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https://www.youtube.com/watch?v=3YxaaGgTQYM

☯︎ Prologo

Anche un viaggio di mille miglia
inizia con un singolo passo.

- Lao Tzu

ANTONELLA POV

Correva l'anno 1981 ed era la prima volta che mettevo piede a Lecce. Era la mia terra originaria eppure prima di quei giorni l'avevo vista solo in foto come d'altronde anche nonna Vittoria che ci viveva e m'aspettava. Lo sapeva ormai da tempo che sarei andata prima o poi a conoscerla, non vedevo proprio l'ora di farlo e anche di sapere che avessi fatto per meritarmi qualcosa di simile.
Perchè non prima di allora?
La mia migliore amica Giorgia era molto legata alla sua, me ne parlava spesso e io ero sempre pronta ad inventarmi una nuova storia.
Alla fine quel giorno tanto atteso non tardò ad arrivare, partii senza mamma Elide, alla quale dissi che ero stata invitata dalla mia amica Laura e dalla sua famiglia per trascorrere un paio di settimane nella sua nuova casa al mare presso le Cinque Terre non molto distanti da lì.
Recai con me soltanto un bagaglio con l'essenziale. Qualche costume, vestitino e infradito erano più che sufficienti per affrontare il caldo che avrebbe tirato da quelle parti.
Così, all'età di soli undici anni, presi il treno di seconda classe da Torino al Salento e, dopo quindici ore di viaggio, i binari mi portarono finalmente a destinazione.

La stazione sorgeva in un punto strategico della città sebbene lo sembrasse poco. Era per lo più una zona crescente quella pur essendo a ridosso delle mura che dividevano il centro storico dalla parte nuova. Era esattamente un parallelepipedo a due piani di un color crema con un orologio alla sommità e la quale inaugurazione risaliva al 15 gennaio 1866.

Scesa dal vagone mi avviai verso l'uscita e fui investita da una folata di gente, un andirivieni di anime diverse mi venivano incontro da tutte le parti. Eppure io non le vedevo nemmeno. Ero alla ricerca di lei, un volto di cui appena sapevo l'esistenza. Un viso dalla pigmentazione delicatamente chiara ma alquanto ricca di contrasti. Lineamenti all'orientale, quasi fosse una geisha nipponica o un'attrice, la versione italiana di Audrey Hepburn nei panni di Daphne in Colazione da Tiffany. Occhi neri a mandorla, piccole labbra rosee e anche carnose, vita sottile, una lunga chioma ramata raccolta solitamente in un cappello dalle ampie falde e dai più svariati fiori. Un identikit altresì differente dal mio biondo ambrato.
Presi di nuovo una di quelle cartoline dalla tasca destra dei miei jeans e buttai giù un ultimo sguardo. Provai a guardare meglio per captare più dettagli possibile.
M

i giravo intorno senza sosta e mi apparivano ancora ombre di vario tipo, signore con varie acconciature e varia età ma ce ne fosse stata alcuna che rispecchiasse lei.
Mi fermai un attimo per poi riprendere a camminare.
Il capostazione mi fissava fino a fischiare. Richiamò la mia attenzione ed era quello il suo intento, lo capii abbastanza subito.
Avevo il capo chino e lo alzai verso la sua direzione. Aveva il braccio destro teso verso l'esterno e con l'indice accompagnato da un cenno facciale m'invitava ad uscire.
Varcata la porta un interminabile corridoio dalle pareti bianche e il pavimento nero era pronto ad accogliermi. Mi fermai qualche istante per far diradare il via vai di passeggeri che si accalcava senza lasciare tregua. Non finiva mai nemmeno lui così ripresi il passo che a mano a mano si faceva sempre più sostenuto. Raggiunsi la hall in meno tempo di quanto pensassi per poi lasciarmi completamente l'edificio alle spalle.
Approdai alla fine del piazzale, l'ampio parcheggio antistante dove erano fermi tutti i mezzi del personale e dei clienti. Tante le 127 e le Giulietta con la targa distintiva della Polizia, alcune Uno e Panda di qualche impiegato alla biglietteria.
Salii sul marciapiede e mi guardai di nuovo. A destra prima, a sinistra poi. Non c'era nessuno, provai ad attraversare.
Presto giunsi all'altro margine della strada, di nonna Vittoria ancora nessuna traccia.
Afferrai la mappa dall'altra tasca. Dovevo sapere perfettamente come allontanarmi da lì.
Ripresi i miei passi con un ritmo più elevato a quello precedente ma non riuscii a farlo a lungo.

"Sei per caso Antonella De Medici?" una voce dolce mi fece tornare alla realtà.

Chi mai poteva essere?
Mi voltai senza nemmeno pensarci. Era una donna. Le mie palpebre piovvero sulle sue per qualche secondo e le spostai sul resto. Le mie ciglia lunghe e nere si posarono sui suoi capelli e per finire sul suo vestiario.
Aveva i capelli candidi come la neve ma erano la sola cosa che era segnata dal tempo. Una chioma ordinata, liscia e scalata le cadeva ai lati del viso fino a fermarsi sulle spalle coperte da un cappotto di raso bluet lungo quasi fino alle ginocchia. I suoi occhi erano leggermente truccati con un velo d'ombretto rosa. Erano degli occhi neri a mandorla e del tutto insoliti da queste parti.

"Si!" solo questo riuscii a dire.

Rimase impietrita, quasi fosse esterrefatta. Smise persino di giocherellare con il mazzo di chiavi che teneva racchiuso tra quelle sue minute dita della mano sinistra. Perse la presa e le scivolarono atterrando sulla roccia calcarea che rivestiva lo spartitraffico. Fecero un rumore secco ma mai tanto assordante quanto il suo silenzio.

"Queste!" decifrai porgendogliele dopo averle recuperate.
"Andiamo!" ordinò inclinando velocemente e leggermente la testa in direzione Nord.

Seguii la donna che riprese i suoi passi.
Si fermò ad un tratto e mi prese la mano. Un profumo di colonia mi irradiò i polpastrelli in meno di un secondo, poi mi attraversò completamente.

L'Angolo dell'Autrice:

Ehilá a tutti! Questo è il prologo della storia, che ne dite? Come immagine ho scelto la campagna salentina catturata da una fotocamera durante il tragitto, quello di Antonella in treno. Come canzone ho scelto "Bring me to life" degli Evanescence che è come se Antonella la dedicasse alla nonna. Vedo bene le parole con la situazione in cui si trovava e solo superandole si poteva salvare. Fatemi sapere.

✞︎𝔹𝔼ℍ𝕀ℕ𝔻 𝕐𝕆𝕌ℝ 𝔹𝕃𝕌𝔼 𝔼𝕐𝔼𝕊✞︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora