Caldo Afodo (pt. 1)

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_Deserto del Sahara, 1890 circa

L'orizzonte non cambiava mai: sabbia dorata disposta ordinatamente in infinite due.
Sephtis, avvolto in un lungo abito nero, avanzava a ritmo del cammello sulla superfice del deserto: "Tra poco raggiungeremo un'oasi" esordì la guida, indicando un puntino verde in lontananza: "Se siamo fortunati riusciremo a scambiare delle merci con dei beduini" Sephtis annuì, lanciando una rapida occhiata a Fenrir, dietro di lui: "Tu stai bene? Il caldo non è il massimo per i cadaveri che camminano" il non-morto annuì, spronando il cammello: "Non serve che ti preoccupi per me, penso di essere abbastanza forte per pensarci da solo, al mio stato di decomposizione" Sephtis sorrise sotto i veli scuri, osservando le orme degli animali sulla sabbia: "E' passato qualcuno di qui, recentemente" sussurrò, indicando un'altra fila di impronte di ungulati: "Può essere un gruppo di beduini" cercò di rassicurarlo la guida: "L'oasi verso cui stiamo andando è abbastanza grande, spesso si trovano più nuclei accampati lì" Sephtis scosse la testa, fermando il cammello: "No, queste sono orme singole, di un solo animale" le seguì con lo sguardo fin quando non si nascosero dietro una duna: "Sembra che non stesse andando verso l'oasi" fece cenno a Fenrir di avvicinarsi: "Tu che ne pensi?" il non-morto annusò l'aria, poi scosse la testa: "Niente di buono. E' un uomo, ma c'è uno strano odore, troppa sabbia, non riesco a capire" Sephtis annuì e indirizzò il cammello verso la direzione delle orme: "Jahid, noi andiamo a controllare" la guida lo osservò incuriosito, poi annuì: "Secondo me non è una buona idea, ma siete voi il capo" spronò il cammello e li precedette, scendendo le dune con sorprendente agilità.
Seguirono le impronte per qualche ora, continuando a tenere sotto controllo la posizione dell'oasi.
"Potrebbe essere una trappola" bisbigliò Fenrir, cercando di non farsi sentire dalla guida: "In quel caso cosa pensi di fare, Sephtis?" quello fece spallucce, lasciandosi affiancare dal non-morto: "Siamo armati, e noi due non possiamo morire, in quel caso dovremmo soltanto proteggere Jahid" Fenrir annuì, osservando gli altri cammelli che si portavano dietro nel caso i loro si fossero stancati: "E se ci attaccasse qualcuno come te?" Sephtis sbuffò e si portò la borraccia in pelle alle labbra: "In quel caso corriamo il più veloce possibile verso l'oasi, sperando che l'avversario sia più lento e che abbia la decenza di fermarsi davanti a diverse famiglie di beduini" il non-morto annuì di nuovo, indietreggiando un po' rispetto a Sephtis.
"C'è qualcosa là" disse la guida, indicando dei cumuli di sabbia ai piedi di una duna: "Le orme si fermano lì" Sephtis scese dal cammello e iniziò ad avvicinarsi: "Fen, vieni con me" Fenrir annuì e seguì il padrone.
"Jesus" sussurrò Sephtis non appena inquadrò la natura dei cumuli di sabbia: due cadaveri, uno di un uomo, l'altro del suo cammello.
"E' morto?" chiese Fenrir, scivolando sulla sabbia: "No, sta facendo un doppio salto all'indietro" rispose Sephtis, spazientito, allontanandosi da Fenrir: "Perché devi sempre usare un tono sarcastico quando parli con me?" l'altro fece spallucce e si avvicinò ai cadaveri: "Sembrano recenti" osservò la sabbia per qualche secondo, poi si accucciò al cadavere dell'uomo: "Deve averlo punto qualche animale velenoso" esordì, indicando la bava che colava dalle labbra del cadavere: "Però, è messo abbastanza bene" spostò lo sguardo sul corpo del cammello divorato dagli sciacalli: "Era un mercenario, o un assassino" fece notare Fenrir, indicando le lunghe scimitarre appese ai fianchi dell'animale morto.
Sephtis si girò per osservare Fenrir: "Potrebbe farci comodo uno come lui" il non-morto annuì, prendendo il cadavere in spalla: "Speriamo non finisca in un fallimento" legò il corpo ad uno dei cammelli di scorta, tornando poi dal suo padrone: "Hai trovato qualcosa di interessante?" Sephtis annuì, mostrandogli uno scorpione dorato dentro un barattolo: "La causa della morte" cercarono in ciò che restava del cammello qualche scorta alimentare, ma qualcuno aveva depredato tutto prima del loro arrivo.
Salirono nuovamente sugli animali e tornarono indietro: era quasi il tramonto.


L'oasi era grande, con diverse piscine naturali, c'erano diverse capanne e le persone sembravano tutte molto accoglienti.
Sephtis e Fenrir trovarono una capanna affittata da un esploratore inglese e lo convinsero a condividerla con loro: "Solo per un paio di giorni" promise Sephtis, assicurandosi che l'esploratore non notasse il cadavere: "E soltanto per la notte" precisò l'esploratore, poco contento della loro presenza.
I due immortali annuirono, ringraziando la falsa magnanimità dell'altro inglese.
"Dovremmo fare un Rito con questo qui attorno?" chiese Fenrir, avvolgendo il cadavere in altri veli: "Tranquillo, basterà dargli dell'alcool e saremo a posto" i due immortali uscirono dalla capanna a godersi il primo fresco della sera, scambiando qualche confusa parola con gli abitanti del deserto.
Erano circa le undici di sera quando Sephtis fece cenno a Fenrir di andare alla capanna e iniziare a preparare ciò che serviva per il rituale.
Mentre il non-morto preparava erbe e acqua, il medico si avvicinò all'esploratore inglese con una boccetta di liquore stretta in palmo: "Signor Black, ha voglia di bere qualcosa con me?" l'esploratore annuì, poco convinto, e prese il liquore: "C'è una cosa che mi chiedevo da prima" iniziò Black, dopo diversi sorsi del superalcolico: "Cosa porta un medico come lei in un posto come questo?" Sephtis decise che non valeva la pena dire la verità a un nobile inglese mezzo brillo: "Io e il mio assistente stiamo girando il mondo per studiare le varie scienze della medicina delle diverse culture del mondo" Black annuì, trangugiando dell'altro liquore: "Ma che bravi, i giovani d'oggi" non ci volle molto prima che crollasse.
Sephtis se lo caricò in spalla e lo portò in una capanna vicino al falò dove si erano fermati a chiacchierare, per poi ricongiungersi con Fenrir nella loro, di capanna.
"Hai fatto un ottimo lavoro, Fen" il non-morto sorrise, mostrandogli il cadavere spoglio del mercenario: "Ho già preparato tutto, e ho anche catturato un paio di scorpioni che ci potrebbero essere utili" Sephtis annuì, inginocchiandosi affianco a lui: "Hai già estratto il veleno?" Fenrir annuì, indicando una macchia di saliva in un angolo della capanna: "L'unica fortuna è che il veleno non ha effetto su di me" il medico annuì, osservando il corpo morto del mercenario: la pelle e i capelli scuri lo attiravano molto, così come il pizzetto appena accennato sul volto e i muscoli scolpiti in tutto il corpo.
"Iniziamo" disse, alzando l'indice e il medio davanti al cadavere: dei fili bianchi e lucenti iniziarono a diramarsi dalla fronte del mercenario fino al petto, creando un intricato ricamo di forza vitale.
Sephtis chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e pronunciò le parole del rituale: "In the name of Earth, I force you to return life" cadavere ebbe un tremito, poi nient'altro.
Fenrir sospirò, pronto ad ammettere il fallimento, quando Sephtis indicò il petto del mercenario: i filamenti bianchi erano diventati dorati.
"Ce l'abbiamo fatta" il non-morto si avvicinò di nuovo, osservando attentamente l'ormai non più cadavere: "Però non si sta svegliando" Sephtis si sfiorò il mento, poi avvicinò una mano al mercenario.
Quello aprì immediatamente gli occhi, afferrando il polso del medico con una presa ferrea, trovandosi però una pistola puntata alla tempia da parte di Fenrir: "Lascia la presa" sibilò il cacciatore, caricando l'arma.
Il mercenario si guardò attorno, stordito, poi eseguì l'ordine di Fenrir: "Dove sono" chiese, mettendosi seduto sul tappeto cremisi sotto di lui: "Ero... morto" Sephtis sorrise e annuì, facendo cenno a Fenrir di mettere via l'arma: "Sì, esatto. Noi ti abbiamo riportato in vita, però" il mercenario non rispose, osservando il suo corpo nudo: "Ero solo, quando mi avete trovato?" Sephtis annuì di nuovo, porgendogli dell'acqua: "Il tuo cammello è stato divorato dagli animali e depredato da altri. Noi non abbiamo trovato niente se non brandelli di sella e di briglie" il mercenario bevve in silenzio: non sembrava un tipo di molte parole.
"Hai un nome?" chiese il medico, dandogli dei vestiti: "Shaady. Shaady Kadri" Sephtis annuì e indicò Fenrir: "Anche lui una volta era morto ma io l'ho riportato indietro, esattamente come ho fatto con te. In cambio lui è diventato un membro della mia famiglia, e un aiutante medico" Shaady annuì, iniziando a vestirsi: "Vorresti offrire un patto anche a me?" il medico annuì, senza smettere di osservarlo: "Eri un mercenario, vivevi servendo un padrone che ti pagava, io, invece, vivo seguendo l'istinto" il mercenario ascoltava attentamente, gli occhi neri occupati a tener d'occhio Fenrir: "Ti sto proponendo di diventare parte della mia famiglia. Potrai rimanere qui, e vagare nel deserto per l'eternità, oppure potrai seguirci nel nostro viaggio" Shaady spostò lo sguardo su Sephtis: "Se non volessi diventare parte della tua famiglia?" il medico fece spallucce: "Sarai libero di andartene, ma non ti assicuro che non ti verranno a cercare" il mercenario inarcò le sopracciglia, curioso: "Mi verranno a cercare? Chi?" Sephtis indicò la porta della capanna con un cenno del capo: "Tante cose: persone cattive, curiosi del paranormale, fanatici del macabro, ricchi baroni annoiati, altri non-morti. Un po' di tutto" Shaady fece per alzarsi, ma le gambe non rispondevano bene ai suoi comandi: "Ho capito" concluse il mercenario, allargando un sorriso bonario: "Direi che mi conviene abbastanza rimanere con voi" Sephtis ricambiò il sorriso.
Il medico si alzò in piedi, porgendo la mano al mercenario: "Io, Sephtis, ti ho donato una seconda possibilità in questo mondo. Ti garantisco avventure e protezioni, in cambio chiedo soltanto il tuo nome e la tua fiducia" Shaady chinò il capo, prendendo la mano di Sephtis: "Ti dono la mia anima e il mio corpo, e tutto ciò che chiedi, finché una seconda morte non mi porterà via da voi" Fenrir alzò gli occhi al cielo: "E' bravo con le parole" commentò, accennando un sorrisetto divertito.
"Allora benvenuto in famiglia, Aleaqrab" il mercenario alzò lo sguardo, un ghigno divertito stampato in volto: "Aleaqrab? Sarà questo il mio nome?" Sephtis annuì, andando a sedersi su un tavolo dall'altra parte della stanza: "Credo che un nome debba avere un significato, quando viene dato" Aleaqrab annuì, appoggiandosi al muro per alzarsi in piedi: "Vi ringrazio, allora, per questo nome" Sephtis indicò uno scorpione imprigionato sotto un bicchiere di vetro: "Questo cosetto ti ha punto alla gamba, forse ti sarà difficile muoverti per un po'" il mercenario annuì, rimettendosi seduto: "Allora ne approfitterò per riposare" Sephtis annuì: "Fa' pure, io vado a prendere una boccata d'aria" Fenrir iniziò a sistemare le erbe che aveva usato per preparare il rituale, ascoltando la melodia che le locuste cantavano.

La mattina seguente Sephtis e Fenrir si svegliarono presto con l'intento di parlare con i beduini: "Avete bisogno di un traduttore?" chiese Aleaqrab, sveglio da qualche ora: "Può essere difficile comunicare con i vari dialetti che usano da queste parti" i due immortali annuirono, uscendo dalla capanna.
Li accolse, però, il silenzio del deserto: non c'era ombra di esseri viventi.
"Siete sicuri che ci fossero delle carovane, qui?" il mercenario era perplesso: "Era buio quando siete arrivati, no?" Sephtis scosse la testa, indicando i resti del falò al quale si era accampato la sera precedente: "Ieri ero qui con..." non finì la frase che Fenrir gli fece cenno di tacere: "C'è qualcosa che non va" sussurrò il cacciatore: "E' tutto troppo strano" i tre si guardarono tra loro, poi iniziarono a guardarsi attorno: "Controlliamo le abitazioni" propose Aleaqrab: "Ma restiamo uniti" Sephtis annuì e si diresse verso la capanna nella quale aveva lasciato l'esploratore inglese.
Non appena mise un piede dentro la capanna un brivido gli percorse la schiena: sangue, sangue ovunque.
Si girò di scatto versi i due non-morti e fece loro cenno di controllare le altre; lo spettacolo si ripeteva in ogni capanna.
"Cosa facciamo ora?" chiese Fenrir, guardandosi attorno: "Come è possibile che non ci siamo accorti di niente?" Sephtis teneva lo sguardo basso, perso nei suoi pensieri: "Se avessero urlato li avremmo sentiti" confermò Aleaqrab: "Non è possibile che in un'intera oasi nessuno si sia accorto di niente. E comunque perché solo noi siamo ancora vivi" si accorse in pochi secondi di quello che aveva detto e si corresse: "Cioè, gli unici che non sono stati attaccati" Fenrir scosse la testa: "Non ne ho idea. Non ho neanche idea di chi possa essere stato" Sephtis alzò la testa di scatto: "Ce ne andiamo da qui" si avviò a grandi falcate verso la capanna, seguito a ruota dai due non-morti: "Io prendo le nostre cose" iniziò il medico: "Fenrir, cerca nelle altre abitazioni le cose che possono tornarci utili per il viaggio" quello annuì e tornò indietro, ispezionando velocemente tutte le capanne: "Aleaqrab, tu cerca dei cammelli. Cerca di radunarne almeno otto, se riesci" il mercenario annuì e precipitò vicino alle pozze d'acqua.
Si incontrarono dopo dieci minuti al centro dell'oasi. Sistemarono le scorte per il viaggio sui cammelli e ripresero il deserto il più in fretta che riuscirono.

Nota dell'autore: in arabo Aleaqrab (Burj Aleaqrab) vuol dire "scorpione".

Questo capitolo è un po' lungo, lo so, mi sono lasciat prendere la mano.

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