🎼 A ritmo di un fluido Carmen

Cosa sono i millenni?
Una manciata di tempo.
Polvere in confronto
a un unico sguardo
dell'eternità.”
H. HESSE

Da allora solo silenzio, quest'ultimo qui era l'unico a regnare sovrano.
Lasciai uno sguardo all'orologio della sala da pranzo ed erano già giunto mezzoggiorno. Non mi restava assai tempo per accingermi ai fornelli e mi apprestai a dare gas, nulla da fare anche a quel dunque.
Un rumore secco interruppe i miei pensieri, la porta si apriva lasciando spazio a una voce femminile.
Mi voltai ed era Ippolita che aveva già deciso di rincasare.

"Ciao, sorella! Anche Angelica oggi pranzerà con noi, ci stai?" chiese con il suo solito fare squillante di sempre, annuii timidamente "ti faccio vedere il gran fusto di cui ti ho già parlato, credo ci sarà o no... Vittoria?" continuava a cinguettare.
"Ippolita!" la fulminai, altro non le avevo detto.

L'avevo fatto?

"Che mangiamo oggi, Vittoria? Non hai ancora preparato nulla? Faccio io, si vede che manca mamma o le altre due però e ricordatelo!" ancora lei, l'altra annuì leggermente col capo in segno di saluto e ricambiai allo stesso modo.

Non faceva altro che sparlare, era proprio una birbante quella là.
Si diresse verso la cucina anticipandomi di gran lunga, afferrò il pacco di fiammiferi posti sopra uno dei tanti ripiani che circondavano la stanza. La porta finestra era ancora chiusa per via del troppo freddo che quatto quatto soggiungeva, eravamo soliti aprirla ma non con quell'insolito gelo norreno che scalfiva le chiancole giallastre e fangose di Idume che costantemente innaffiava. Quello strato lagunare rendeva ancora più invivibile l'atmosfera, Lecce era ugualmente umida nonostante la secca rigidità del clima che caratterizzava quegli ultimi giorni.
Era come se fosse rinvenuta quella palude presistente, pareva quasi tornare a epoche di cui non ne sapevamo neppure la minima esistenza.
Badavo ripetutamente alle lunghe falcate turgide di Mallennio e al suo incessante marciare verso Sud, gli stessi che prendevano forma con Quinto quando si accingeva a farlo.
Vegliavo solo poi costantemente sugli occhi cristallini di Maria e gli stessi si schiudevano quasi ritualmente ad un nuovo giorno di monotona prigionia. Pareva come se quella fosse di nuovo lì, rinchiusa nella cappella mezza scarna lasciandosi circondare dal nulla più assoluto. Se ne stava così, ripiegata sui suoi stessi ginocchi e appesa al medesimo paternoster racchiuso tra le mani. Assistevo a lungo Raimondo, suo figlio e percepivo con aulica grazia l'avanzata di Irene e il fragore di Oronzo con le tre dita destre tese sopra il capo.
Mi voltai indietro e Ippolita danzava, un'improvvisa musica dolce iniziava a propargarsi nell'aria. Credevo provenisse dal piano di sopra anche se non riuscivo minimamente a immaginare come poteva essere tutto ciò. Quell'uomo aveva forse scoperto il preciso angolino in cui custodivo accuratamente il quarantacinque giri al quale ero particolarmente legata, sorrisi timidamente. Quanti ricordi mi legavano a quell'aggeggio che volteggiava su se stesso, iniziavo a farlo anch'io con la stessa aria di una bambina e la me infantile si apprestava nel tornare alla riscossa come prima d'ora non aveva osato mai.
Mi avviluppavo attorno alla mia figura esile come una trottola o una girandola per bambini fa non appena incontra il vento, la mia gonna a ruota si gonfiava pompando insieme al cuore che ormai non sentivo nemmeno più nel petto. Questo dirompeva seguendo il medesimo ritmo del corpo.
Erano suoni fiochi, a malapena riuscivo a distinguerli, non sapevo quale brano fosse in realtà eppure dondolavo ancora finchè quella sinfonia non si volatizzò.
Tornava così il silenzio ma non per molto, una nuova melodia riprese divenendo sempre più forte. La percepivo bene, era più forte della prima ma stavolta non ballavo più. A quel punto erano solo le mie labbra a vibrare, la Carmen di Bizet inseguiva il suo corso e quello era decisamente il mio preferito.
Mi accomodai sul tavolo della sala da pranzo ormai esausta di quel che fino a quel momento avevo fatto, il capo chino su me stessa che solo in quell'attimo sollevai e voltai. Non vidi più alcuna figura umana, non c'era Angelica e neppure Ippolita era più in cucina.
Indugiai un po' quando poi realizzai, sorrisi ancora senza motivo ma la rabbia era tanta al sol pensier che proprio in quel frangente mi sovvenne di lei. Anche se le mie gambe sembravano barcollare mi rimisi in piedi, non avevo assolutamente altro tempo da sprecare.

Note dell'Autrice:
Scusate se vi ho fatto aspettare tanto tempo per il seguito che ho finito di stendere solo adesso. Beh, avete visto a che punto siamo arrivati? Tutte innamorate di qualcuno, chi del Ministro e chi del tedesco, chi di entrambi! ULLALÀ! Certo, questo non è ancora nulla! Vi invito e dunque ad attendere in linea, stay tuned!

P. S. 1. Idume è il fiume sotterraneo che attraversa il centrostorico cittadino che è appunto 2. Lecce e nonchè il sito cardine da cui parte la mia storia.
3. Mallennio è considerato il fondatore della città pugliese all'incirca in epoca classica quando mosse verso il 4. Sud della penisola italo-salentina. Questo era un uomo forte come lo erano tutti ai suoi tempi, ecco perchè ho osato parlare di "lunghe falcate turgide".
5. Quinto chi? Starete sicuramente insistendo a chiedervi voi continuando a non capire di chi io vi stia parlando e penserete forse stessi a parlare in ostrogoto. Crederete magari di non conoscere neppure questo quando in realtà un po' tutti noi sappiamo chi quel nome stia ad indicare se solo io persisto nel darvi alcune indicazioni. Ognuno di noi lha conosciuto o almeno in parte, ci sarà sicuramente qualcuno che avrà studiato latino o approfondito storia e filosofia. Quinto è il prenomen del famoso autore degli Annales ovvero Quinto Ennio, questo è il cognomen. Chi ne avrà mai sentito parlare di questo? Vi starete forse chiedendo che cosa possa centrare con il territorio trattato, ora ve lo spiego. Il poeta romano, come tutti siam soliti considerarlo, in realtà, sebbene fosse considerato tale a tutti gli effetti, in origine non era così ma lo reputiamo in questo modo per via della cittadinanza ossia la Romanitas che ha ottenuto nel corso della sua vita. Questi non è stato da sempre di questa nazionalità bensì la sua patria era proprio questa o meglio una località ormai remota e decaduta da tempo per via della potenza leccese che vi gravitava attorno. La sua ,"casa" era Rudiae un avamposto coloniale d'origine spartana a due chilometri da Lecce, una città-stato come tante altre e come queste dipendeva da Taranto che tutte consideravano capitale del tutto. È qui dove l'uomo nacque e due secoli prima di Gesù. Rudiae, come un po' ho lasciato capire, almeno credo, concorrerà con Lecce e per questo che la sua vita presto finirà in macerie come quelle che solo in parte possiamo vedere anche oggi, è quello che emerge tuttora dal verde e dallo stato di abbandono. Possiamo ancora notare un anfiteatro di origine romana simile a quello leccese poichè figli della stessa epoca e dello stesso secolo, non a caso entrambi sono stati progettati intorno al secondo secolo dopo Cristo ovvero nel pieno della famosa e affascinante epoca dei gladiatori. Studi recenti hanno permesso di scoprire e di tutelare tutto ciò ma ancora c'è tanto che rimane nel mistero.
6. Maria, invece, non è la Madonna. Ella è solo un personaggio in carne e ossa di rilievo medievale e non anche immaterialità. Questa è Maria d'Enghien ed è stata la Contessa di Lecce ai tempi del Regno di Napoli eretto dagli Angiò. È qui che passò gli quarantasette anni di vita e in estrema prigionia volta perennemente a pregare nella piccola cappella personale affrescata da pietra leccese e mosaici bizantini.
7. Raimondo è invece Raimondo Orsini Del Balzo, il figlio della donna, un uomo che fece tanto per questa città a tal punto da essere considerato il fondatore della parte moderna, quello ufficiale ovviamente.
8. Oronzo e Irene sono i patroni della città. Le prime tre dita del santo alzate, come possiamo vedere in altre personalità religiose importanti, stanno a indicare la trinità.
*Paternoster, con questa parola ho voluto latinamente ricordare il termine locale del "paternostru" dal quale proviene. Qui, in realtà, non sta a indicare solo il tipo di preghiera ma tutto il rosario.
!Carmen di Bizet, questa l'ho scelta solo per inquadrare sempre più l'epoca storica.

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