel bosco. Ho sentito dei caiti di lupi e ho pensato che ci potesse essere della carne avanzata so… ho deciso di andare a controllare” Holt annuì, nascose il coltello piegando il polso verso l’interno e iniziò ad avvicinarsi, silenziosamente: “Anche se, quando ti ho trovato, eri morto” a quelle parole Holt si paralizzò: “Cosa…” la figura androgina annuì, girandosi a guardarlo: “Tu sei morto, Holt Dernagh, sbranato dai lupi nella neve fresca. Io ti ho salvato, ricucito e riportato in vita” Holt scosse la testa, nervoso, puntando il pugnale contro l’unica altra persona presente in quella stanza: “Stai mentendo. Se fossi morto, non sarei di certo in una stanza schifosa come questa. Sarei nel Valhalla, insieme agli Dei e ai grandi soldati” sul volto del suo salvatore comparve un ghigno divertito: “Allora facciamo una scommessa: se hai ragione tu avrai il diritto di accoltellarmi ma, se ho ragione io, rimarrai con me fino alla fine dell’inverno” Holt annuì, prendendo il pugnale nella mano dominante: “Preparati a morire, strega” aprì con un solo movimento del braccio sia il giaccone in pelle, sia la camicia bianca che si era trovato addosso. 
Lasciò cadere il pugnale, tastandosi il petto: aveva una lunga sutura ancora un poco sanguinante che continuava anche dentro i pantaloni, fino a metà della gamba sinistra. 
“Impossibile” mormorò, cadendo in ginocchio sul pavimento: “Non… non è possibile” il ghigno sul volto della figura androgina si allargò ancora di più: “Allora? Credi che con taglio come quello si possa sopravvivere?” Holt era incredulo, immobile sul pavimento: “E’ stato un vero casino trovare degli organi che stessero bene dentro di te, ho dovuto usare quelli di un lupo e il cuore di un maiale. Tranquillo, ormai dovrebbero essere diventati del tutto umani” la figura androgina si accucciò davanti al cacciatore, accarezzandogli il volto con una mano: “Ho vinto io la scommessa, quindi sarai il mio cagnolino per i prossimi quattro mesi” Holt alzò lo sguardo, furioso, prese il pugnale e lo piantò nel petto della strega. 
Quello si alzò di scatto, cercando un punto d’appoggio, poi sogghignò: “Oh, il cagnolino ha voglia di giocare” con una risata isterica si tolse il pugnale dal petto, osservando il sangue che colava dalla lama: “Non puoi uccidermi, nessuno può farlo” lanciò il pugnale contro il tavolo, asiugandosi il sangue che colava dai lati della bocca: “Ora, caro il mio cacciatore, cosa hai intenzione di fare?” Holt rimase ad osservarlo con l’espressione di un bambino spaventato in volto: “Qual è il tuo nome?” chiese, ancora sotto shock da quello che era appena successo. 
La figura androgina sorrise, prese una sedia e si sedette accanto al letto: “Di solito mi chiamano Sephtis” gli fece cenno di sedersi lì accanto: “Ma se non ti piace puoi cambiarlo” Holt scosse la testa, accettando l’invito. 
“Quindi, vuoi una mano per l’inverno?” chiese, abbassando lo sguardo verso il pavimento insanguinato: “Se vuoi restare di più, non intendo fermarti” disse Sephtis, sciogliendosi i capelli. 
Le guance di Holt avvamparono e nascose il volto nel giaccone di pelliccia: “In cambio chiedo soltanto una cosa: il tuo nome” il cacciatore alzò gli occhi, annuendo lievemente: “Vuoi cambiarlo?” Sephtis annuì, alzandosi in piedi e porgendogli il dorso della mano destra: “Io ti dono in nome di Fenrir, una casa calda e la promessa di grandi viaggi. In cambio chiedo il tuo cuore e la tua lealtà” il cacciatore rimase ad osservare la mano per qualche secondo poi scese dal letto, si inginocchiò a terra e baciò le nocche pallide del suo nuovo padrone: “Ti giuro lealtà eterna, ti dono il mio cuore e ti affido il mio nome” Sephtis sorrise a si sedette davanti a lui: “Questo è l’inizio di una grande avventura, me lo sento” 

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